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Recensioni di libri

Non stiamo tutti al mondo nello stesso modo di Jean-Paul Dubois

Ponte alle Grazie, 2020 - Il pregio del lavoro di Dubois consiste nel saper affermare in modo sintetico il valore della coerenza, in altri termini ciò che rende un essere umano veramente libero.

Sara Daini Pubblicato il 10-03-2021

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Non stiamo tutti al mondo nello stesso modo

Non stiamo tutti al mondo nello stesso modo

  • Autore: Jean-Paul Dubois
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Casa editrice: Ponte alle Grazie
  • Anno di pubblicazione: 2020

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Paul Hansen è il protagonista di Non stiamo tutti al mondo nello stesso modo di Jean-Paul Dubois (Tous les hommes n’habitent pas le monde de la même façon), romanzo che ha vinto il premio Goncourt nel 2019 ed è stato pubblicato in Italia nel 2020 da Ponte alle Grazie (traduzione di Francesco Bruno). Paul Hansen si caratterizza da subito come una persona pacata e riflessiva e viene da chiedersi quale reato abbia commesso per finire nel carcere di Montréal. Condivide la cella con Patrick, Hell’s Angel che non potrebbe essere più diverso da lui: coglie tra le righe la sua fragilità, lo osserva con tenerezza pur essendo lontano dall’avere la stessa irruenza.

Il carcere viene comunemente raffigurato come un luogo in cui finiscono persone segnate da una sorta di peccato originario che marchia alcuni e dal quale sono dispensati tutti gli altri. L’autore evita di assumere un atteggiamento manicheo e dimostra che in un’altra vita, in un contesto differente, anche coloro che si credono integerrimi avrebbero potuto compiere degli errori. Paul ha fatto uno sbaglio, eppure è un uomo gentile e capace di spaziare oltre i confini della cella in cui si trova.
Le vicissitudini del passato affiorano nella sua mente come se fossero presenti. Scandaglia i primi anni vissuti in Francia insieme al padre Johanes, pastore protestante, e alla madre Anna, proprietaria di un cinema d’essai dove negli anni Sessanta è stata tra i primi a proiettare film avanguardisti. La volontà di Anna di seguire l’onda della contestazione – e di defilarsi dal ruolo per lei angusto di moglie e di madre – mal si conciliava con il lavoro del marito: pur consapevole della facilità con cui avrebbe potuto minare la credibilità del pastore, ha deciso di anteporre se stessa a tutto il resto.

Johanes, che rimarrà sempre “il pastore”, ha abbandonato la fede o forse è stata la fede stessa a lasciarlo, a dare spazio al “navigare senza posa nella permanenza del dubbio” che più gli appartiene. Malgrado si sia integrato in Francia a tal punto da costruire lì la propria famiglia, è rimasto uno straniero. Lo spirito danese – evocato liricamente nelle descrizioni della cittadina di Skagen – è una realtà distante rispetto a quella francese, nella quale in quel periodo storico la cultura e i costumi stavano subendo un cambiamento radicale.
Il pastore non sarebbe mai sceso a compromessi rinunciando alla propria identità: quando la separazione da Anna è diventata inevitabile, ha deciso di ricominciare in un posto in cui riuscissero a coesistere pacificamente la modernità e il mistero incorrotto delle origini. Si è trasferito allora in Canada, dove Paul lo ha seguito. Padre e figlio sono entrati in contatto con un mondo in cui è diventato sempre più raro trovare la solidarietà e l’empatia verso gli altri: ovunque essi abbiano vissuto hanno incontrato ostacoli volti a rammentare loro la colpa di non essersi adeguati a dei canoni prestabiliti.

A differenza del padre, Paul ha avuto la fortuna di incontrare una donna che l’ha completato, la moglie Winona. Dedica una parte della narrazione all’incontro e al periodo trascorso insieme a lei, una creatura che non avrebbe mai immaginato di poter avere al proprio fianco.

“La prigione sonnecchia, le guardie e i detenuti dormono, soltanto io veglio con, al mio fianco, Winona, Nouk e il pastore. Li ho aspettati per tutto il tempo necessario. Adesso sono qui. I miei occhi sono spalancati. Ho tante cose da dire. La loro compagnia è, e sarà, tutto ciò che mi resta”.

La forza di Paul risiede nella calma con cui ritrova se stesso laddove potrebbe sembrare sia circondato solo dai fantasmi di coloro che ha amato. In realtà proprio l’esempio di queste persone, a cui viene restituita la dignità di individui complessi e reali, rafforza la sua fiducia nel proprio modo di stare al mondo. Ogni stagione della sua vita è stata interrotta da eventi che lo hanno segnato profondamente: solo dopo un lungo lavoro di introspezione si profila l’apertura verso una nuova fase, quella della maturità piena.

Il pregio del lavoro di Dubois consiste nel saper affermare in modo sintetico il valore della coerenza, in altri termini ciò che rende un essere umano veramente libero. Per farlo non risparmia le critiche a chi vive nella gabbia delle convenzioni ed è inabile all’ascolto: Paul Hansen si colloca agli antipodi, rappresenta il modello eroico di un ex portiere tuttofare che ha sempre preferito “ascoltare scricchiolare le anime” a qualsiasi altra attività. Nel raccontare la sua storia, l’autore evita tuttavia qualsiasi patetica edulcorazione: per essere liberi c’è sempre un prezzo da pagare.

Non stiamo tutti al mondo nello stesso modo

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Non stiamo tutti al mondo nello stesso modo

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