

Mio fratello Ernest Hemingway
- Autore: Marcelline Sanford Hemingway
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Marcelline Sanford Hemingway pubblica la biografia della sua famiglia nel 1962 e ci offre un ritratto unico del fratello Ernest Hemingway, accostandosi alla sua figura senza farsi accecare dal mito. Scrittore avvolto dalla leggenda, tra i più importanti del Novecento, Ernest era un uomo che amava viaggiare per il mondo, dalla vita sentimentale instabile (si sposò quattro volte) e condannato al successo, consacrato dalla vittoria del Pulitzer e del Nobel. Conobbe il sole dei Caraibi, l’Africa e la Spagna, ma anche l’abuso di alcol e la depressione che si affaccia subdola, e decise di interrompere tutto con un colpo d’arma da fuoco, come aveva deciso di fare il padre medico prima di lui.
Marcelline non si concentra su questo percorso. In Mio fratello Ernest Hemingway (Mind Edizioni, 2020, trad. A. Pugliese) ci racconta Ernest da bambino e da ragazzo, e l’ambiente in cui visse, non il mito controverso che diventò da adulto. I nonni, i genitori, le giornate trascorse a Oak Park, sobborgo vicino a Chicago.
La passione di Hemingway per la natura sembra arrivare da lontano, geneticamente tramandata dalla nonna Adelaide. Marcelline racconta di quando sua nonna, studiosa di botanica e astronomia, la prendeva da parte per cercare di descriverle quanto meraviglioso, e complesso, fosse in realtà un fiore. Una donna in gamba, emancipata per i tempi. Suo figlio Clarence Edmonds, padre di Marcelline, di Ernest e di altri quattro figli, era a sua volta un uomo dalla grande vitalità e passione viscerale per le immersioni nell’ambiente naturale. Una figura dirompente, energica, sempre in movimento, simile — si potrebbe dire speculare — a quella del figlio Ernest. Medico amato e rispettato, collezionista di monete e francobolli, cuoco pieno di inventiva, Ed diventerà, per la prole, instancabile maestro dei segreti del mondo circostante. Sono belle le pagine in cui Marcelline racconta di quando andava con il padre a spasso per i boschi, mentre lui spiegava i segreti delle piante che li circondavano.
Pare anomalo che, così innamorato della famiglia e della vita, quest’uomo abbia deciso di suicidarsi, a prescindere dai problemi incontrati lungo la strada. Sulla morte del padre, Marcelline si sofferma nell’ultima parte della biografia. Ed aveva delle fragilità, inconfessate e inconfessabili. A portarlo al gesto estremo, a quanto pare, furono problemi di salute (gli diagnosticarono tra l’altro il diabete) e preoccupazioni relative ad alcuni investimenti sbagliati. A quel tempo Hemingway era ormai uno scrittore in piena regola. “Non avevo ancora trent’anni quando terminai il libro e il giorno che uscì fu il giorno del crollo in borsa,” scriverà nella prefazione ad Addio alle armi.
“Ho sempre pensato che mio padre avrebbe potuto aspettare questo avvenimento, ma, forse, aveva premura. Non voglio formulare giudizi perché volevo molto bene a mio padre.”
Se dal padre Ernest aveva ereditato la passione per la natura, dalla madre Grace Hall aveva preso la sensibilità artistica. Grace era musicista e cantante di talento. Aveva dovuto rinunciare all’Opera e alla carriera da professionista per alcuni problemi agli occhi. Coltivò nel corso del tempo la sua passione esibendosi qua e là e dando lezioni private nella casa dove viveva con il resto della famiglia. Avrebbe voluto che anche Ernest diventasse musicista, mentre lui aveva tutt’altri piani. Negli ultimi anni, dopo la morte del marito, si dedicò alla pittura, esibendo i suoi quadri in diverse mostre.
Non erano tutte rose e fiori. Questi genitori in gamba avevano i loro limiti. Sapevano essere severi, inflessibili. Il Dr. Hemingway, ad esempio, “credeva nella punizione corporale”. La loro mentalità poteva risultare antiquata. Quando uscirono i primi libri del secondogenito, rimasero scandalizzati. Perché scriveva tutte quelle sconcezze, quelle porcherie? Loro non lo avevano educato a quel modo.
In particolare, riferisce Marcelline, la madre tentò più volte di leggere alcuni libri di Ernest, senza riuscirci. Non sopportava la sporcizia che ci trovava dentro. Quando qualcuno le domandava se era orgogliosa di suo figlio, lei chiedeva di rimando di quale dei suoi figli stesse parlando.
Certo, Marcelline racconta anche di quando il padre si recò in una libreria per acquistare Il sole sorge ancora, informandosi con il commesso — ignaro di chi avesse di fronte — come stesse andando il libro, riempiendosi segretamente di orgoglio.
In questa biografia, Ernest diventa vero protagonista da quando decide di partire per la guerra: qui la sorella inizia a fornirci un ritratto più dettagliato della sua persona.
Pieno di slancio giovanile, il futuro scrittore aveva voglia di andare dove succedevano le cose; con la guerra — pretesto come un altro — inizia a manifestarsi in lui quella voglia di avventura che caratterizzerà la sua vita adulta. Come risaputo, rimase ferito dopo l’esplosione di una bomba e restò per molto tempo in ospedale a Milano, dove si innamorò di una bella infermiera. Questo incidente, non da poco (anche una volta ritornato a casa, il giovane camminava male, si muoveva con fatica) può rappresentare lo spartiacque tra la sua giovinezza e l’età adulta. In quel periodo, cercò di riprendere a nuotare e si vantò di essere arrivato terzo a una gara, per poi confessare con vergogna… che a partecipare erano stati soltanto in tre.
Poco alla volta, racconta Marcelline, Ernest si staccò dalla famiglia, anche se inizialmente non sapeva cosa fare di se stesso. Abbandonati gli studi, andò incontro a quella fase esistenziale che d’altra parte attraversano molti ragazzi anche oggi, quando non si sa quale direzione imboccare, che strada percorrere. Ovviamente, nel suo caso, c’era anche il fatto di doversi riadattare alla vita civile. Passava le giornate a letto, bighellonava da una parte all’altra senza fare nulla. Ma il destino non aspettava altro che afferrarlo. Iniziò a esercitare in maniera seria la professione di giornalista, e soprattutto conobbe Elizabeth Hadley Richardson, quella che diventerà la sua prima moglie. Cominciò insomma ad abbracciare quel percorso pieno di gloria, di avventure e dolore, che lo aspettava dietro l’angolo.
Nella vita di Ernest Hemingway realtà e leggenda si mischiano di continuo. Le biografie sul suo conto, anche scritte da letterati illustri (basti pensare a Fernanda Pivano o Anthony Burgess) si sprecano. Questo libro di Marcelline può risultare un filo agiografico, edulcorato di molte verità sconvenienti, ma svela dei retroscena, dei particolari che non possono essere cercati altrove.

Mio fratello Ernest Hemingway. Un ritratto di famiglia
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