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Storia della letteratura

Manzoni dopo “I Promessi Sposi”: il rapporto tra romanzo storico e verità

Dopo il trionfo de I Promessi Sposi, il pubblico sperò invano in un sequel. Volete sapere perché Manzoni decise di non scriverlo?

Isabella Fantin
Isabella Fantin Pubblicato il 16-02-2022
Manzoni dopo “I Promessi Sposi”: il rapporto tra romanzo storico e verità

Per capire le ragioni del silenzio poetico di Manzoni dopo i Promessi Sposi, occorre volgere un’attenzione comparativa a tre scritti amicali e teorici:

  • le lettere a M. Chauvet;
  • una lettera a Cesare D’Azeglio (padre del genero Massimo) del 1823;
  • il saggio Del romanzo storico del 1832.

Si tratta di silenzio poetico e non di abbandono della scrittura, perché dopo il successo del primo best seller e graphic novel della nostra letteratura, Manzoni si dedicò solo alla storia con il dossier Storia della colonna infame.

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Le lettere: la poetica di Manzoni

Nelle lettere a M. Chauvet e D’Azeglio, Manzoni traccia i punti essenziali e il perimetro della sua poetica romantica:

  • L’essenza della poesia non consiste nell’inventare fatti, se non quelli su cui l’autore non possiede fonti certe;
  • Il romanzo storico deve essere un “misto di storia e di invenzione”, dove la storia è il vero, mentre l’invenzione è il verosimile, ossia ciò che potrebbe essere accaduto, in termini di azioni, pensieri e dialoghi.
    Renzo e Lucia, per esempio, non sono personaggi storici, ma verosimili. Quando apprende la notizia che il matrimonio è saltato, Renzo non si comporta forse come un diciannovenne del 17° secolo, timorato di Dio, deluso e soprattutto arrabbiato con il mondo? Lo stesso vale per Lucia, rifugiatasi a Monza, la cui purezza non le permette di cogliere dall’esterno il disordine morale di Gertrude che la mette anche in soggezione. Renzo e Lucia, dunque, essendo psicologicamente credibili, sono verosimili;
  • Il vero, sia come storia sia come verosimiglianza, è il soggetto della letteratura. Il vero va inteso in senso storico, religioso e civile;
  • L’utile è lo scopo, perché la letteratura ha un fine didascalico: il miglioramento morale e civile dei lettori;
  • L’interessante è il mezzo per veicolare valori esemplari.

Pensate ai capitoli dedicati alla monaca di Monza. La figura di suor Gertrude è modellata sul personaggio storico di Virginia di Leyra, figlia di un feudatario spagnolo, costretta dal maggiorascato alla monacazione forzata. La storia d’amore con Egidio da un lato è verosimile, dall’altra serve a stuzzicare l’interesse del lettore con una storia proibita e paradigmatica al contempo. Qual è il fine di Manzoni? Mostrare a fini didattici un esempio di religiosità negativa e di pusillanimità caratteriale, una storia di perdizione senza riscatto la cui polarità positiva è rappresentata da Lucia.

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Il compito dell’arte è quello di inventare, secondo verosimiglianza, laddove la storiografia non arriva. Il che a dire: il letterato è una sorta di storico imperfetto.

Il saggio Del romanzo storico: un cambio di rotta nella visione manzoniana

Invece nel saggio Del romanzo storico viene motivato il cambio di rotta con la seguente autocritica: la letteratura si identifica con la verità. Ne consegue l’intima contraddizione del romanzo storico come un “misto di storia e di invenzione”, che contaminerebbe il vero con il verosimile, dal momento che il vero è l’unico soggetto della letteratura.

Questa diversa posizione teorica spiega la scelta di comporre La storia della colonna infame, dossier storiografico sul processo agli untori del 1630.
Il compito dell’arte non è inventare, bensì riportare il vero. Il che a dire: il letterato deve diventare uno storico.

Infatti dopo la pubblicazione dei Promessi Sposi nel 1827 (edizione ventisettana) Manzoni approfondisce aspetti storici e linguistici, come la stesura della terza edizione del romanzo dimostra. Il proposito su un inno sacro sull’Ognissanti rimase lettera morta.

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