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Recensioni di libri

La tuffatrice di Julia von Lucadou

Carbonio, 2020 - Il merito principale di von Lucadou sta nell’avere fatto della sua Tuffatrice un romanzo interiore, prima ancora che di denuncia sociale.

Mario Bonanno
Mario Bonanno Pubblicato il 17-02-2021

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La tuffatrice

La tuffatrice

  • Autore: Julia von Lucadou
  • Genere: Fantascienza
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Anno di pubblicazione: 2020

Vedi Prezzo:

Scheda libro su ibs
Scheda libro su LaFeltrinelli.it
Scheda libro su Libraccio
Scheda libro su Mondadori Store

Alla voce “distopia” si legge su Wikipedia:

“Ponendosi in contrapposizione ad un’utopia, una distopia viene tipicamente prefigurata come l’appartenenza ad un’ipotetica società o ad un ipotetico mondo caratterizzati da alcune espressioni sociali o politiche opprimenti, spesso in concomitanza o in conseguenza di condizioni ambientali o tecnologiche pericolose, che sono state portate al loro limite estremo”.

Credo che il mondo cosiddetto globalizzato abbia superato a tal punto i limiti di guardia di “espressioni sociali o politiche opprimenti” e di “condizioni ambientali o tecnologiche pericolose” che suggerisco di cambiare definizione al romanzo distopico, e definirlo oggi romanzo (ultra)realista. La realtà ha cioè superato in alienazione e illibertà sociali la fantasia. L’homo consumens – fratello di sangue del novecentesco uomo-massa – è reificato attraverso meccanismi coercitivi subdoli, in molti casi dotati persino di appeal, e le libertà obbligatorie cui esso soggiace sono segnali della reificazione in atto.

Nel luminoso esordio narrativo di Julia von Lucadou, La tuffatrice (Carbonio, 2020, trad. A. Ricci), sono rintracciabili esempi di straniamento ontologico sottotraccia al mito sociale dell’ultra-produttività. Una controindicazione fra le tante del postulato ultra-liberista “più produci più esisti”.

“Non ti fa rabbia” disse “non poter decidere da sola?”
“Loro cercano solo di riconoscere il nostro potenziale e di metterlo alla prova. E puoi sempre dire di no”.
“Conosci qualcuno che ha detto di no?”
“Mica ti costringono […]. Quello che fanno è indicarci la versione migliore di noi stessi, tutto qua” dissi.

Questo dialogo da brividi rivela senso e portata del romanzo. Il negativo di un pianeta attestato sulle coordinate profetiche di Aldous Huxley e George Orwell, troppo asettico e pianificato per non risultare spersonalizzante.
In un futuro che è già presente, in un’imprecisata megalopoli ipertecnologica, la giovane campionessa di Base Jumping (diventato una sorta di sport nazionale, molto probabilmente mondiale) ha deciso di piantarla lì e smesso di allenarsi. Peccato: Riva Karmovsky è una tuffatrice di grande talento, capace di giocare con la vita lanciandosi dai grattacieli con virtuosismi mozzafiato. Ora quasi non la si riconosce: trascorre le sue giornate in preda alla depressione. Seduta per terra, sul pavimento del suo appartamento di lusso. Spiata a sua insaputa dalle telecamere nascoste; quel che è peggio indifferente a ogni forma di contatto umano.

Nel tentativo di distoglierla dalla rovinosa decisione (milioni di fan delusi, i milioni degli sponsor che rischiano di andare in fumo) viene incaricata la psicologa del lavoro Hitomi Yoshida, altrettanto giovane, ma, al contrario della campionessa di tuffi dai grattacieli, impegnata a preservare il proprio status quo garantitole dal Sistema sulla base delle prestazioni lavorative. Un sistema mellifluo quanto occultamente spietato, pervasivo, iper-controllante. Dove l’attività fisica individuale è regolata da un “bracciale” al polso. Dove si consigliano corsi propedeutici di felicità e resilienza indotte. Dove i figli delle classi più abbienti vengono sottratti ai genitori biologici e indottrinati in claustrali istituti. Dove persino i partner sessuali si conoscono attraverso un’agenzia di mediazione.

È sullo sfondo di questo scenario da dittatura sommersa che Julia von Lucadou declina il thriller esistenziale che coinvolge Riva e Hitomi, espressioni dicotomiche l’una dell’altra, o forse, chissà, specchio l’una dell’altra, fino al finale sorprendente che non rivelo.
Dopo il giallo, il romanzo (ex) distopico è forse il genere più frequentato dalla narrativa contemporanea. Il merito principale di von Lucadou sta nell’avere fatto della sua Tuffatrice un romanzo interiore, prima ancora che di denuncia sociale. Cioè: la suspense non manca, ma piuttosto che poggiare sui soliti espedienti “di genere”, è tutta “di testa”, poggiata sul senso filosofico della vita, la vera posta in gioco con cui si misurano entrambe le protagoniste del romanzo.

Salutato dalla stampa internazionale come un esordio destinato a lasciare un segno (potete scommetterci), La tuffatrice è mirabilmente tradotto in italiano da Angela Ricci.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La tuffatrice

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