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Recensioni di libri

La sartoria di via Chiatamone di Marinella Savino

Nutrimenti, 2019 - Il breve ma denso romanzo dell’esordiente Marinella Savino racchiude una storia familiare, una storia corale che occupa un periodo storico spesso affrontato dalla narrativa, gli anni a partire dalle leggi razziali del 1938.

Elisabetta Bolondi
Elisabetta Bolondi Pubblicato il 30-12-2019
La sartoria di via Chiatamone

La sartoria di via Chiatamone

  • Autore: Marinella Savino
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Nutrimenti
  • Anno di pubblicazione: 2019

Una piccola grande donna napoletana, ammiratrice di Donna Matilde Serao, dotata di coraggio, forza di carattere, abilità, è la protagonista assoluta de La sartoria di via Chiatamone (Nutrimenti, 2019), un breve ma denso romanzo dell’esordiente Marinella Savino. Una storia familiare, una storia corale che occupa un periodo storico spesso affrontato dalla narrativa, gli anni a partire dalle leggi razziali del 1938, che qui vengono raccontati in modo assolutamente originale. La guerra sarà una sfida terribile per donna Carolina, per suo marito don Arturo, per i loro numerosi figli maschi (solo Annuccia, la maggiore, è femmina), per le sorelle e le loro famiglie, per le lavoranti della sartoria che dirige nel grande appartamento di via Chiatamone:

“Guerra... Si trattava di mettere al riparo tutto quello che aveva, tutta la sua vita e i suoi cari, da quella parola”

Quegli anni caotici delle bombe, della fame, della borsa nera, dei rifugi nelle grotte, nel pericolo di essere sepolti dalle macerie, delle requisizioni degli alloggi durante l’occupazione tedesca della città in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943 sono raccontati nei brevi capitoli del romanzo che alternano la lingua italiana alla lingua napoletana: non parlo di dialetto, perché a partire dall’esergo, tratto da Napoli Milionaria di Eduardo (“Ha da passà a’ nuttata”), molta parte del libro è scritta traducendo sul foglio le caratteristiche del parlato quotidiano dei napoletani, che, senza troppe distinzioni di classe, dialogano fra loro con il loro lessico intraducibile, di eccezionale efficacia comunicativa. L’autrice alterna a un fluente italiano termini, espressioni, suoni, che presuppongono una competenza linguistica della lingua partenopea che forse non tutti i lettori comprenderanno; io ne sono entusiasta, ammiratrice da sempre della cultura napoletana.

Marinella Savino riesce a ricreare le atmosfere degli interni, gli odori dei cibi, le ricette, le modalità di rapporto (la protagonista donna Carolina chiama il bel marito Don Arturo per tutta la vita), il clima della sartoria nella quale si lavora anche durante i mesi oscuri della guerra, quando mancano le materie prime e allora ci si arrangia a rivoltare abiti e cappotti, e la povertà resta dignitosa e non diventa mai miseria: Don Arturo che mantiene la sua eleganza anche quando diviene invalido, Irene che ammutolisce quando la sua casa sparisce sotto la violenza del bombardamento, Luisé che aspetta fiduciosa il ritorno del figlio disperso, e su tutti Carolina, che trasforma la sua casa in una sorta di dormitorio, accogliendo tutti, condividendo tutto, salvando tutti quelli che fanno parte della sua famiglia più che allargata.

Particolarmente efficace l’ultima parte del libro, quella dedicata alle mitiche Quattro Giornate di Napoli, quella pagina storica che ebbe per protagonista il popolo napoletano. La Resistenza di uomini, femmine, creature, era qualcosa a cui i tedeschi non erano stati addestrati:

“Mobilia, specchi, lampadari, cessi, uogli’ vullent’, qualsiasi cosa volò dalle finestre al passaggio dei nazisti. Sapone incandescente sopra i vetri delle camionette, sopra gli elmetti, a zuffunn’, cummò, segg’, cufnatur’, rinal’….I Napoletani, allo stremo, decisero di vendere cara la pelle”

Questa citazione spiega bene l’operazione linguistica compiuta con abilità ed efficacia dall’autrice, a cui si deve anche una raffinata ricostruzione della toponomastica della città in quegli anni drammatici, che leggiamo seguendo le rocambolesche fughe dei ragazzini, in giro alla ricerca di cibo, di un bagno di mare anche quando le bombe sganciate dagli aerei nemici erano sempre più vicine e minacciose. Chiatamone, via Partenope, piazza Vittoria, Piazza dei Martiri, via Calabritto, l’ospedale Loreto, il Molo Beverello, i vicoli più intricati della Napoli storica, il caffè Vacca, il Gambrinus, Moccia: tutta la città è il palcoscenico della narrazione di questa storia intensa, commovente, vera che vede Napoli e Donna Carolina due grandissime protagoniste.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La sartoria di via Chiatamone

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