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Recensioni di libri

La rajetta di Adriana Comaschi

Tabula Fati, 2018 – Dalle leggende delle valli ladine nelle Dolomiti, una scrittrice veneziana ha tratto un romanzo fantasy molto leggibile, ambientato tra le remote tribù che abitavano quel territorio montano nell’antichità.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 22-04-2022
La rajetta

La rajetta

  • Autore: Adriana Comaschi
  • Genere: Fantasy
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Anno di pubblicazione: 2018

Che sorpresa le terre ladine come scenario di un romanzo storico e quante leggende degli antichi popoli che le abitavano millenni indietro, riprese da Adriana Comaschi nel romanzo La rajetta, originale incursione in un mondo primitivo ma non troppo. È una storia fantasy pubblicata dalle Edizioni Tabula Fati di Chieti, nel 2018 (collana Minas Tirith, 168 pagine), tratta da un leggendario trascorso locale.

Veneziana, professionista delle scienze sociali e lettrice appassionata, Comaschi si dedica da una decina d’anni alla scrittura a tempo pieno, notata dal pubblico e premiata con diversi riconoscimenti. Sostiene d’essere sempre stata incuriosita dall’antico popolo dolomitico e di dovere tanto a chi le ha fornito informazioni, in particolare un altro stregato dalle Dolomiti, Adriano Vanin. Con Il regno dei Fanes. Analisi di una leggenda e altri studi sulle tradizioni ladine, l’ha spinta a inquadrarle nel momento storico in cui potrebbero essersi concretizzate. Il romanzo è molto fresco per ambientazione, protagonisti e temi. Difficile trovarne simili e nello stesso contesto, raccontati da dita veloci sulla tastiera come quelle di Adriana.

Oggi la Ladinia è un’area che comprende cinque valli dolomitiche, Badia, Gardena, Fassa, Livinallongo, Ampezzo, con un’antica lingua comune e remote tradizioni. Tanto tempo fa, in quella terra, un paleopopolo veneto era diviso in tribù, che alternavano rivalità a contatti, cercando ciascuna di trarre il massimo potere e profitto economico dai territori controllati.

Sotto la cima del Civetta, si annunciano nozze regali per Rajes, fratellastro del re dei Cajutes. Uno è nato dall’unione ufficiale paterna con una regina, capace di recare in dote valide alleanze. Il secondo è stato generato da una schiava nordica, che aveva portato solo la sua bellezza nel letto del re padre.
Ombolt chiama Rajes “cugino” e per tenerlo ancora più a distanza ha trattato l’accordo nuziale. Un matrimonio combinato con Moltara, regina dei Fanes, così il minore avrà un regno e cesserà d’essere un concorrere potenziale per l’erede diretto.
Un trono e il successo su pretendenti pericolosi come i Duranni hanno convinto Rajes, anche se sarà costretto ad allontanarsi da Tsicuta, sorella dello stregone Spina de Mul e maga a sua volta. Sono amanti da sei anni e lei non prende bene la notizia: al commiato lo assale con rabbia, rinfacciandogli di volerla lasciare e passando da un terribile anatema a un bacio appassionato.

A Fanis, Moltara attende con ansia il promesso, tanto bello, con i capelli neri e gli occhi chiari. Non è solo una tenera sposa, è sacerdotessa degli antichi riti dei Badojenes, sconfitti dai nuovi popoli e costretti a riparare nelle cavità della terra. Tra i Fanes comandano le donne e la linea di successione è femminile, anche se la regina è obbligata per tradizione a sposare uno straniero, per favorire la pace nell’interesse dei sudditi.

Moltara ha scelto Rajnes e non uno dei Landrines o delle altre tribù alleate. Ha raggiunto con lo spirito il popolo sotto terra, per ottenerne l’approvazione all’unione. Nel “viaggio”, favorito da una pozione, ha visto una fanciulla, con in capo una corona regale con una splendida gemma incastonata. La ragazza le somigliava e aveva occhi chiari e capelli neri. È un segno: può ben sposare l’uomo di una popolazione bellicosa, che non accetta la successione matriarcale.

Due anni più avanti, la regina non si pente della scelta, tuttavia non è felice. Il marito la tratta con rispetto, ma è chiaro che non la ama.
Finalmente, nel ventre di Moltara si avverte la vita. Un bambino? Due gemelle. Una sola viene mostrata a Rajnes, l’altra è oggetto del sacro patto delle regine di Fenis con il popolo sotterraneo. Il re sognava un maschio e gli suggeriscono di allevare Dolasila come un ragazzo. Sana e robusta, del padre ha i capelli, gli occhi, la bocca volitiva. L’ovale e il naso delicato sono della madre. Dimostra interesse per le cose poco femminili che Rajes le insegna. Agile, forte, non ha paura di niente, ma non le servirà: sa che crescerà per sposare uno straniero, tanto più che Mortara dà alla luce anche un maschio, energico e prepotente con i suoi strilli. “Sarà un grande guerriero”. “Anche io”, protesta la bambina.

Passano gli anni e l’adolescente Dolasila non si stanca di ascoltare il racconto dell’ancella sull’avventura di qualche anno prima. Era quasi notte, il soldato di scorta avanzava sicuro nel bosco e non si era accorto di averle lasciate indietro. Un rumore d’armi vicino aveva attratto la loro attenzione. In una radura, uno stregone sconfitto in duello rendeva omaggio al vincitore. “Il tuo nome sarà Eyde Not, perché vedi di notte e ti batti al buio senza paura”. Hanno assistito a un rito di iniziazione, comune a tanti popoli del territorio.

Tornato sui suoi passi, il soldato consola la bambina ancora in lacrime porgendole qualcosa raccolto dal greto di un fiume. È la più splendida delle gemme, la rajeta, caduta sulla terra nella notte dei tempi, una pietra unica al mondo e non di questo mondo.
Dovrebbe andare pure quella al fratello, anche se le anziane borbottano che sarebbe Dolasila l’erede legittima. Quanto a lei, sa che vuole diventare una grande guerriera e dimostrare le sue capacità. Avrà tutto romanzo per farlo.

È tanto bello e scorrevole — non manca il dramma — che verrebbe di raccontarlo tutto. Ricorda le scene in bianco e nero di un film di Blasetti del 1941, La corona di ferro, altra bella leggenda di un’Italia remota, magica e pagana.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La rajetta

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