La notte delle scimmie di Lorenzo Beccati

Lorenzo Beccati scrive un noir con tutti i crismi, ma in più, come valore aggiunto, fa un favore agli animalisti. Molti non possono ricordare come vivevano gli animali nei circhi e nei luna park; tenuti in cattività, soprattutto le scimmie servivano anche per altri scopi molto discutibili. Beccati, che ha scritto La notte delle scimmie (Fratelli Frilli editori, 2025), ambienta il suo romanzo a Ventimiglia nel 1936. Mentre tra gli stati europei c’era aria di burrasca, perché la Germania aveva intenzione di annettere altri stati per avere un territorio esteso dove le persone non sarebbero state libere, c’era chi si poteva permettere di avere un castello come Serge Voronoff, che aveva nelle gabbie ottanta scimmie. Tutto vero, tutto verificato. Voronoff era scappato dalla Russia sovietica, divenne naturalizzato francese e aveva un metodo orrendo per dare più virilità agli uomini dopo "l’andropausa". Faceva dormire la scimmione maschio e toglieva i testicoli per impiantarli sul maschio umano, il cui vigore diventava fantastico, con le mogli che rimpiangevano quando a letto erano fratello e sorella. Non che la fissazione sia cessata; gli umani maschi non possono psicologicamente sentirsi impotenti, nell’accezione più ampia.
Ma l’investigatore privato era stato chiamato perché alcuni scimpanzè erano stati uccisi gratuitamente. Martin Giles non è solo bravo, ma è un giovane uomo attraente che va a letto con una donna sposata, Rosmarie. Entrambi sanno che è un’avventura di una notte e lei sa di non essere l’ossessione dell’ investigatore, che è Gerty, la moglie di Voronoff, una bellezza assoluta per come parla, cammina, rovista la pochette. Ma lei è distante e forse, essendo la proprietaria di metà del castello, non è un ospite del castello e lei nemmeno; ha parlato con Rosmarie se non per trattarla come una domestica. Nel frattempo muore un’altra scimmia.
Lorenzo Beccati ha la mano felice, per scrivere cose vere ma che in parte sono solo menzogne. Perché la letteratura di diporto è pressoché inutile per molti lettori, ma il grigio è il tono predominante quando si scrive. Beccati riesce a farci vedere com’era Ventimiglia nel 1936 e gli ospiti del castello Voronoff, con pennellate di realismo tra le chiacchiere, i brindisi, i domestici, la politica, la pochissima sensibilità animalista all’epoca.
Libro divertente, mai banale, di cui non si può dire nulla di più.