Non è esattamente una poesia consolatoria, né tantomeno una poesia d’augurio per la Festa dei nonni. La nonna di Giovanni Pascoli, scritta nel 1898 e contenuta nella raccolta I Canti di Castelvecchio (1903), racconta la scomparsa dell’anziana nonna in un parallelismo che vede opporsi in maniera spietata infanzia e vecchiaia: la prima età tende alla vita; la seconda alla morte, come due rette parallele che non si incontrano mai.
Il contrasto appare l’elemento dominante della lirica sin dalla prima strofa in cui è evidente un conflitto cromatico: i folti riccioli biondi dei bambini, paragonati ai “corimbi” ovvero a una tipologia di fiori che cresce a grappoli in floride inflorescenze, si oppongono al capo grigio della nonna, metonimia della vecchiaia.
Infanzia e vecchiaia sono poste a confronto, in maniera quasi spietata; ciascuna ha il proprio tempo e segue il corso inevitabile del suo destino.
La vecchiaia e l’attesa della morte rappresentano la chiave di lettura essenziale di questa poesia che ha un finale struggente poiché, dopo aver reso manifesto il conflitto eterno tra vita e morte, Pascoli mostra il sacrificio dell’anziana donna compiuto in nome dei nipoti.
La nonna è consapevole del suo destino, lo accetta con rassegnazione e un cenno d’assenso, sulle sue labbra affiora una sola parola “Sì”, purché vengano risparmiati i bambini, com’è giusto, dalla falce implacabile della trista Mietitrice.
“La nonna” di Giovanni Pascoli: testo
Tra tutti quei riccioli al vento,
tra tutti quei biondi corimbi,
sembrava, quel capo d’argento,
dicesse col tremito, bimbi,
sì... piccoli, sì...
E i bimbi cercavano in festa,
talora, con grido giulivo,
le tremule mani e la testa
che avevano solo di vivo
quel povero sì.
Sì, solo; sì, sempre, dal canto
del fuoco, dall’umile trono;
sì, per ogni scoppio di pianto,
per ogni preghiera: perdono,
sì... voglio, sì... sì!
Sì, pure al lettino del bimbo
malato...La Morte guardava,
la Morte presente in un nimbo...
La tremula testa dell’ava
diceva sì! sì!
Sì, sempre; sì, solo; le notti
lunghissime, altissime! Nera
moveva, ai lamenti interrotti,
la Morte da un angolo...C’era
quel tremulo sì,
quel sì, presso il letto... E sì, prese
la nonna, la prese lasciandole
vivere il bimbo. Si tese
quel capo in un brivido blando,
nell’ultimo sì.
La nonna nella poesia di Pascoli: dalla poesia al poemetto “Italy”
La figura della nonna è ricorrente nella poesia di Pascoli, la ritroviamo infatti anche nel poemetto Italy, dedicato agli italiani emigrati in America, dove si assiste all’incontro della piccola Molly - ritornata in Italia perché malata di tisi - con la nonna. La “piccola straniera” parla americano - il poemetto infatti è deliziosamente condito da termini in lingua inglese - e tuttavia riesce a intendersi con la figura della matriarca, donna che diventa allegoria stessa di una patria, le due infine trovano un linguaggio comune dato più dall’affetto che dalle parole.
Anche in Italy troviamo infanzia e vecchiaia contrapposte, eppure unite fatalmente da un presagio sancito dalla parola-verbo “Die”, morire.
La bimba allora chiuse un poco gli occhi:
“Die! Die!” La nonna sussurrò: “dormire?”
“No! No!” La bimba chiuse anche più gli occhi,
s’abbandonò per più che non dormire,
piegò le mani, sopra il petto: “Die!
Die! Die!” La nonna balbettò: “morire!”
“Oh yes! Molly morire in Italy!”
Anche alla fine di questo poemetto, composto nel 1922, le parti saranno invertite: la nonna perirà di tosse, mentre la piccola “poor Molly”, rondinella venuta da oltreoceano, sopravvivrà. I destini si invertono e la morte dell’anziana appare come un sacrificio autoinflitto, ma necessario. Anche il poemetto Italy si conclude con la parola “sì”, così determinante nella poesia La nonna.
Nel finale ritroviamo lo stesso contrasto vecchiaia/infanzia espresso nella prima strofa di questa poesia: c’è un vociare di bambini in festa, la piccola straniera parte, torna in America, lascia il nonno - personaggio a sua volta rimarcato dalla metonimia della “testa bianca”, mentre la piccola è “rosea, bionda, e mesta”.
Molly, nel finale, viene ricollocata nella sua età di vita: l’infanzia.
Saranno proprio i bambini a domandarle in un concerto di voci festose:
Sweet sweet... era un sussurro senza fine
nel cielo azzurro. Rosea, bionda, e mesta,
Molly era in mezzo ai bimbi e alle bambine.
Il nonno, solo, in là volgea la testa
bianca. Sonava intorno mezzodì.
Chiedeano i bimbi con vocìo di festa:
“Tornerai, Molly?” Rispondeva: – Sì!
Curiosamente “yes” sarà la stessa affermazione che ritornerà in un’altra celebre Molly, ovvero la Molly Bloom dell’Ulisse di Joyce, pubblicato nel 1922. Attraverso questo assenso “yes I said yes I will Yes” la protagonista femminile dell’Ulisse, Molly appunto, dice sì all’amore, al corpo, alla vita. Molly, nella visione joyciana, è simbolo dell’infinito, rappresenta la femminilità intesa come forza creatrice e rigeneratrice. Molly Bloom dice “sì”, yes, esprimendo appieno sé stessa, la sua volontà di vita.
Ritroviamo la stessa dinamica nella poesia La nonna di Pascoli, in cui quel “sì” reiterato esprime però un destino ben diverso, vediamone più approfonditamente analisi e commento.
“La nonna” di Giovanni Pascoli: analisi e commento
La nonna di Giovanni Pascoli è una poesia dal ritmo scandito, ricca di onomatopee e allitterazioni, nella quale ritorna anaforicamente un assenso ripetuto: “Sì”. Quel “sì” è da intendersi come cenno d’assenso, è la muta accettazione della morte da parte della nonna, che sembra piegarsi al suo destino con la rassegnazione di chi sa di aver vissuto. La morte, nel finale, risparmia i bambini e va incontro alla nonna, avverando così il parallelismo finale: “la prese lasciandole vivere il bimbo”, così conclude Pascoli in maniera commovente, dopo aver indugiato per un attimo sulla visione del bambino malato, lasciando intendere che quello della nonna è stato un sacrificio compiuto in nome dell’amore.
La morte in questa poesia viene personificata, le viene conferita, in maniera ossimorica, un’aura divina: si aggira attorno al letto come una presenza, è circondata da un’aureola, però da un’aureola oscura, incombe angosciosa come un sinistro presagio.
Il punto di massima climax dell’intera poesia è dato dal girovagare della morte attorno al letto del bimbo malato; comprendiamo che la mietitrice sta per compiere una scelta e allora il “sì” ripetuto dalla nonna appare insistente e pietoso come una supplica.
Gli ultimi versi manifestano il sacrificio della nonna in nome della vita; accetta con rassegnazione la propria morte consapevole che è necessaria al futuro, all’esistenza concessa a figli e nipoti. La scomparsa della nonna, che reclina il capo in un “brivido blando” simile alla Ginestra leopardiana, appare come un sacrificio necessario. Il bambino è salvo, eppure il cuore del lettore si stringe in una morsa: nel finale abbiamo la consapevolezza di aver appena assistito a una lotta spietata che pure è insita nell’ordine delle cose, necessaria all’operare del ciclo naturale della vita.
La nonna di Pascoli diventa quindi metafora della sorte dell’uomo: la donna sa dire una sola parola, “sì”, e con essa esprime l’accettazione muta di un destino mortale. “yes I said yes I will Yes” dice la nonna, che non è Molly Bloom e parla un italiano povero e illetterato, e tuttavia sa incarnare il proprio ruolo ed essergli fedele, sino all’ultimo respiro.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La nonna” di Giovanni Pascoli: una poesia su vecchiaia e infanzia a confronto
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