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Recensioni di libri

La moglie del cacciatore di perle di Roxane Dhand

Piemme, 2019 - L’autrice inglese, basandosi sulla consultazione di libri e quotidiani dell’epoca, sviluppa una trama avvincente in cui sono presenti temi quali il razzismo, una brutale violenza, corruzione e un’insaziabile sete di denaro.

Antonella Stoppini
Antonella Stoppini Pubblicato il 02-09-2019

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La moglie del cacciatore di perle

La moglie del cacciatore di perle

  • Autore: Roxane Dhand
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Casa editrice: Piemme
  • Anno di pubblicazione: 2019

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“La moglie del cacciatore di perle” (Piemme 2019, titolo originale “The pearler’s wife”, traduzione di Cristina Ingiardi) di Roxane Dhand è un appassionante romanzo storico sullo sfondo dello sperduto nord-ovest dell’Australia.
1912. Inghilterra.

Dal ponte dell’Oceanic, Maisie Porter allungò lo sguardo sulla banchina proprio mentre suonava la campana che invitava gli accompagnatori a tornare a terra.

La ragazza di diciannove anni, dalla bella chioma ribelle e dagli occhi azzurri, avendo da poco salutato il padre che l’aveva accompagnata fino alla nave, rifletteva sul viaggio e sulla nuova vita che le si prospettava. “Quindi ci siamo”. La meta del viaggio di Maisie era l’Australia, Buccaneer Bay (nome fittizio della città di Broome), nello sperduto nord-ovest dello sterminato Paese, dove avrebbe preso come marito il cugino alla lontana Maitland Sinclair.
Soltanto da qualche settimana Miss Porter sapeva dell’esistenza del suo futuro sposo. “E ora vado in Australia a sposarlo!”. I pensieri di Maisie erano stati interrotti dalla campana del piroscafo che annunciava che la nave si stava immettendo nella corrente e il cuore della passeggera aveva accelerato i battiti nel suo petto. “Vieni, mia cara. Posso darti del tu, vero?”. La volitiva signora Wallace, robusta e dai ricci biondo platino, la quale avrebbe diviso la cabina con Maisie per le prossime sei settimane di navigazione, era stata pagata profumatamente dai suoi genitori per farle da chaperon. La ragazza, rammaricandosi delle piccole dimensioni dell’alloggio, si augurava di andare d’accordo con la signora Wallace.

Nel frattempo a Buccaneer Bay i signori delle perle, tra i quali Mr Sinclair, discutevano circa la nuova direttiva emanata dal governo australiano: “L’Australia bianca non tollererà più personale orientale sui suoi trabaccoli. Giapponesi, malesi e timoresi devono rimpatriare”. Presso la comunità locale stavano per giungere provetti “palombari bianchi addestrati dalla Marina” che sarebbero costati molto più dei precedenti. A bordo dell’Oceanic, tra i dodici sommozzatori britannici assunti per sostituire gli equipaggi asiatici, era presente l’affascinante William Cooper, aitante e dai capelli e gli occhi scuri, il quale aveva lanciato uno sguardo penetrante e ammaliatore a Maise donandole una sensazione “vaga e indefinibile”.
In un’interessante nota alla fine del volume la scrittrice scrive che l’industria delle perle nell’Australia occidentale nasce verso la metà dell’Ottocento. Infatti, la madreperla era richiestissima in tutto il mondo per i bottoni, i manici delle posate, i quadranti degli orologi e gli intarsi.

I prolifici banchi di ostriche perlifere al largo della costa nord – occidentale costituivano un magazzino ben fornito della tanto bramata conchiglia.

L’autrice inglese, basandosi sulla consultazione di libri e quotidiani dell’epoca, sviluppa una trama avvincente in cui sono presenti temi quali il razzismo, una brutale violenza, corruzione e un’insaziabile sete di denaro. Le vivide descrizioni di Buccaneer Bay, città di frontiera, svelano un momento particolare e poco noto della storia australiana. “Siamo due combattenti. Non ci diamo per vinti”.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La moglie del cacciatore di perle

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