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Recensioni di libri

La funesta docilità di Salvatore Silvano Nigro

Sellerio, 2018 - In questo nuovo saggio, un’inchiesta sul Manzoni e i Promessi Sposi, l’autore riprende la tecnica del giallo intrecciandovi gli ingredienti della ricerca storico- filologica e dell’affaire.

Adriano Napoli
Adriano Napoli Pubblicato il 12-12-2018

7

La funesta docilità

La funesta docilità

  • Autore: Salvatore Silvano Nigro
  • Genere: Gialli, Noir, Thriller
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Sellerio
  • Anno di pubblicazione: 2018

Scheda e prezzo libro:

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Salvatore Silvano Nigro è una delle intelligenze critiche più luminose del nostro tempo, oltre che un raffinato pasticheur di lingua e stile (...quel Barocco inconfondibile che si profila in chiaroscuro anche dai risvolti di copertina dei romanzi di Camilleri editi da Sellerio).
Confesso di aver sempre provato, da lettore fedele, un’invidia reverente nei riguardi della sua mente colorata, immune da ogni vernice accademica e per quel talento di giungere al cuore di un libro e del suo autore da lontano. Seguendo percorsi obliqui, coniugando sapientemente il giallo, l’iconografia e via dicendo come elementi compartecipi di un unico cosmo sapienziale.

Partendo dal dettaglio di una tabacchiera effigiata in un celebre ritratto manzoniano dello Hayez, Nigro ha saputo restituirci (nel saggio “La tabacchiera di don Lisander”, Einaudi, 1996) un Manzoni integro e vitale, sottraendolo alla rigidità statuaria in cui lo avevano confinato due secoli di pedanteria professorale e irredimibile noia studentesca. In questo nuovo saggio “La funesta docilità”, ancora sul Manzoni, egli riprende la tecnica del giallo intrecciandovi gli ingredienti della ricerca storico- filologica e dell’Affaire.
Tutto origina da un inciampo beffardo e fatale - non dissimile dal malincontro del curato don Abbondio nel capitolo iniziale dei “Promessi Sposi”- su uno dei gradini della Chiesa di San Fedele, che lo condurrà in un breve volgere di stagioni dell’anno 1873 al decadimento fisico e mentale, fino alla morte. Nell’istante vorticoso della caduta, lo spazio e il tempo precipitando, affacciano la mente del grande scrittore su un abisso in cui si convivono la Storia e le vicende familiari, la polvere e gli altari; il musetto imbronciato di una bimba che gioca con bambole vestite da suora e il massacro di un inerme ministro delle Finanze immolato da una folla imbestialita agli ideali ambigui di una Rivoluzione “giusta” che tutto giustifica.

Nell’’istante che introduce alla fine e al mistero, Manzoni rivive il tempo circolare del suo romanzo, che non si conclude con un lieto fine ma inizia nuovamente con le pagine macabre e purulente della “Colonna Infame”; che è il tempo della vicenda umana, di ieri oggi e domani, costretta nell’imperativo di “fare il torto o patirlo”. Lo spazio di San Fedele, nel cuore di Milano, diventa il teatro di una memoria incessante, una mappa mentale e letteraria per lo scrittore morente e per i più fedeli e “illegali” dei suoi lettori e interpreti (su tutti, Leonardo Sciascia, genio familiare e primo interlocutore, con “amor de lonh”, di questo libro) che ne hanno seguito la traiettoria, senza fermarsi alla facciata del paternalismo consolatorio della vulgata manzonista tradizionale, ma scendendo fino in fondo nel precipizio della ossimorica contraddittorietà dell’ingiustizia umana ( “La funesta docilità ” emblematizzata fin dal titolo di questo libro) e della Giustizia divina; dell’abuso e del sopruso, che sono l’autentica sostanza del pensiero manzoniano e del mondo che emerge dalle sue pagine: così stantie in apparenza e così tanto tragicamente attuali.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La funesta docilità

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