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Recensioni di libri

La dama del quintetto di Silvia Mori

Luciana Tufani Editrice, 2012 - Silvia Mori trova in cantina una vecchia valigia piena di carte e documenti appartenuti ai coniugi Lollini, suoi bisnonni materni. Così comincia la storia di questo libro, ricostruzione storica e letteraria degli anni italiani compresi tra l’ultimo decennio del XIX secolo e l’avvento del fascismo, con la presa di Roma e l’uccisione di Matteotti.

Valentina Concetti
Valentina Concetti Pubblicato il 22-02-2012

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La dama del quintetto

La dama del quintetto

  • Autore: Silvia Mori
  • Genere: Storie vere
  • Anno di pubblicazione: 2012

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Silvia Mori trova in cantina una vecchia valigia piena di carte e documenti appartenuti ai coniugi Lollini, suoi bisnonni materni. Così comincia la storia di questo libro (Luciana Tufani Editrice, 2012), ricostruzione storica e letteraria degli anni italiani compresi tra l’ultimo decennio del XIX secolo e l’avvento del fascismo, con la presa di Roma e l’uccisione di Matteotti. Elisa Agnini e Vittorio Lollini si stagliano sullo scenario politico del paese come coppia socialista e coppia d’amore consolidata e solidale con le esigenze proletarie.

L’avvocato modenese Lollini, fin dagli inizi della carriera, entra a far parte del PSI sostenendo legalmente socialisti e anarchici colpiti dai provvedimenti governativi durante la reazione crispina. Il curriculum prosegue in ascesa fino a diventare deputato parlamentare per ben tre legislature. Ad esaurirsi dell’ultima, s’impegna con la proposta di legge sul riconoscimento di paternità, parto conclusivo di un’intima convinzione etica, fortemente condivisa anche dalla compagna. Questa è l’ultima fatica di un uomo giusto, escluso dalla politica con gli imbrogli del rivolgimento totalitario.

Sua moglie Elisa, donna istruita e personalmente responsabile di tale privilegio, non è da meno e, appena cresciute le quattro figliole, si dedica alle urgenze sociali di un’Italia volgarmente reazionaria che sfrutta senza ritegno donne e bambini, categorie sprovviste di qualunque difesa e continuamente vessate da un maschilismo violento e indifferente che governa offendendo i diritti dell’altra parte dell’umanità. Sarà un fatto privato (il suicidio-sacrificio d’onore della domestica di famiglia messa incinta da un carrettiere di passaggio) a spronare Elisa verso l’impegno radicato al cambiamento. La nobiltà di intenti si traduce in azione:
nel 1896 insieme ad altre compagne borghesi e illuminate – Giacinta Martini, Alina Albini, Virginia Nathan ed Eva De Vincentiis – fonda a Roma l’Associazione per le Donne. Nel gruppo convogliano signore progressiste di diversa fede politica, provenienti perfino dalla massoneria e dalle file marxiste, tutte unite per il diritto al suffragio femminile e nelle riforme per l’istruzione. L’eterogeneità di pensiero porta anche a contrasti interni, come avviene per le discussioni inerenti alla famiglia, per esempio con la questione sul divorzio. L’influenza della Chiesa attarda scopertamente l’evoluzione del diritto italiano rispetto al resto d’Europa. Con perseveranza, Elisa Agnini tenta di scardinare l’ottusità dei pregiudizi razziali che per millenni hanno annientato le donne.
Scriverà nel testamento lasciato alle figlie, lettera di pura ideologia e poesia:

“… Misero chi, abbattuto dal destino contrario, non lascia in eredità ai propri figli uno spirito vivificatore che sia loro d’incitamento nella lotta per la vita. La vita è spesso dolore e disillusione, ma è anche essenza spirituale che ognuno deve mantenere intatta, per trasmetterla alle generazioni a venire. La vita senza idealismo non può generare azioni alte e buone; anche se l’idealista non è compreso e può essere a volte deriso, la soddisfazione che prova sentendosi al di sopra delle bassezze umane gli è conforto sufficiente”.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La dama del quintetto

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