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Recensioni di libri

La colomba pugnalata di Pietro Citati

Un’opera raffinata e suggestiva, che racchiude la vita e le emozioni di Marcel Proust, una vita di ispirazioni improvvise, d’interiorità attraversata dal dolore, affascinante e ricca del mistero del tempo, la stessa vita riscritta nelle sue mirabili opere.

Teresa D'Aniello
Teresa D’Aniello Pubblicato il 01-12-2014

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La colomba pugnalata

La colomba pugnalata

  • Autore: Pietro Citati
  • Categoria: Saggistica
  • Casa editrice: Adelphi
  • Anno di pubblicazione: 2008

A Parigi, al Jardin d’Acclimatation, si potevano vedere alcune colombe, le colombe pugnalate, con sul petto una macchia rossa simile a una ferita insanguinata. Robert de Montesquiou aveva parlato di loro come di uccelli privilegiati, mentre Reynaldo Hahn, per quella ferita rossa, le immaginava ninfe che, suicidatesi per amore, erano state trasformate in uccelli da un dio. Quel giorno Proust le osservò a lungo e le amò da subito.

La colomba pugnalata, pubblicato nel 1995 e più volte riproposto, è uno splendido saggio su Marcel Proust, nel quale Pietro Citati ci accompagna, con una elegante e colta autorità, in un viaggio nella vita e nei sentimenti di uno degli scrittori di inizio Novecento da sempre molto amato.

Attraversiamo le varie fasi della sua vita piena di passioni, dalla adolescenza, durante la quale aspirava alla felicità, alla vita adulta, quella del dolore vissuto. L’autore descrive con la sua lirica e il suo rigore di studioso l’essenza di Proust, la sua unicità, l’uomo dai sentimenti contrastanti, scrittore e poeta, pensatore e filosofo. Un’opera che non vuole essere una biografia, precisa Citati. In realtà già dalle prime pagine ci si rende conto che è un saggio dallo stile narrativo simile a un romanzo, per cui la lettura diventa da subito affascinante e coinvolgente. L’adolescente Marcel desidera la felicità con un fervore che lascia stupefatti. La cerca, la desidera e la brama. Dopo aver trascorso l’infanzia nel chiuso della sua casa perché sofferente d’asma, si ritrova ragazzo con una sensibilità affinata e con una inclinazione sessuale già segnata. Sono gli anni nei quali si innamora di tutti i suoi amici, scrive lettere appassionate e parla loro dell’amore, ma non tutti lo tolleravano.

“Non sopportavano la sua sensibilità malaticcia, il suo perpetuo bisogno d’affetto, le vibrazioni amorose, le lacrime a fior di pelle, l’aria febbrile, le carezze, le gentilezze troppo squisite, i grandi occhi orientali umidi di nostalgia e di desiderio, la felicità malinconica. Con la sensibilità crudele dell’adolescenza, avevano compreso che Proust non sapeva ancora: egli era uno straniero.”

Al termine del liceo frequenterà senza alcun interesse la facoltà di legge, dopo una breve esperienza militare ad Orlèans naufragata a causa dell’asma, divenuta ormai cronica e inguaribile. Nella sua Parigi, inizierà a provare piacere nell’intrattenersi nei famosi salotti del tempo, e fra vari aristocratici e illustri scrittori quali Paul Valéry e André Gide, avrà modo di conoscere alcuni dei suoi grandi amori (donne e uomini), fra i quali il musicista Reynaldo Hahn.

“In quest’amore ci fu sempre, fin dagli inizi, qualcosa di dolce, di malinconico e di violento. Ma Proust non conobbe mai un periodo più felice: gioia dell’anima, del corpo, dei pensieri, dei movimenti, che rifletté nelle pagine del Jean Santeuil, scritte mentre il loro amore si svolgeva.“

Marcel Proust era un uomo profondamente geloso e viveva il rapporto di coppia con inquietudine e i suoi profondi malesseri. Tendeva all’amore assoluto ed unico, cercava una felicità ardente che si potesse protrarre nell’anima dell’altro, soffocante per chi avrebbe dovuto stargli vicino. Determinante nella sua vita era stato il rapporto con la madre, Jeanne Weil, dal bellissimo volto ebreo impresso di dolcezza cristiana e di coraggio giansenista. Intelligente, colta, aveva cancellato il suo io e con pudore e discrezione si era dedicata alla famiglia e ai suoi cari.

“Spesso il giovane Proust si alzava tardi. Aveva attraversato ancora una volta gli orrori della notte, quando il mondo intero sembrava abbandonarlo e lui avrebbe voluto afferrarsi alla luce, impedirle di morire o trascinarla con se nella morte: aveva percorso indenne il paese pauroso dei sogni e ora i riflessi del sole si infiltravano nella camera … e finivano per perdersi nello specchio, che conteneva in sé, prigioniera, l’immagine di sua madre.“

Il loro rapporto era di totale complicità e di assoluta confidenza. Proust aveva l’impressione che i suoi pensieri non cambiassero luogo, gli stessi si estendevano nella mente della madre. Il loro amore escludeva gli altri membri, come se non esistessero. Soffrivano entrambi delle loro separazioni e quando ciò avveniva, la tristezza e l’ansia si impadroniva dei loro animi. Lontano da lei, nel pensarla, sentiva crescere in lui la dolce assenza e l’angoscia della sua solitudine. Lui viveva rannicchiato nel cuore di lei. Una grande sensibilità analitica nella ricerca del tempo, del ricordo e nella conoscenza interiore dell’uomo.

La colomba pugnalata è un’opera raffinata e suggestiva, che racchiude la vita e le emozioni di uno dei più grandi scrittori, una vita di ispirazioni improvvise, d’interiorità attraversata dal dolore, affascinante e ricca del mistero del tempo, la stessa vita riscritta nelle sue mirabili opere.

La colomba pugnalata. Proust e la «Recherche»

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La colomba pugnalata

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