La città dei vivi di Nicola Lagioia

Nel romanzo La città dei vivi (Einaudi, 2020) Nicola Lagioia romanza alla perfezione uno fra i più brutali e clamorosi casi di cronaca nera verificatisi in Italia negli ultimi anni: l’uccisione del giovane Luca Varani, morto lentamente in seguito alle sevizie subite da Manuel Foffo e Marco Prato, entrambi sotto l’effetto di alcol e droga.

Il racconto si apre proprio con l’ammissione dell’omicidio da parte di Manuel; non c’è dunque un colpevole da individuare, ma Lagioia cerca di capire e ricostruire – senza giudicare – il perché di quanto avvenuto a casa di Manuel e lo fa attraverso i racconti dei conoscenti, amici e familiari della vittima e dei due assassini, nonché scavando nella mente di Manuel e Marco stessi.

Manuel si era ripromesso di prendere una decisione entro sera, ma quando suo padre attaccava con gli interrogatori era capace di strappargli le parole via di bocca.
«Insomma, che hai fatto? Hai bevuto? Ti sei ubriacato? Manuel!»
«Papà, stavo sotto cocaina».
[…]
«Come sotto cocaina! – la voce era rabbiosa. – Come hai fatto a scendere così in basso?»
Le frasi fatte, in certi casi, sono d’aiuto.
«Papà, veramente sono sceso anche più in basso».
Valter adesso era spiazzato. Si ritrovò in bocca una domanda davvero troppo ingenua: «E cosa può esserci di peggio della cocaina?»
«Abbiamo ucciso una persona».

E così con un susseguirsi di dettagli sulle vite sregolate dei ragazzi coinvolti nella vicenda, La città dei vivi ti divora, ti sconvolge, ti costringe a scorrere una pagina dietro l’altra nonostante la storia sia tanto mostruosa e agghiacciante, lasciandoti infine con un senso di incompiutezza, disagio, rabbia, dolore. Un vero e proprio pugno nello stomaco.

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