La casa sull’estuario
- Autore: Daphne du Maurier
- Genere: Fantasy
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: BEAT
- Anno di pubblicazione: 2018
BEAT riedita nella collana Superbeat “La casa sull’estuario” (2018, titolo originale The House on the Strand, traduzione di Maria Napolitano Martone) pubblicato per la prima volta nel 1969 dalla scrittrice, poetessa e drammaturga Daphne du Maurier (Londra, 13 maggio 1907 - Par, 19 aprile 1989). Il romanzo si colloca tra i generi storici, fantasy, gialli e psicologici.
“Le prime cose che notai furono l’aria cristallina e il verde netto della campagna, senza mezze tinte o sfumature morbide. Invece di fondersi col cielo, le colline lontane si stagliavano come rocce, così vicine da poterle quasi toccare, dandomi quel senso di sorpresa e meraviglia che prova un bambino guardando per la prima volta in un telescopio”.
Dick Young, scrittore in pausa creativa, era fermo sulla riva dell’estuario contemplando il panorama che lo circondava. Pur sapendo che nel suo tempo, nonostante la giornata grigia e coperta, si era al colmo dell’estate, Young vedeva intorno una luce più chiara che annunciava l’inverno. Doveva essere senza dubbio uno di quei pomeriggi precoci quando, prima che arrivino le nuvole della notte, il sole ancora sfolgorante ma che già cala a ovest, arrossa cupamente il cielo. Dick Young aveva appena lasciato il presente per andare nel passato. Incredibile ma vero, lo scrittore era protagonista di un esperimento nato dalla mente creativa del suo amico, il biofisico Magnus Lane. Bastava prendere “la droga della boccetta A”, un liquido dall’effetto stupefacente, che con solo poche gocce, agiva sui centri sensori del cervello, riportando indietro nel tempo, in un passato molto remoto.
“Se incontrerai qualcuno del passato, per amor del cielo, non toccarlo. Gli oggetti inanimati non contano, ma se ti azzardassi a metterti in contatto con un essere vivente, il tuo legame col loro mondo si spezzerà e tornerai in te con una scossa sgradevolissima. Lo so perché l’ho provato”.
In quello strano e immoto silenzio, Dick aveva osservato i primi esseri viventi: gabbiani che seguivano la marea, trampolieri minuscoli che sfioravano il pelo dell’acqua, mentre in alto, sulla collina di fronte, stagliata netta sull’orizzonte, una coppia di buoi seguiva arando la sua rotta obbligata. L’uomo, affascinato, sarebbe potuto rimanere lì per sempre,
“contento di galleggiare fra cielo e terra, distaccato da ogni forma di vita che conoscessi o avessi mai desiderato conoscere”.
Ma quando Dick si voltò, si accorse che non era più solo. Un cavaliere, fermato il cavallo sulla riva, guardò verso l’estuario per misurare il livello della marea. Un uomo in carne e ossa, Dick era esaltato ma anche atterrito dall’incontro stesso, da quel
“lungo arco di secoli che dividevano la sua epoca dalla mia”.
Il cavaliere non poteva vedere Dick, l’intruso nel suo tempo, il XV Secolo, perché la pozione rendeva chi la assumeva invisibile e inavvertibile. Dick l’aveva seguito, ecco la cittadina di Tywardreath completamente diversa, era un villaggio minuscolo composto da basse casupole dal tetto di paglia accatastate intorno a un gran prato, dove si aggiravano maiali, oche, due o tre cavalli zoppicanti e qualche cane randagio. Il cavaliere si era fermato davanti a un muro di cinta, oltre il muro si notava un edificio, certamente un monastero, poiché nel cortile si aggiravano alcuni monaci.
“Disprezzando sia il tepore e gli aromi stuzzicanti della cucina alla sua destra, che il conforto più freddo del refettorio con le nude panche alla sua sinistra, il cavaliere andò diritto a una porta al centro e salì una rampa di scale fino al piano superiore, dove un altro corridoio era sbarrato in fondo da una nuova porta. Dopo aver bussato, entrò senza attendere risposta”.
L’autrice di “Rebecca, la prima moglie”, nel romanzo dedicato “Ai miei predecessori a Kilmarth”, fonde abilmente realtà (esiste una precisa documentazione al riguardo) e fantasia, ponendo al centro della trama la storia del Maniero e del Priorato di Tywardreath. È ancora una volta la Cornovaglia che fa da sfondo alle intricate vicende dei protagonisti in un continuo viaggio nel tempo tra passato e presente. Mutevole e selvaggia estremità stretta della penisola Sud-Occidentale della Gran Bretagna, celebre per le spiagge e per le affascinanti scogliere a picco sul mare, tanto amata da Daphne du Maurier. Questa lunga e vasta penisola, che si protende verso l’Atlantico, diventò luogo di elezione della scrittrice e terreno fertile per ambientare i suoi famosi e appassionanti romanzi, come questo testo, dove appare
“una scogliera che scendeva a congiungersi col mare, che, restringendosi gradualmente, formava un vasto estuario in cui, affluendo verso l’interno, le acque seguivano il disegno frastagliato della costa fino a scomparire alla vista”.
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