L’uomo che non voleva piangere
- Autore: Stig Dagerman
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Via del Vento
- Anno di pubblicazione: 2014
Le opere inedite di un autore riescono spesso a svelarci tratti essenziali del suo stile, della sua personalità e della sua visione della vita, proprio perché poco note sia alla critica che ai comuni lettori. "L’uomo che non voleva piangere" (titolo originale Mannen som inteville gråta) di Stig Dagerman è un breve racconto pubblicato nel 1947 in Svezia per la prima volta ed in Italia nel 2014 con la traduzione di Marco Alessandrini dalla casa editrice Via del vento, nella collana Ocra gialla, dedicata a testi rari e inediti del Novecento.
Il libro racconta la storia del signor Storm, un uomo che lavora in un’azienda, ma la cui figura professionale non è ben definita perché si parla, per definizione del suo capo, di "un fedele servitore inviato nei vigneti", il quale viene convocato per un appuntamento nell’ufficio del suo datore di lavoro, per risolvere una delicata questione.
Dagerman narra di una misteriosa scomparsa di un’illustre "Grande Cittadina", la cui perdita ha addolorato tutta la nazione in cui si svolge la vicenda, provocando una commossa reazione in tutti gli abitanti, tranne il signor Storm.
Il motivo della convocazione è proprio questo: l’atteggiamento sconveniente tenuto dal protagonista di fronte a questo lutto, perché non ha pianto né si è scomposto di fronte a questa grave perdita. Tale atteggiamento non è ammissibile per la reputazione dell’azienda dove lavora e il signor Storm è chiamato a rispondere del suo comportamento, altrimenti rischia il licenziamento.
L’atmosfera affascinante e misteriosa con cui si apre il racconto rispecchia pienamente le caratteristiche dell’autore, capace con il suo straordinario talento di tenere desta l’attenzione del lettore con un ritmo narrativo, uno stile raffinato e una suggestiva capacità di evocare immagini che rendono la storia interessante dal primo all’ultimo rigo.
Il signor Storm viene invitato dal suo Capo a rimanere chiuso nell’ufficio dei rappresentanti insieme al signor Jockum, un suo collega, per riflettere sulla situazione e lasciarsi andare ad un pianto con cui poter rimediare al comportamento "sbagliato" tenuto precedentemente.
Il finale della storia è commovente e sorprendente al tempo stesso ed è giusto non svelarlo; conferma la capacità dell’autore di sorprendere il lettore attraverso una grande sensibilità poetica e una narrazione originale.
Il protagonista del racconto può per molti aspetti ricordare la personalità di Stig Dagerman, uomo di grandi ideali e dotato di grande umanità, ma condizionato dalle regole e convenzioni sociali del suo tempo, che imponevano all’uomo di essere forte e di non mostrare apertamente i propri sentimenti. Il pianto, visto erroneamente come una forma di debolezza, non era ammissibile per una persona di successo, che godeva della stima della società e la realtà odierna da questo punto di vista non sembra essere cambiata. L’autore su questo tema sviluppa un racconto che ha molto di autobiografico, perché ha vissuto in prima persona questa esperienza.
Stig Dagerman è uno scrittore straordinario nel saper descrivere la psicologia del genere umano, il "bisogno di consolazione", parafrasando il titolo di una sua celebre opera, e il desiderio di essere compresi per sentire alleviate le sofferenze della vita.
Sembra un paradosso, ma Stig Dagerman ha amato la vita e l’ha idealizzata al punto da rimanere tanto condizionato dalle delusioni subite da non riuscire ad andare avanti. La sensibilità che mostra nei suoi libri rende la lettura delle sue opere un’esperienza di grande intensità e coinvolgimento emotivo.
La descrizione d’apertura di questo racconto è così ben caratterizzata da permettere al lettore di immaginare benissimo la scena attraverso la presenza di immagini come la buia stanza dove il signor Storm viene convocato, l’improvvisa comparsa del suo Capo e il ricordo di un film poliziesco americano visto la sera precedente dal protagonista.
Questo libro merita sicuramente attenzione non tanto per la sua trama, che è certamente ben sviluppata, ma per il tema che affronta: è giusto non esprimere le proprie fragilità, le proprie emozioni, i propri sentimenti per difendere un’immagine di forza apparente associata spesso erroneamente all’immagine della persona famosa, all’intellettuale, all’artista? Stig Dagerman avrebbe probabilmente voluto utilizzare il pianto o altre forme a disposizione dell’essere umano per esprimersi, riuscendo così ad affrontare meglio anche il dolore.
E’ giusto sottolineare che nonostante le indiscutibili responsabilità delle persone che non hanno saputo comprenderlo e stargli vicino nei momenti di forte depressione che ha attraversato, la sua totale sfiducia nella capacità degli altri di consolarlo e apprezzarlo pienamente lo ha portato a perdere ogni speranza nella vita senza mettersi nelle condizioni di essere aiutato.
Lo scrittore ed amico norvegese Tarjei Vesaas lo ricorda nel 1952, in occasione della collaborazione avuta con lui alla realizzazione di un dramma radiofonico intitolato "L’ultimo giorno", con queste bellissime parole:
"(Dagerman) guardava gli altri con una tale espressione d’innocenza che era impossibile trattenersi dall’amarlo".
L’umanità di questo autore è quindi evidente, le sue grandi potenzialità gli avrebbero potuto consentire di realizzare tanti progetti, ma nemmeno la scrittura è riuscita a dargli sollievo. Stig Dagerman per sua stessa ammissione ha preferito volersi nascondere, rimanere nel buio e non aprirsi così alla luce e alla bellezza della vita. Rimane la tristezza per una vita interrotta troppo presto, per la perdita prematura di un uomo di grandi doti morali, intellettive ed artistiche, ma è fondamentale a sessanta anni dalla sua tragica scomparsa, ricordarlo per tutte le belle opere che ci ha lasciato.
"L’uomo che non voleva piangere" è un libro piccolo ma prezioso, corredato da delicate fotografie in bianco e nero che ritraggono l’autore in alcuni momenti della sua vita. Una carezza, uno sguardo, un sorriso è ciò che simbolicamente chi scrive gli manda, mostrando quella comprensione, quel rispetto e quell’affetto che per tutta la vita ha cercato questo grande autore svedese.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’uomo che non voleva piangere
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