L’armonia dei frutti bacati
- Autore: Roberto Tiraboschi
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: E/O
- Anno di pubblicazione: 2023
Ho letto tutti i recenti romanzi di Roberto Tiraboschi, e mi ero abituata alle sue ricerche storiche accurate, ai suoi personaggi lontani nel tempo ma efficaci, inseriti attraverso una sapiente ricostruzione in un ambiente suggestivo, quella della Venetia delle origini, in cui le trame dei romanzi risaltavano attraverso intrecci sapienti e ricchi di un fascino misterioso. L’armonia dei frutti bacati, appena pubblicato da edizioni E/O, mi ha stupito, direi quasi spiazzato: ho dovuto fare i conti con un presente, quello della Milano prima e durante la pandemia di Covid-19, che mia ha rivelato un autore nuovo ed originale, molto attento alle dinamiche relazionali, affettive, professionali, che attraversano la società attuale.
Dinamiche osservate e descritte attraverso le vicende di tre giovani: due donne, Sabrina e Milena, e un uomo, Guglielmo, che gioca il suo ruolo in mezzo alle due diciamo “amiche”, anche se il legame che le unisce, nel corso del romanzo, apparirà sotto diverse e contraddittorie sfaccettature.
Difficile riassumere la “non trama” di questo legame che si crea, quasi per caso, tra la bionda ed esile Milena e l’esuberante Sabrina.
Milena, torinese, aspira a fare l’attrice di teatro e vive a Milano, finanziata dai genitori; è una ragazza insicura, appartata, poco incline a comunicare, tranne che con Giulio, un collega con cui potrebbe mettere su uno spettacolo.
L’incontro con Sabrina, esuberante, piena di riccioli neri, avviene per caso in metro: frequentano la stessa scuola di Tai Chi, entrambe con poca voglia; si rivedono in metro, alla fine Sabrina segue Milena spaventata nel suo appartamento, resta a farle compagnia, e accetta la proposta di prendere in affitto una stanza in casa sua.
Sabrina è il prototipo della giovane donna precaria: è laureata, ma per pagarsi le spese (i genitori vivono a Gorizia) accetta qualunque lavoro; fa la barista in un pub in centro, corregge bozze, lavora in una galleria d’arte, accetta di posare per un anziano pittore un po’ in disarmo, che le ritrae nuda. Il rapporto fra due persone tanto diverse è complicato, e si complica ancora di più quando al pub compare Guglielmo, bell’uomo, elegante e curato, che si occupa di una attività vaga,
Guglielmo lavora perché ognuno impari a sentirsi a proprio agio con se stesso, devi trovare una sensazione di benessere interiore che ti permetta di realizzare i tuoi sogni,
spiega Milena a Sabrina che si interroga su quest’uomo indecifrabile di cui la esile e tremante Milena si è perdutamente innamorata.
Nel trio di questi personaggi avverranno una serie di eventi che metteranno a nudo la fragilità di tutti loro: sono frutti bacati, ognuno per il suo verso, alla ricerca di quella che con un titolo efficace Raffaele La Capria aveva chiamato “L’armonia perduta”. Una Milano gelida, dove a stento fiorirà un glicine bianco piantato da Sabrina sul terrazzino della casa di Milena, dove il Covid ridurrà a zero ogni attività di questa città vitale e frenetica, da cui i più fuggiranno, spaventati da una pandemia inattesa e paurosa.
Una trama un po’ pirandelliana quella che Roberto Tiraboschi consegna alle pagine del suo inquietante romanzo: il capitolo 13 si intitola “Alzare il sipario”, non a caso.
Chi sono davvero Milena, Sabrina, Guglielmo? Quale la loro vera identità?
È possibile l’amicizia o è solo una falsa illusione? E l’amore, il sesso, l’affettività sono reali o sono solo trappole violente?
Il romanzo è scandito in tre parti, i cui titoli sono altrettante storie piene di poesia e suggestione, e, senza anticipare, è determinante il tema del romanzo nel romanzo, in una sorta di scatola cinese che mette noi lettori dentro l’ambiguità dell’opera letteraria, del ruolo del narratore, dell’inatteso finale.
Davvero una sorpresa, dunque, questo libro che mi ha sorpreso e coinvolto, rivelando un aspetto della sensibilità dell’autore e una capacità di andare a fondo nelle psicologia di personaggi diversi, contraddittori, ammalati di solitudine, incapaci spesso di relazionarsi in modo semplice alla vita, che sembra sfuggire continuamente loro di mano.
La precarietà dei lavori, l’incapacità di costruire esistenze ancorate a legami forti, ci mostrano una generazione sofferente, “bacata”, alla continua ricerca di un “ubi consistam”, che ci racconta un mondo adulto che forse non ha saputo dare certezze e che dovrebbe interrogarsi più profondamente.
L'armonia dei frutti bacati
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