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Recensioni di libri

L’amazzone del deserto di Pëtr Nikolaevič Krasnov

Scrittura & Scritture, 2018 – Nella collana che riscopre capolavori introvabili della letteratura internazionale di ieri, l’interessante e brillante scontro di genere e di progresso all’alba del 1900, in uno scenario asiatico inconsueto.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 29-01-2021

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L'amazzone del deserto

L’amazzone del deserto

  • Autore: Pëtr Nikolaevič Krasnov
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Anno di pubblicazione: 2018

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Quando il ciclone Fanny si abbatte sul presidio di Koldjat, nell’Asia russa centrale, il comandante Tokarieff non immagina che l’evento cambierà la sua vita e non sospetta quanto il nuovo che irrompe nel presidio, nei primi del 1900, potrebbe incidere sulla storia di Santa Madre Russia. Ma Fanny non è un cataclisma o meglio lo è, ma non nella forma di una calamità atmosferica: è una giovane ragazza moscovita e tutto avviene nel romanzo L’amazzone del deserto, pubblicato dall’autore russo Pëtr Nikolaevič Krasnov nel 1928 e riproposto novant’anni dopo dalle Edizioni napoletane Scrittura & Scritture (novembre 2018, 236 pagine), nella valida traduzione rinnovata di Sabina Ferri.
La collana VociRiscoperte, in cui tornano testi scomparsi che meritano di rivedere la luce, punta sul legame che un romanzo è in grado di stabilire con chi lo legge. Quello che conta di più in questo progetto particolare della casa editrice partenopea è ritrovare gioielli del passato per metterli di nuovo a disposizione del pubblico, nella certezza che anche dopo tanti decenni l’autore e la storia narrata saranno in grado di comunicare emozioni ai lettori.

Krasnov è uno scrittore effettivamente da riscoprire, in linea con la mission che si sono dati gli editori napoletani. Avete mai incontrato un generale che si è impegnato nella scrittura e non di memorie belliche o saggi di storia militare, ma di veri e propri romanzi, anche con contenuti prefemministici e di svolta sociale come questo?
La capacità di scrivere è derivata dall’essere stato corrispondente di guerra, ma Krasnov (1869-1947) ha scalata tutta la carriera militare. Di famiglia cosacca del Don, figlio di un ufficiale zarista a San Pietroburgo, ha studiato nella scuola militare di Pavlovsk e ha raggiunto il grado di tenente generale nell’esercito imperiale di Nicola II, nella prima guerra mondiale. Fedele al governo provvisorio di Kerenskij nato dalla rivoluzione del febbraio 1917, venne costretto a lasciare la capitale dopo quella sovietica di ottobre. Tornato sul Don, combatté contro i bolscevichi alla guida dei cosacchi bianchi schierati contro i rossi e liberò la Repubblica sovietica locale, cacciando i comunisti grazie all’apporto degli ex nemici tedeschi. Per un anno fu anche ataman, capo militare dei cosacchi nell’attuale Ucraina. Si batté tra le armate controrivoluzionarie sostenute dalla Triplice Intesa contro Lenin, ma il suo orientamento filotedesco lo mise in difficoltà, costringendolo all’auto esilio a Parigi e poi in Germania. Per i cosacchi rimase sempre un punto di riferimento, anche se non riuscì a riprendere la carica di ataman.

Tra le due guerre si affermò come scrittore, noto e apprezzato. Nel 1922 il primo titolo, nel 1936 l’ottavo in Italia.
Anticomunista viscerale, rivestì nella seconda guerra un alto grado nei reparti cosacchi della Wehrmacht, di stanza nel 1944 anche in Friuli, contro i partigiani italiani. Prigioniero degli inglesi dopo la resa tedesca del maggio 1945, venne consegnato ai sovietici, che lo condannarono a morte come collaborazionista dei nazisti e criminale di guerra. La sentenza fu eseguita nel gennaio 1947, a Mosca, nei sotterranei del carcere della Lubianka, impiccato per il mento a un gancio da macellaio.

Una vita movimentata, non più agitata però dell’amazzone che irrompe in un angolo remoto dell’impero sovietico, al confine con la Cina, nella regione dove si eleva una delle montagne più alte del mondo: il Trono di Dio.
Fanny la Pazzerella è Feodossia Nicolaievna Poliakoff e arriva a cavallo a sconvolgere il non impegnativo ma noioso servizio confinario. Snella, gambe lunghe, capelli ricci, vita sottile da fanciulla, ma gli occhi che sembrano maschili e un fare deciso rendono evidente la sua fierezza d’essere abbigliata da uomo, con un pesante fucile, un coltello, una cartucciera e un colbacco di pelo.
In breve, spiega all’attonito, ancora trentenne, comandante Tokarieff che sono lontani parenti. Il papà è morto sei anni prima e lei, rimasta sola, si è ricordata che il cugino Ivan è di stanza in un’eccitante regione esotica e ha deciso di raggiungerlo. Ha venduto tutto, possiede denaro, è decisa a vivere una vita indipendente, non ha bisogno di alcun aiuto da Tokarieff e gli intima di accettare il fatto compiuto.

Intorno a Ivan il mondo perde le certezze di sempre. Alto, ben fatto, con due baffettini biondi, ha quasi dieci anni più di Fanny. Per ragioni sue si tiene alla larga dalle donne e trova sconveniente che una di loro venga a infrangere le regole. Lei non può restare, deve capirlo, ma quella non ci pensa affatto. Risoluta e cocciuta, sa badare ai fatti suoi e nessun uomo può imporle la sua volontà, tanto meno invocando convenzioni e convenienze di un mondo ammuffito e superato.
Dalle premesse, il femminismo e lo scontro tra progresso (Fanny) e tradizione (Tokarieff) ci sono tutti, ma L’amazzone del deserto non si limita a questo registro e al conflitto di genere, tutto a vantaggio della ragazza volitiva sul cugino conservatore. Fanny ha deciso di andare a vedere da vicino la Cina, che si racconta misteriosa, affascinante, scossa da cambiamenti rivoluzionari, tanto che il corpo di guardia cinese ha abbandonato la postazione di fronte...

L'amazzone del deserto

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’amazzone del deserto

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