L’Arminuta
- Autore: Donatella Di Pietrantonio
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2017
La dentista abruzzese Donatella Di Pietrantonio scrive libri straordinari, giustamente apprezzati dalla critica ma soprattutto dal pubblico che mostra di aver amato il suo ultimo breve, commovente romanzo.
Il suo primo libro, “Mia madre è un fiume”, del 2011, ha la parola madre nel titolo.
“L’Arminuta” vuol dire in italiano La ritornata: ed è una delle poche concessioni che la scrittrice fa al dialetto della terra nella quale si svolge la storia raccontata nel libro, insieme a qualche frase di dialogo, e a una coperta abruzzese che tiene caldo alla giovane protagonista, nel paese dove è stata costretta a ritornare. Infatti, la ragazzina appena tredicenne, dopo aver vissuto in una città di mare con la madre Adalgisa ed il padre maresciallo dei carabinieri, in una bella casa con il giardino, con amiche, scuola di danza, piscina, divertimenti, si ritrova, improvvisamente, riportata come un pacco nel paese dove è nata, dalla sua vera famiglia: i genitori infatti, pieni di figli e di debiti, avevano accettato di cedere la piccola, non ancora svezzata, alla cugina sterile che viveva con agio in città. I legami erano stati quasi del tutto recisi, ed ora, siamo nel 1975, improvvisamente, la ragazza si trova lasciata dal padre/zio nel paese dove l’aspetta una madre silenziosa, distratta, rigida, famiglia anaffettiva, poverissima, dove la violenza regna nei rapporti, dove si mangia poco e male, dove non c’è neppure un letto per la ritornata che è costretta a dormire nello stesso letto puzzolente e sfondato con la sorella minore Adriana, una sconosciuta fino a quel momento, con la quale tuttavia nasce presto una vera relazione osmotica, anche se le due ragazze sono diversissime: ordinata, pulita, studiosa, talentuosa la ragazza cittadina, selvaggia, animalesca ma profondamente umana e piena di senso pratico, fortemente protettiva nei riguardi della sorella maggiore Adriana. L’anno che la narratrice di questa storia originale e piena di fascino discreto trascorre nel paese povero che è quello delle sue vere origini, dilaniata dal non amore per le due madri, sofferente per il doppio abbandono, per il mistero che circonda la sua storia di cui tutti sembrano conoscere i segreti, meno che lei stessa, mentre arrivano dalla città vestiti, mobili, regali che pur essendo necessari non sono tuttavia una risposta al vuoto profondo che circonda la sua affettività.
La professoressa di lettere, una volta ancora una insegnante, la Perilli, può indirizzare verso la salvezza: capisce il valore della ragazza, le sue notevoli capacità e si impegna a che venga iscritta al liceo cittadino, sia in qualche modo restituita a quella realtà sociale ed affettiva che le era stata così brutalmente sottratta con una sorta di inganno. In molti punti del libro la narratrice ormai adulta e forse realizzata, sta ricordando questo suo difficile passato e noi soffriamo con lei, le siamo vicine mentre tenta di capire a chi e dove appoggiarsi, chi può essere l’oggetto del suo amore, da chi deve guardarsi.
La vita in campagna, dolorosa non solo per la grande miseria, per la disoccupazione, per le superstizioni ancora vincenti, per l’arcaicità dei rapporti familiari che fanno pensare a realtà sociali indietro di almeno un secolo, ci ricordano come il progresso sia giunto in molte parti d’Italia solo molto recentemente.
La grande capacità narrativa di Donatella Di Pietrantonio sta nel padroneggiare una lingua che mette insieme un dialetto antico con il linguaggio della contemporaneità, le pieghe più profonde della psicologia di una adolescente sofferente con i turbamenti dovuti ad una familiarità rude, incapace di verbalizzare sentimenti, tutti racchiusi in smorfie, ghigni, mugugni, silenzi, percosse. Una sola carezza, ricevuta dalla ragazza che ha avuto ottimo all’esame di terza media, la destabilizza nel profondo per la sua eccezionalità dato il deserto affettivo nel quale è stata immersa.
Alcune pagine del libro sono nient’altro che poesia, capaci come sono di esprimere in modo icastico, sintetico, una sequela di sensazioni profonde:
“Non eravamo abituati a essere fratelli e non ci credevamo fino in fondo... Ansimavamo, sospesi sull’orlo dell’irreparabile”
dice la ragazza turbata dalle maldestre avances del fratello Vincenzo; il pensiero della donna ormai adulta che riflette sul tempo trascorso:
“Nel tempo ho perso anche quell’idea confusa di normalità e oggi davvero ignoro che luogo sia una madre”
ci parlano della potenza evocatrice della parola letteraria. La grande letteratura è fatta di scrittura alta, di periodi costruiti con maestria, di scelte lessicali preziose, ed è così raro saperle rinvenire nei tanti libri recenti: il tributo di Michela Murgia che la giudica una delle più importanti scrittrici italiane, e quello di Matteo Nucci che si è emozionato leggendo questo libro ricco de
“Le emozioni che solo la vera letteratura genera”
sono solo alcune delle risposte adeguate a questo romanzo realmente bellissimo.
L'Arminuta
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