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Recensioni di libri

Io e Zagor. La strada verso Darkwood di Moreno Burattini

Cut-Up, 2019 - “Io e Zagor” è un libro avvincente e appassionato, che ricostruisce non solo l’intenso rapporto tra il famigerato protagonista dei fumetti e il disegnatore che ne ha risollevato le sorti, ma anche una fetta importante di storia del fumetto e del costume italiani.

Mario Bonanno
Mario Bonanno Pubblicato il 22-04-2020

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Io e Zagor. La strada verso Darkwood

Io e Zagor. La strada verso Darkwood

  • Autore: Moreno Burattini
  • Genere: Fumetti e Graphic Novel
  • Anno di pubblicazione: 2019

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Avevo un cugino che stravedeva per i fumetti di Zagor. Io no, io stavo con Tex, chissà se per precoce inclinazione razionale. Il west di Zagor è un west meta-storico, aperto a mondi possibili, al fantastico e alla magia. In Tex il massimo dell’esoterico che può capitarti è di imbatterti in Mefisto: i 70 anni e passa della saga texiana si connotano come adesi al piano del reale, a un’accezione verista e dicotomica dell’Ovest americano (vigliacchi/eroi, buoni/cattivi); e d’altro canto al raziocinio tutto d’un pezzo del ranger in camicia gialla.

Anni prima di Dylan Dog, Zagor è stato l’anti-eroe umano-troppo-umano dell’universo Bonelli: coi cattivoni in qualche modo la sfanga sempre, però può capitargli di vedersela davvero brutta e talvolta di uscirne con le ossa rotte. Come si evince dall’ampia autobiografia Io e Zagor. La strada verso Darkwood (Cut-Up, 2019, mole kinghiana, ma lettura piacevolissima), che le strade di Moreno Burattini e dello Spirito con la scure dovessero incrociarsi significativamente (Burattini ne sceneggia e supervisiona le avventure dal 1991 a oggi) era scritto da qualche parte nel cielo dei fumetti.

Le 540 pagine di cui consta il volume raccontano dunque la realizzazione di un grande sogno. Di come, cioè, Moreno Burattini, nel tempo e col tempo, da San Marcello Pistoiese a Milano, arriva a consolidare la sua passione per Zagor, e più in generale per il fumetto italiano, fino a divenirne il nuovo deus ex machina. Oltre che una qualche felice combinazione astrale, gli sono giovati, in ordine sparso e a prescindere dal grado di rilevanza:
1) lo sviluppo progressivo di un’autentica ossessione per la letteratura a fumetti (sin dalla più tenera età corse in edicola, baratti, collezioni, e letture degli albi se possibile come le medicine: mattina, mezzogiorno e sera);
2) l’innegabile talento di scrittore (quando comincia con le strisce umoristiche e la creazione di autarchiche e fortunate fanzine, Burattini sta ancora sui banchi di scuola);
3) gli incontri decisivi che ti cambiano la vita (Sergio Bonelli - alias Guido Nolitta - & Galieno Ferri, sceneggiatore e illustratore storici del primo Zagor, in primis).

Andando avanti di questo passo sospeso, tra sogni che si avverano e realtà, in Io e Zagor gli aneddoti succosi non si contano. Così come non si contano i “dietro le quinte” della carriera di Moreno Burattini, intensa quasi come quella del suo eroe preferito. Alla bio di Burattini mancano solo i pellerossa e il panciuto Cico, e poi davvero si potrebbe parafrasare Flaubert e fargli sentenziare che Zagor c’est lui.

Scherzi a parte, vocazione, bravura e coraggio nelle scelte hanno fatto sì che il giovane sceneggiatore diventasse il famoso sceneggiatore di storie a fumetti che conosciamo. La seconda parte del volume ce lo restituisce impegnato nel computo tassonomico (un vero collezionista non si smentisce mai!) e nel commento dei suoi Zagor. Degli Zagor cioè scaturiti dalla sua penna negli ultimi trent’anni, risultati peraltro decisivi per il rilancio di un personaggio che in molti, negli Ottanta, giudicavano vicino al capolinea.

“In un’epoca come la nostra segnata dalle tensioni fra il Nord e il Sud del mondo, la foresta di Darkwood sembra proprio una metafora della nostra società multietnica, e uno come lo Spirito con la scure che cerca di smussare i punti d’attrito fra le diverse culture è forse più attuale oggi di quarant’anni fa. Dello Zagor di Nolitta mi è sempre piaciuta la caratteristica di vivere avventure solo apparentemente leggere e avventurose, o persino horror, che però riescono a scavare nell’anima e lasciare alla fine un nodo alla gola proponendo il dubbio se anche il mostro o il cattivo di turno non abbiano diritto alla pietà. Per quanto mio riguarda cerco di seguire l’esempio nolittiano.” (pag. 178)

Non esagero: durante gli anni Settanta, Tex e Zagor accendevano fra i lettori rivalità pari a quelle scatenate da Merx e Gimondi fra gli appassionati di ciclismo. Sono venuto su condizionato da questa dicotomia e da allora non ho mai voltato le spalle a Tex Willer. La novità sostanziale rispetto a un passato duro-e-puro, in cui accordavo alle strisce di Zagor fugaci sguardi di superiorità (evitate di dirmi cosa mi sono perso, perché lo so benissimo da me), la novità, dicevo, è che da qualche anno ho cominciato a seguirne le uscite parimenti a quelle di Tex (il primo amore non si scorda mai), non disdegnandone, persino, il recupero di qualche vecchio numero.

La lettura di questo tomo muscolare (nella forma) e gentile (nella sostanza) firmato da Moreno Burattini, mi conferma nella bontà della mia scelta: se è vero che Zagor è il re di Darkwood – e anche l’incontrastato sovrano degli albi d’avventura – Moreno Burattini ne è il promoter più appassionato, credibile e irresistibile che possa esserci in circolazione. Io e Zagor è avvincente, e non stanca. E c’è, anche, che dentro ci passa una fetta di storia recente e remota del fumetto e del costume italiani.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Io e Zagor. La strada verso Darkwood

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