In tutto c’è stata bellezza
- Autore: Manuel Vilas
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2019
Con una straordinaria forza narrativa, con una lingua realistica, incisiva, chiara, lo scrittore spagnolo Manuel Vilas, finora inedito in Italia, racconta in una sorta di autobiografia, la storia dei suoi genitori, del suo matrimonio fallito, dei suoi giovani figli, confessando nelle pagine del romanzo "In tutto c’è stata bellezza" debolezze, sconfitte, fragilità che hanno attraversato la sua vita.
Nato in una semisconosciuta cittadina spagnola al centro dell’Aragona, ai piedi dei Pirenei, Barbastro, che diventa nel libro una città mitica, rimpianta, il luogo dell’origine e dell’identità di spagnolo, a cui lo scrittore dichiara di tenere moltissimo.
Nelle pagine del romanzo emergono con forza le figure dei due genitori, entrambi scomparsi, intorno ai quali lo scrittore costruisce la sua narrazione. Il padre era commerciante di stoffe di pregio per i negozi sparsi in tutta la Spagna, sempre elegante, vestito con completi ordinatamente disposti in un armadio rosso, poco espansivo, non aveva mai abbracciato il figlio, ma pronto ad accompagnarlo in luoghi eleganti, a sciare in montagna, a visitare Madrid, che amava molto. Poi, da vecchio, era divenuto sedentario, ore davanti alla televisione e poi un cancro lo aveva divorato. Ma la sua presenza a fianco del figlio è costante, una sorta di ombra con la quale Manuel dialoga, bisticcia, si confronta. La ricostruzione del passato, la diversità dei modi di affrontare l’esistenza si condensano in una forma di rimpianto, di nostalgia di una vita irripetibile, perché la morte li ha separati.
Anche la madre è altrettanto presente nella mente e nelle riflessioni quotidiane del narratore. Una donna bella, terrorizzata dai temporali, appassionata dell’abbronzatura, che non conservava nulla, pronta a disfarsi di tutto, grande fumatrice di sigarette americane, disordinata, convinta che in casa ci fosse il demonio, amante dei profumi, le piacevano i polli vivi che uccideva con le sue mani. Sarà l’involontaria causa del divorzio del figlio, avrà le unghie dipinte con lo smalto rosso fino alla morte.
I genitori, i figli, nel romanzo vengono chiamati con i nomi di celebri musicisti: Wagner, la madre, Bach, il padre, Brahms e Vivaldi,i figli, Monteverdi lo zio amato. Un’epopea di una normale famiglia spagnola evocata nel corso di una storia che va dagli anni settanta ai giorni nostri: il narratore passa diverse fasi della sua esistenza, figlio, marito, padre, professore di materie tecniche, artista, alcolista, nostalgico, solitario. Madrid e la corte di Felipe e Letizia, Saragozza, Huesca, Ordesa, sono i luoghi visitati da questa lunga narrazione, a bordo di una Seat 600 guidata dal padre, in treno, in una Ford Fiesta vecchia. La Spagna e la famiglia sono protagonisti assoluti di questo lunghissimo romanzo, denso di riflessioni sulla vita e sulla morte, sulla qualità dei rapporti familiari, sull’amore e sul sesso, sulla società nel suo divenire dopo la conclusione della Guerra Civile, sul cambiamento di paradigma nelle relazioni tra genitori e figli.
Ad episodi della sua infanzia, della giovinezza, a cui si accompagnano rare foto in bianco e nero ritrovate per caso, lo scrittore alterna lunghe digressioni e domande retoriche su temi esistenziali comuni a tutti noi, che occupano lunghe ed inquietanti pagine del romanzo:
L’amore non esiste in natura. Esiste la morte istantanea?… Sappiatelo, non esiste la morte istantanea. Per una ragione semplicissima: perché la vita è forte, è sempre forte e robusta la vita. La vita non se ne va mai tanto tranquillamente. Si muore sempre con un dolore indicibile, insuperabile, inumano, indecente.
Quando sei padre, come lo sono io, lo sei di tutti i figli del mondo, non soltanto dei tuoi. Così funziona questa faccenda della paternità. Tutto il resto è politica.
Domande senza risposta, affermazioni coraggiose ed originali, una confessione sincera sui propri limiti, sulla povertà, sulla dignità, sulla malattia, sulla promiscuità sessuale, sulla pratica della cremazione, sugli eccessi, sull’amore per la sua patria e per la sua famiglia piena di difetti. A conclusione del volume una piccola raccolta di poesie, la cui traduzione, come quella di tutto il romanzo, si deve a Bruno Arpaia. Quella intitolata “Storia di Spagna” mi è sembrata la metafora dell’intero volume
Povero fu mio padre / molto povero, / e il padre di mio padre / e povero sono io.
Mai scoprimmo cosa significa possedere / né perché eravamo poveri / mentre altri non lo erano.
Poveri e colpevoli / il padre di mio padre , / mio padre / e io.
In tutto c'è stata bellezza
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