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Recensioni di libri

Il treno dei bambini di Viola Ardone

Einaudi, 2019 - Una vicenda vera raccontata da un’abile narratrice, che ebbe per protagonisti i miserabili ragazzini dei rioni più degradati di Napoli all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale.

Elisabetta Bolondi
Elisabetta Bolondi Pubblicato il 04-10-2019
Il treno dei bambini

Il treno dei bambini

  • Autore: Viola Ardone
  • Genere: Storie vere
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Einaudi
  • Anno di pubblicazione: 2019

È un’insegnante di liceo la napoletana Viola Ardone: la sua sensibilità nel raccontare questa storia dura, avvincente e delicata, testimonia la sua capacità di empatia con il mondo dei ragazzi, bambini, adolescenti e finalmente adulti.
Si può far rientrare Il treno dei bambini (Einaudi, 2019) nel novero dei romanzi di formazione? Forse, ma c’è molto di più nella vicenda vera raccontata da un’abile narratrice, che ebbe per protagonisti i miserabili ragazzini dei rioni più degradati di Napoli all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale.

Amerigo e la sua vicenda riassume la storia di cui tutti furono protagonisti: ha sette anni nel 1946 questo scugnizzo che insieme al suo amico Tommasino ne combina di ogni tipo, fuggendo da un basso dove abita con la madre Antonietta. Non ha le scarpe, Amerigo, o ne ha di usate e scomode e con quelle percorre la città in cerca di espedienti che consentano anche ai più piccoli di cavarsela in quel microcosmo di piccolo malaffare di cui gli adulti sono protagonisti. Capa e’ fierro traffica con Antonietta che nasconde sotto il letto merce proibita e lo frequenta malgrado lui sia sposato.
Poi nel rione si sparge la voce che i bambini che non hanno di che vestirsi e sono malnutriti e disagiati potrebbero andare al nord. Il Partito Comunista ha organizzato di farli adottare temporaneamente da numerose famiglie emiliane che si sono proposte di accogliere questi bambini per sottrarli alla miseria più totale. Le reazioni sono le più diverse: i bambini verranno mandati in Russia, deportati, rapiti, non torneranno mai più…

Maddalena Criscuolo è una giovane compagna, militante del Partito, che ha partecipato alla liberazione di Napoli, le gloriose Quattro Giornate e si impegna con coraggio e determinazione ad organizzare quello che per molti di quei bambini è un vero salvataggio, da fame, freddo, malattie. Amerigo viene dunque accompagnato da sua madre al treno, insieme agli altri, dopo che i ragazzini sono stati lavati, rivestiti, forniti di scarpe nuove e di un cappotto: al nord fa davvero freddo. La scena della partenza del treno è una delle pagine più intense di questo libro straordinario: al momento di salutare i genitori piangenti, i ragazzini si levano il prezioso cappotto e lo lanciano alle mamme, servirà agli altri fratellini rimasti al gelo dell’inverno imminente. Farà lo stesso anche Amerigo, anche se Luigi, il suo fratello maggiore, è morto di malattia, ma ugualmente Antonietta potrà farsene una giacchetta ed è proprio l’ultima immagine che Amerigo conserva di sua madre, quella della donna che stringe al petto quel pezzo di stoffa preziosa.
Il periodo che Amerigo trascorre a Modena, in campagna, con la sua nuova famiglia, è una parte fondamentale della storia italiana del dopoguerra. La famiglie contadine impegnate nella ricostruzione del paese attraverso l’impegno politico e sindacale, la solidarietà di classe, la cultura del lavoro e dei mestieri, vengono narrate attraverso i personaggi dell’austera Derna, dell’accogliente Rosa, del babbo Alcide, dei ragazzi coetanei che si chiamano Rivo, Luzio, Nario…

”Sebben che siamo donne, paura non abbiamo” è la canzone popolare che serpeggia nel lungo racconto, che vede Amerigo crescere amando la musica, incoraggiato dall’accordatore di pianoforte Alcide, che costruirà per lui, proprio per lui, un piccolo violino. C’è un lungo e commovente finale nel romanzo-verità di Viola Ardone Il treno dei bambini , c’è, affrontato da varie angolazioni, il rapporto profondo tra genitori e figli, veri o adottati, vicini e lontani, forse mai conosciuti, ma non meno amati. Un amore grande che supera la biologia, che si manifesta attraverso l’impegno politico e sociale, in un momento particolare in cui l’Italia, nord e sud, si sentì unita nella voglia di ricostruire un tessuto sociale lacerato.
Maddalena, Derna, Antonietta, la Pachiocchia, la Zandragliona, donne diverse, appartenenti a mondi distanti, sono testimoni coraggiose di un pezzo di storia italiana minore, forse, ma straordinariamente evocativa di un’atmosfera irripetibile. Una lezione che oggi ci serve, ci fa ripensare a noi stessi e alle nostre posizioni spesso cosi egoistiche, autoreferenzali, sostanzialmente perdenti in umanità e ricchezza spirituale.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il treno dei bambini

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Commenti: 5

  • Masini Giuseppa
    21 ottobre 2019, 19:59

    questo libro non è bello, è bellissimo,commovente. grazie per aver scritto un’opera cosi importante - spero venga letto da milioni di persone. L’argomento dovrebbe essere conosciuto nelle scuole !

  • guja
    26 ottobre 2019, 13:12

    non solo il libro è molto bello, scritto bene e calato nel linguaggio dei bambini senza essere stucchevole, ma ci racconta la storia vera accaduta in un’Italia dove la solidarietà e la generosità non erano solo parole per riempirsi la bocca. non conoscevo questa verità storica del periodo immediatamente successivo alla 2^ guerra mondiale e ne ringrazio l’autrice

  • Francesco
    21 novembre 2019, 09:04

    La vicenda di cui parla il libro è molto intensa ma era sta già trattata e raccolte le vere testimonianze da alcuni interessanti ricerche e documentari in cui i veri bambini (tra cui mio padre) e organizzatori hanno lasciato le loro testimonianze (tra questi c è anche un Amerigo che potrebbe essere il protagonista del romanzo?), la ardone ne fa un po’ una riduzione mettendo insieme tutti gli spunti delle ricerche di tanti, in una storia sola semplice e un po’ patetica, che sembra un romanzo per ragazzi e gioca su un linguaggio un po’ semplice che non rievoca il napoletano del passato, insomma sembra più un operazione commerciale che il capolavoro con cui è stato lanciato

  • Lea Desterini
    6 gennaio 2020, 00:39

    Un romanzo caruccio, niente di che. Storia prevedibile, un po’ melo, personaggi schizzati come statuine di un presepe. Insomma, c’è molto ma molto di meglio. Sui bambini, sul dopoguerra povero, su Napoli.

  • Emma Rotini
    15 gennaio 2020, 14:43

    Dichiarato un caso editoriale, la storia della Ardone si può dividere in due parti, ben scritte.
    La vicenda ha inizio nel 1946, subito dopo la seconda guerra mondiale, è ambientata per lo più a Napoli dove era diffusa una povertà profonda. Le famiglie erano decimate, soprattutto donne sole con figli che a fatica riuscivano a mettere insieme un magro pasto, con abiti usati, rigirati, rattoppati.
    Si potrebbe dire che il filo conduttore del libro siano ‘le scarpe’, tema che appare all’ inizio come un gioco che il protagonista, voce narrante e bambino fa, mentre cammina per le strade della città e che lo porta a pensare che nella conta di quelle rotte, meno rotte o nuove, accumula punti per conquistare la felicità.

    “Guardo le scarpe della gente. Scarpa sana: un punto, scarpa bucata: perdo un punto. Senza scarpe: zero punti, scarpe nuove: stella premio. Io scarpe mie non ne ho avute mai … mia mamma dice che cammino storto. Non è colpa mia. Porto le scarpe di altri. Hanno la forma dei piedi che le hanno usate prima di me. … Quando farò dieci volte dieci succederà una bella cosa, così è il gioco.”

    Le scarpe ritornano di tanto in tanto nella narrazione e la maggior parte delle volte fanno soffrire i piedi di Amerigo, quasi fino in fondo, quando un ciabattino - ’o solachianiello’ - di via Toledo risolve il suo problema.
    Un giorno Amerigo è costretto a lasciare il suo quartiere e parte per un lungo viaggio in treno insieme a tanti altri bambini poveri come lui. Grazie al partito comunista passerà un periodo sereno presso persone che lo accolgono con affetto. Poi però deve tornare dalla mamma, una donna fredda e severa, provata duramente dalla vita. Resiste qualche tempo fino a fare una scelta dolorosa, che lo porterà verso una vita diversa. Fino al ritorno momentaneo e obbligato, dopo diversi anni, nella sua Napoli, dove ritroverà le sue radici e la pace interiore, accompagnato sempre dal suo violino.

    “Davanti alla porta di casa sento il cuore in gola e le mani di ghiaccio. Non è solo l’emozione di essere qua dopo tanti anni… È paura… Tu non avevi paura di niente. Camminavi sempre a testa alta. La paura non esiste, mi dicevi, è solo una fantasia. Me lo sono ripetuto anche io, non me ne sono mai convinto...”

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