

Il popolo del blues. Sociologia degli afroamericani attraverso il jazz
- Autore: Amiri Baraka (LeRoi Jones)
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
Anche la persona più a digiuno di musica ha una vaga idea di cosa sia il blues: lo lega al jazz, ai neri americani, a una classe sociale bassa e a serate passate in club fumosi di Chicago o New Orleans. Magari riconosce i brani più famosi, e li gradisce pure. È già molto, ma si può sicuramente approfondire la materia. Quali sono gli impulsi che hanno portato alla nascita del blues, e in seguito del jazz e di tutte le sue varianti? Era una fuga dalla realtà? Una protesta? Un tentativo di riscatto? E quali cambiamenti ha portato? Per approfondire la questione, Il popolo del blues. Sociologia degli afroamericani attraverso il jazz (ShaKe, 2010, trad. di C. Antonelli e Raf Valvola Scelsi), scritto a metà degli anni Sessanta, resta un caposaldo. L’autore, Amiri Baraka (LeRoi Jones), non è un musicista ma un poeta, scrittore e saggista, dedito alla divulgazione culturale: e, in effetti, lo si intuisce subito, in quanto questo saggio si focalizza sull’aspetto sociologico, trattando in maniera molto marginale quello musicale.
Baraka non è un musicologo, e non opera un’analisi approfondita degli artisti o di qualche brano in particolare; anche le sue definizioni delle varie manifestazioni del jazz (cool jazz, progressive jazz, hard bop e simili) sembrano essere principalmente frutto di un parere personale, per quanto sicuramente coadiuvato da una certa conoscenza, piuttosto che di uno studio approfondito su spartiti e interpretazioni varie.
Ma quindi, qual è la scintilla che ha provocato la nascita del blues? Bisogna andare indietro, alle origini della schiavitù, quando i neri furono sradicati dalle loro terre, dalla loro Africa, per approdare in quel mondo, per loro quasi alieno, che erano gli Stati Uniti. L’impatto, violentissimo, non fu solo quello con una vita di schiavitù: tale condizione veniva infatti esasperata dal contatto con una realtà che non capivano e non volevano accettare. Fin dall’inizio, la divisione fra “negri dei campi” e “negri da cortile” (di solito i più vecchi e incapaci di reggere il lavoro duro), e la conseguente disparità di trattamento, iniziò a creare fratture. In ogni caso, davanti a una cultura così diversa, la reazione poteva essere il cercare a ogni costo di integrarsi (una pia illusione, in quanto la differenza con gli indigeni non stava nella lingua, nella cultura o nella classe sociale, ma nel puro e semplice essere neri), oppure l’attaccarsi ancora più decisamente alle proprie radici. E, quando un popolo cerca di conservare sé stesso in una situazione di questo tipo, lo fa principalmente attraverso l’arte, soprattutto la musica. Musica che, da “utilità” come era in origine (canti di lavoro, da matrimonio, da funerale, da qualsiasi occasione pubblica), iniziò a diventare pura e semplice “arte”. Che poi la differenza sia estremamente sottile, poiché anche l’arte ha la sua utilità e le sue particolari occasioni, lo ammette anche l’autore. Ma, mentre il blues, nato in concomitanza con la fine della schiavitù e con le grandi migrazioni, ha rappresentato “l’atto di nascita del nero americano”, il jazz ha conosciuto grande diffusione proprio in quanto svincolato dal discorso razziale e, non di rado, scritto ed eseguito da musicisti bianchi.
Non poche problematiche hanno riguardato il percorso dei neri per diventare veri e propri cittadini americani, e purtroppo bisogna constatare che ancora oggi, 60 anni dopo l’uscita di questo saggio, differenze e divisioni sono ancora radicate, sebbene con minore evidenza. La lettura di questo libro resta comunque un’esperienza che arricchisce sia dal punto di vista storiografico che stimolando la ricerca e l’ascolto dei vari musicisti e brani che l’autore nomina.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Un libro perfetto per...
Agli appassionati di musica che vogliono approfondire la materia
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il popolo del blues. Sociologia degli afroamericani attraverso il jazz
Lascia il tuo commento