Il mio canto di speranza
- Autore: Jean d’Ormesson
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Anno di pubblicazione: 2015
La domanda delle domande, la n.1, quella che non vi faranno mai in nessun quiz televisivo al mondo è questa: perché c’è qualcosa invece che niente? E’ un pleonasmo, lo capite bene da soli il perché questa è la Domanda che nemmeno il più perfido degli ideatori di giochi a premi farebbe mai. Perchè questa è "la" domanda che non contempla risposta. Semplicemente non c’è, è inutile, non esiste. Cervelli di gran lunga superiori a quelli di un concorrente di telequiz hanno provato a rispondere, con esiti, nel migliore dei casi, così così. In fin dei conti risulta perfino inutile arrovellarsi, c’è piuttosto da prendere atto di una contraddizione ontologica: veniamo dal niente e andiamo verso il niente, eppure frattanto siamo, così come sono i pesci, gli alberi, i lombrichi, l’universo, e tutto ciò che vive e ci circonda. La storia è un segmento di esistenza che deve confrontarsi con due grandi niente: l’infinitesimo secondo prima del Big Bang e l’attimo successivo a quello della morte. Il nulla è qualcosa di immanente all’esistenza. O lo accetti come dato di fatto o magari ti spari, senza che peraltro cambi di una virgola l’ordine delle cose. Tutto ciò che esiste, esiste come contingenza, in altre parole qualcosa di sospeso tra il vuoto spazio-temporale che precede la nascita e quello che segue la fine. Se, dal canto suo, Dio c’è, c’è come genio assoluto oppure come grande burlone, alla faccia di Einstein che sosteneva non giocasse a dadi con l’universo. Sulla fattispecie si esprime al contrario il sopraffino Jean d’Ormesson. Nel suo ultimo, struggente e poderoso “Il mio canto di speranza” (Edizioni Clichy, giugno 2015) ipotizza un Dio con la vocazione del “gioco” (volgarizzo molto), Uno a cui piace scommettere forte e vedersela col Caso e la Necessità, col libero arbitrio e/o un “semplice” passaggio di rondini (Dio è nel Tutto, il Tutto che è nel Niente), fermo restando l’assoluta indicibilità della sua essenza (dire di Dio è dire al contempo troppo e troppo poco). Incantando il lettore con l’acuta soavità della sua prosa d’Ormesson si produce qui in un excursus sull’origine, la fine, il senso primo e ultimo dell’universo, e quindi dell’uomo. Un saggio anomalo e bellissimo (nella sua anomalia), che “risuona” come un romanzo. Un libro di aforismi lucidissimi sulla metafisica, nel tentativo di penetrare il mistero del Nulla e non arrendersi al nichilismo, approdando, anzi, a una via d’uscita (la sola possibile), di sottrarsi all’abisso dello scoramento che ci attanaglia davanti alle fine. Un libro raffinato ed elegante, sul quale sarà piacevole - oltre che utile - tornare di tanto in tanto.
Il mio canto di speranza
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