Il libro della moda anticapitalista. Tra Karl Lagerfeld e Karl Marx
- Autore: Tansy E. Hoskins
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Il Saggiatore
- Anno di pubblicazione: 2024
A cominciare dagli anni Ottanta il sistema neoliberista, sotto l’appeal accattivante delle merci, ha cominciato a sua volta a occultare il marcio dello sfruttamento e della diseguaglianza sociale. Ammesso che non fosse impegnato in vagheggiamenti da yuppy o da broker, chi c’era all’epoca dovrebbe saperlo: con la supervisione congiunta di Reagan e della Thatcher, la marea del capitalismo sfrenato cominciava a montare inarrestabile e a invadere il pianeta, devastandolo con la scusa del progresso illimitato. Inquadrata da questi focus la moda si presta a epitome allegorica del neocapitale: benessere e bellezza di facciata e in passerella, e sottotraccia veicoli entrambi di un’immoralità che attraversa lo sfruttamento dei corpi come quello delle risorse e del pianeta. Alla luce di ciò risulta sacrosanto il titolo che la giornalista Tansy E. Hoskins ha dato alla sua indagine sulla moda: Il libro della moda anticapitalista. Tra Karl Lagerfeld e Karl Marx, pubblicato da Il Saggiatore nel 2024 con la traduzione dall’inglese di Alessandro Vezzoli, lavoro odisseico - quasi 400 fitte pagine -, muscolare nell’impegno e nella tesi di fondo.
"Sono riuscita a scrivere questo libro solo perché credo che la moda sia davvero qualcosa di splendido e affascinante ma terribile al tempo stesso"
afferma l’autrice. E come darle torto, del resto: gli abiti che indossiamo (compresi quelli comunemente detti “firmati”) nascondono sottaciuti di estesa prevaricazione. Non è un caso che il saggio della Hoskins dedichi le sue pagine iniziali alla tragedia del Rana Plaza in Bangladesh, nel 2013: più di mille persone rimaste uccise nel crollo di un edificio commerciale, una fabbrica fatiscente tra le tante edificate nelle zone depresse del pianeta, laddove mano d’opera e vita dei lavoratori (spesso bambini) si comprano a poco prezzo. Il mondo dell’industria tessile si regge insomma su trame ulteriori a quelle dei nostri vestiti; trame nere, peraltro acclarate, ma consumate nell’indifferenza dei più: monopoli industriali, violenza, sessismo, violazione dei diritti dei lavoratori e delle donne, distruzione ambientale, razzismo culturale, disturbi alimentari.
La prima volta in cui assistetti faccia a faccia alle durezze della produzione dell’abbigliamento fu nel 2008, durante un viaggio di ricerca a Dharavi, il famigerato quartiere povero di Mumbai, una città nella città popolata da oltre un milione di persone. Ci aggirammo tra vicoli angusti fiancheggiati da officine stipate da lavoratori bambini che perdevano la vista cucendo vestiti. Molti di questi laboratori erano anche unità abitative, sopra le quali stavano appollaiate stanze dove vivevano intere famiglie. Ci arrampicammo su una scala traballante per parlare con alcuni bambini schierati davanti a un telaio. Altri stavano seduti sul pavimento di assi di legno a infilare perline in scialli di lusso. ‘Piccole dita per piccole perle difficili’ commentò la nostra guida scuotendo tristemente la testa.
Siffatto è il traguardo raggiunto dal piano di invasione globalista di cui, secondo alcuni, si dovrebbe andare fieri: la fetta occidentale del pianeta ridotta al rango di consumatrice perenne e l’altra parte impiegata come esclusiva forza lavoro, depauperata al punto da avere come unico obiettivo la sopravvivenza quotidiana. Ma attenzione: la coraggiosa inchiesta di Tansy E. Hoskins non si limita alla mera redazione del libro nero della moda – compresa la moda dei fast fashion online, la moda che detta leggi, affastella introiti miliardari e sfila sui red carpet di lusso. Il suo Libro della moda anticapitalista fa di più: muove dalla denuncia dei misfatti della moda per approdare a un discorso lato e politico dell’affaire, investendo un comparto sociale alienato dove il capitalismo impone leggi, invogliando al consumo senza soluzione di continuità.
Se da un lato, attraverso industria tessile, il liberismo manipola le coscienze schiaffandoci in faccia l’inadeguatezza rispetto all’avvenenza patinata della moda, dall’altro reifica a esclusivi oggetti di desiderio le modelle, mantenendo a salari al limite della povertà i lavoratori del settore. In altre parole e stando così le cose, secondo Tansy E. Hoskins la moda altro non sarebbe che lo specchio oscuro del sistema capitalistico globale. Ne discende il ritorno disalienante a Karl Marx, fra i più acuti a evidenziare le contraddizioni della macchina stritolante del Capitale. Le parole con le quali l’autrice chiude l’introduzione al volume (un saggio-inchiesta ottimo e coraggioso) anticipano la pars costruens anticapitalista e insieme la teleologia dell’intero lavoro:
Spero che “Il libro della moda anticapitalista" riporti il capitalismo a fuoco, anziché collocarlo troppo vicino all’obiettivo per essere visto. Il mio scopo è tirare un filo del sistema capitalistico e rivelare ciò che si nasconde dietro i vestiti che portiamo. Nella speranza che, alla fine del libro, voi vogliate continuare a tirare il filo fino a disfare completamente il sistema per cucirlo da capo e realizzare qualcosa di nuovo e di bello.
Non fosse - temo - troppo tardi, sarebbero parole da mandare a memoria.
Il libro della moda anticapitalista. Tra Karl Lagerfeld e Karl Marx
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