Il cuore degli uomini
- Autore: Nickolas Butler
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Marsilio
- Anno di pubblicazione: 2017
I ragazzi sanno essere crudeli con i coetanei solitari. Non è necessariamente bullismo, è una corteccia di insensibilità che favorisce comportamenti cinici, privi di qualsiasi compassione. È qualcosa che si annida dentro di noi, in quel mistero che resta “Il cuore degli uomini”, titolo efficace del romanzo di un narratore americano, Nickolas Butler, pubblicato a febbraio 2017 da Marsilio (pp. 410, euro 19,00).
Nelson è il primo a scuola, certamente lo studente più volenteroso, di gran lunga lo scout più premiato, ma negli sport è una frana e tutto questo lo rende impopolare tra i compagni. Non ha amici.
Al suo tredicesimo compleanno, nel 1962, ha invitato da un mese tutti i ragazzi del gruppo scout, ma quel pomeriggio non si presenta nessuno. Non uno. Le lacrime gli calano dietro le lenti da secchione. Il padre Clete lo sgrida duramente:
“questo piagnisteo, questo piagnisteo”.
Lo picchia con la cintura per la sua debolezza, come del resto sta facendo sempre più spesso negli ultimi tempi. E la mamma non ce la fa a fermare la furia del marito, pur mettendosi in mezzo tra i due. Neanche loro sanno quanto gli piacerebbe aver un fratello.
All’improvviso, il miracolo:
“Cavolo, mi dispiace aver fatto tardi”.
Dal retro del giardino spunta Jonathan Quick, il semidio della scuola. Quindici anni e già un metro e ottanta: nuotatore di punta del team scolastico, attaccante della seconda squadra di football, interbase di riserva della formazione B di baseball, componente del coro e costruttore di modellini ferroviari. È in piedi nel vialetto di Nelson, con una scatola incartata con le pagine delle vignette e un fiocco rosso.
Al campo scout Chippewa, Jonathan è l’unico a difenderlo dagli scherzi e prepotenze degli altri. Non lo chiamano Nelson, ma il Trombettiere e lo emarginano, perché lo considerano un imbranato, perché lo vedono comportarsi diversamente. E il fatto d’essere il migliore scout non lo aiuta affatto, anzi è un’aggravante.
Al campo arriva il momento della sfida a rubabandiera. I ragazzi si dividono in due “truppe” e progettano strategie di assalti e difese che somigliano ad azioni militari. La truppa che vince potrà ricevere 25 dollari, racimolati dall’altra con una colletta. Alla squadra perdente tocca pure una punizione disgustosa: recuperare un nichelino gettato appositamente chissà dove nella latrina.
Quella capeggiata da Jonatham soccombe e il “nemico” Jack pretende che uno degli sconfitti vada a ravanare laggiù per recuperare la monetina.
Tocca a Nelson. Lo calano in quello spazio orribile, angusto, l’odore è insopportabile. Si muove coperto di escrementi e carta igienica. Vomita a ripetizione. Jonathan si impone sui suoi e fa tirare su il ragazzino, che esce sporco, puzzolente, ma sorridente, come se avesse trovato una perla sul fondo dell’oceano. Tra le dita stringe il nichelino.
Gli altri ragazzi per la prima volta mostrano atteggiamenti di solidarietà nei suoi confronti, fanno a gara a portargli spugne, sapone, dentifricio. Gli fanno regali: un coltellino svizzero, un orologio. Ma qualcosa ha scosso Nelson. Si è dimostrato capace davanti a tutti, però ha compreso di avere più di un motivo di risentimento contro Jonathan. Glieli rinfaccia:
“tu hai accettato la scommessa, ma sono io che l’ho vinta. Io ho tenuto fede alla tua parola. E tu mi hai deluso”.
Trent’anni dopo, nel 1992, un quarantanovenne Jonathan Quick, presidente e amministratore delegato della Quick Trasporti, guarda il figlio Trevor, in procinto di partire per il campo scout.
Il ragazzo “pensa” di essere innamorato di Rachel, una sedicenne “fantastica”, piena di talento, campionessa di softball, appassionata di esoterismo. Dice che gli sta facendo cambiare idea su tutto. Ma non è oro tutto quello che luccica, tanto meno nella narrativa di Nickolas Butler (per Marsilio è uscito nel 2014 il romanzo d’esordio “Shotgun Lovesong” che ha conquistato pubblico e critica).
È attraverso questo sedicenne che si apprende di un Nelson diventato un mito. Nelson, eroe in Vietnam tra i Berretti Verdi e leggendario capo scout. Nelson, che sa fare i nodi da bendato a velocità impressionante, che fa centro da distanze impossibili, che solleva centocinquanta chili senza una goccia di sudore. Nelson
“che in Vietnam lo hanno fatti quasi fuori”
ed ha la spina dorsale tenuta insieme da frammenti di granata e Attak.
Jonathan pensa al Trombettiere, agli anni in cui non si sono parlati o si sono scambiati non più di due o tre lettere, specie quando era arruolato. Periodi seguiti da silenzi assoluti, fino a quando era arrivata la notizia inaspettata ch’era stato assunto per rimpiazzare Wilbur Whiteside, il leggendario capo scout del campo Chippewa.
Nelson non si è mai sposato dopo il Vietnam. Era troppo scosso. Ora dirige la Riserva Scout Whiteside.
I due amici s’incontrano e il “cuore” del romanzo è nel loro feeling, in quello che si dicono o non si dicono, soprattutto in quello che provano l’uno per l’altro.
Amici d’infanzia. È stato davvero così? Cos’erano l’uno per l’altro? I loro legami erano tanto deboli: estati insieme, una corrispondenza a distanza durante l’università e qualche bevuta o cena occasionale. Eppure, Jonathan scoprirà di volere un gran bene a quell’uomo, in qualche modo. Di essergli legato, per la vita improbabile che ha fatto, per il suo codice morale semirigido e la vecchia bussola che ha sempre avuto nel petto e che puntava nella direzione giusta: il vero nord dell’uomo.
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