Il colonialismo italiano
- Autore: Elisabetta Pauletti, Giacomo Malvassora
- Genere: Scuola
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2022
Dal 2020, le Edizioni del Capricorno di Torino hanno inaugurato una nuova collana, “Smart History”, agili monografie enciclopediche su temi di ampio interesse storico, sviluppati in sintesi efficaci e documentate, con il corredo di numerose immagini (centinaia a colori), in libri di formato normale.
156 pagine per Il colonialismo italiano, secondo volume in ordine di uscita (ma potremmo chiamarlo anche fascicolo, sotto tanti aspetti), edito nel 2022 dalla casa editrice torinese, a cura di Elisabetta Pauletti per la parte redazionale e dell’illustratore e fumettista Giacomo Malvassora per quella iconografica.
Il precedente, il primo Smart, è stato La seconda guerra mondiale e come prossime uscite sono annunciati La prima guerra mondiale e La resistenza.
Lo “strillo” delle edizioni torinesi lancia “Smart history-Il colonialismo italiano, tutta l’esperienza coloniale in 25mila parole e 100 illustrazioni”: fuori dai luoghi comuni, i personaggi della presenza italiana nelle colonie africane, le strategie politiche, le località e gli eventi bellici, gli accordi diplomatici, le grandezze, le miserie e le tragedie.
Una svelta lettura, per farsi rapidamente un’idea essenziale ma completa di un periodo ancora piuttosto inesplorato della storia nazionale, eppure ricco di suggestioni, curiosità, considerazioni essenziali.
I capitoli del libro: L’Italia entra nella mischia coloniale; L’epoca liberale di Depretis e Crispi; L’età giolittiana e la conquista della Libia; Il dopoguerra e le prime mosse del colonialismo fascista; Il colonialismo fascista. Libia e Somalia; La guerra d’Etiopia e la proclamazione dell’impero; Il consolidamento del sistema coloniale; La fine del colonialismo italiano.
Il termine “colonia” deriva dal verbo latino “colere”, coltivare. Nel mondo antico la colonia indicava un gruppo di persone che si trasferiva in un altro territorio, in genere poco abitato, per creare un insediamento stabile e sfruttare le potenzialità agricole, le ricchezze del sottosuolo, le opportunità mercantili. Si parlava in questo caso di colonizzazione, che in età moderna si è trasformata in colonialismo: occupazione e abuso di territori geograficamente lontani dalla madrepatria, aggrediti e fatti propri dalle potenze europee.
La presenza italiana oltremare, iniziata nel 1882 con l’acquisto della baia di Assab sulla costa occidentale del Mar Rosso, è formalmente terminata il 1 luglio 1960, con l’ultimo ammainabandiera a Mogadiscio, in Somalia. Ha interessato il nostro Paese per quasi ottant’anni e ha visto impegnati il Regno d’Italia d’epoca liberale, il ventennio fascista e la Repubblica nel secondo dopoguerra.
Ciononostante, l’elaborazione collettiva del nostro passato coloniale stenta a decollare. Conosciamo poco dei territori strappati con la forza e ancora meno delle violenze esercitate per decenni sulle popolazioni assoggettate.
Dopo l’Unità del 1861, nella prima fase e sotto il governo della Destra Storica, l’Italia non intese muoversi oltre i confini, per una certa resistenza della classe dirigente a invadere territori altrui: la lotta per la libertà e contro l’oppressione straniera aveva costituito le basi del Risorgimento. Due decenni avanti, l’ascesa al potere di Depretis e della Sinistra portarono alla ricerca di nuove opportunità per uscire dall’isolamento in campo internazionale. Questo dette il via, negli anni Ottanta dell’Ottocento, all’avventura coloniale italiana, sollecitata dall’ambizione di potenza, dal complesso d’inferiorità nei confronti degli Imperi europei e dalla presunzione ideologica della superiore missione di civilizzare ed evangelizzare i popoli considerati “primitivi”. Aveva un peso, inoltre, il tema demografico: l’occupazione di nuovi territori apriva un futuro agli italiani delle regioni più povere, altrimenti costretti all’emigrazione in altri Stati.
La disfatta di Adua del 1 marzo 1896 segnò la fine del colonialismo di Francesco Crispi. La guerra di Libia del 1911 aprì la fase giolittiana della quarta sponda e la guerra fascista contro l’Etiopia nel 1935-36 portò alla creazione del tardivo Impero coloniale italiano, cancellato di lì a poco dalla sciagurata partecipazione mussoliniana alla seconda guerra mondiale, al fianco dell’aggressore nazista.
Ma la caduta del fascismo e la sconfitta nel conflitto non segnarono la fine del colonialismo nostrano, anzi, fino agli anni Cinquanta l’Italia repubblicana avanzò richieste ufficiali per riottenere le sue colonie. In subordine, si propose per amministrare provvisoriamente la Libia, l’Eritrea e la Somalia, nelle more della creazione in quei nuovi Stati di strutture istituzionali e amministrative autonome. Ottenne dall’ONU solo l’amministrazione fiduciaria della Somalia, dal 1 aprile 1950 al 1 luglio 1960, quando l’ex colonia e il “Somaliland” britannico andarono a costituire la Repubblica somala.
Nel volume si riflette sulla rimozione nella memoria collettiva degli italiani di tutti gli aspetti più oscuri della nostra esperienza colonialista.
Si è verificato un fenomeno di autoassoluzione, si è diffusa la convinzione che non fosse necessario fare i conti con il passato coloniale. Perché la perdita delle colonie era stata una decisione internazionale e non il confronto diretto, armato o negoziale, con i popoli dominati. Si sopravvalutava il legame (vantato dal duce) del nostro colonialismo con le imprese civilizzatrici dell’antica Roma.
Nell’immaginario nazionale, prevaleva la presunzione della generosità del “bono italiano” verso i colonizzati, contro la prepotenza francese, inglese, tedesca.
In questo modo l’Italia giustificava il suo colonialismo, arrivando a mistificare la realtà, a riabilitare i protagonisti di quelle imprese, a operare censure autoassolutorie.
Il colonialismo italiano. Smart history
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