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Recensioni di libri

I barbari di Edward James

Il Mulino, 2016 - E li chiamarono “non civilizzati”... Chi erano i barbari? Risentiamo tutti ancora della lettura negativa che ne dettero i Greci e i Romani, per i quali “barbari” erano quanti vivevano al di là dei confini dell’impero.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 01-09-2016

5

I barbari

I barbari

  • Autore: Edward James
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Saggistica
  • Casa editrice: il Mulino
  • Anno di pubblicazione: 2016

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Arrivano “I barbari”, che poi è un saggio dello storico Edward James, docente emerito dell’University College di Dublino, pubblicato da il Mulino (collana Storica paperbacks, pp. 464, euro 15,00) in una nuova edizione ad aprile 2016, dopo la prima del 2011.
Barbaro, dunque, un termine pesantemente dispregiativo, che lo storico irlandese si impegna a riscattare.

Per cominciare, nonostante l’eccezione con cui è entrato nel gergo successivo, non vuol dire necessariamente “selvaggio” ma semplicemente “straniero”. Quanto meno per cominciare, perché non romano, cioè proveniente da fuori dell’Impero, è il significato che gli dettero i Romani, mediandolo dai Greci. Col tempo si estese negativamente a “non civilizzato”, sempre dal punto di vista di chi mantenne l’esclusiva nel descriverli, visto che non esprimevano una cultura scritta.
Tra loro non ebbero niente in comune, eccetto l’etichetta infamante. Germani e Celti sono le grandi etnie in cui possiamo dividerli. La parola Slavi appare solo nel VI secolo.
I Celti (o Galli per Roma) parlavano una delle lingue celtiche e si stanziarono un po’ dovunque nell’Europa occidentale, sebbene esprimersi in un idioma celtico non sia un indice certo di appartenenza biologica a una razza celtica. Oggi hanno discendenti tra i bretoni, i gallesi, gli irlandesi e gli scozzesi.
Quanto ai Germani (che ora includono olandesi, tedeschi, scandinavi, islandesi e inglesi) parlavano una delle lingue germaniche. Gli Slavi (russi, polacchi, cechi, serbi) una lingua slava.
Non c’è niente di politicamente scorretto nel termine barbaro, fa notare Edward James, specie laddove non si condividano i pregiudizi dei Romani. Espressero una cultura di cui siamo in grado di apprezzare il valore artistico. Secondo Borst, “barbaro” è anzi una parola chiave nella storia europea: ha contribuito a definire l’Europa stessa e la sua civiltà. Il lavoro di James parla delle diverse popolazioni, che tra il III e il VII secolo, con le loro migrazioni (“invasioni” per i Romani), trasformarono il continente. E l’età antica divenne Medioevo.
Tre i momenti in cui si suddivide la storia dei barbari: la formazione di gruppi etnici all’interno e all’esterno del mondo romano (secoli I-III), lo stanziamento come nuclei autonomi sul territorio dell’impero (secoli IV-V) e la definitiva sostituzione delle istituzioni imperiali con forme statuali derivate dall’incontro tra Roma e barbari (secolo VI).
In “I barbari” non viene formulata un’unica tesi e, di conseguenza, un’unica conclusione. L’intento è di presentare non solo la storia dei barbari, ma di affrontare anche i dibattiti accademici controversi, spesso inconcludenti, che li hanno riguardati.

“È probabile che la civiltà non consista tanto nella capacità di scrivere libri (che i barbari non ebbero) ma nel trovare le cose giuste da metterci”.

Va ridimensionato anche l’impatto sull’Impero romano: i barbari non lo distrussero, ma vi giocarono un ruolo complesso, con differenze nei diversi periodi di tempo ed aree geografiche. Non quantificabile, in definitiva.
Ogni epoca ha reinventato i barbari secondo le proprie finalità. A lungo, la loro storia è stata manipolata a vantaggio dei nazionalismi moderni. Ha rappresentato la base del mito delle nazioni, che hanno mandato a morire milioni di persone nel XX secolo.
Al momento possiamo riscontrare diverse tendenze. Alla vigilia del Duemila, ad esempio, una ricerca finanziata dall’European Science Foundation ha messo l’accento sul processo di assimilazione nel mondo romano. Evitare di insistere su radici di conflitti etnici e su guerre distruttive è una lettura ispirata ai principi etici dell’Unione Europea. Proprio la crescita dell’Unione continentale, dopo la caduta della cortina di ferro, ha determinato l’apertura di nuovi orizzonti sui barbari, che stanno determinando importanti cambiamenti. In tutta Europa sta crescendo la collaborazione tra gli studiosi. Inoltre, i lavori pubblicati in Europa centrale e orientale cominciano ad essere conosciuti in Occidente molto meglio di un tempo, e viceversa. Un approccio strettamente nazionalistico allo studio dei barbari d’Europa non ha mai avuto alcun senso.
Si va concretizzando sempre di più la tendenza a guardare all’Europa tardoantica come a un tutt’uno, dall’Atlantico agli Urali.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I barbari

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Commenti: 1

  • Patrizia Falsini
    6 agosto 2018, 19:49

    Ottima la recensione , ma ritengo che ormai nessuno condivida l’opinione che i presunti barbari fossero solo dei selvaggi privi di una cultura propria. Putroppo la scuola per molto tempo ha suffragato questa idea.

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