

Génie la matta
- Autore: Inès Cagnati
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2022
L’ondata migratoria che tra la prima e la seconda guerra mondiale portò ottantamila italiani nel sud della Francia era ingrossata dal sale della speranza che da sempre accompagna ogni migrante, la speranza di una vita meno dura e avara. Quel fiume lo solcarono anche i genitori di Inès Cagnati, due braccianti agricoli veneti che, come tanti altri, lasciarono un’esistenza ingrata per una che si rivelerà non meno ingrata. Cresciuta in povertà a Monclar-d’Agenais, dov’era nata nel 1937, Inés parlò soltanto l’italiano finché non andò a scuola; visse per anni in un ambiente ostile che le faceva sentire come una spina nel fianco l’appartenenza a una lingua, una cultura e un’estrazione sociale diverse da quelle delle compagne. Si impadronì comunque della lingua francese, conseguì una laurea triennale e insegnò in un istituto scolastico prestigioso.
Il disagio doloroso provato in gioventù, il senso di estraniamento e di solitudine alimentano il lievito di una scrittura che racconta la realtà aspra e misera in cui Inès era cresciuta e smaschera il falso mito, come annotò Joanna Scutts sul “The Paris Review”, di una Francia rurale genuina e incontaminata, frutto più di una chimera rousseuiana che di una osservazione realistica.
Génie la matta (Adelphi, 2022, pagine 184, trad. E. Marchi), secondo dei tre romanzi che Cagnati scrisse, vincitore del Prix de Deux Magots nel 1977, ha come voce narrante quella di Marie, figlia della protagonista, bambina affamata dell’amore della madre e oppressa dall’angoscia dell’abbandono.
Génie corre di qua e di là, zappa le vigne e i campi di piselli, taglia le siepi e la legna, raccoglie la frutta, d’autunno sfoglia il granturco, tutto in cambio di un po’ di cibo. Marie fatica a tenerle dietro con le sue gambette, l’aiuta come può, le corre vicino. “Volevo amarla ogni minuto della mia vita – racconta – perché mi volesse, la seguivo dappertutto”. Génie le dice come un leit-motiv “Non starmi sempre tra i piedi”, ma a volte la prende in braccio o la stringe a sé senza una parola a sera, prima di distendersi, stremata, sul giaciglio.
Nata dallo stupro che Gènie ha subìto da un muratore a diciassette anni, anche Marie riceverà la stessa offesa. È solo una ragazzina, ha davanti a sé ancora abbastanza vita per accogliere l’amore e anche la tragedia. L’uno e l’altra saranno momenti fondamentali della sua esistenza.
Nell’intervista di Laurence Paton alla scrittrice posta in appendice al romanzo, Inès Cagnati spiega la “follia” di Génie, che è poi nel mutismo che lei oppone alle altrui ingiurie, come lo sguardo di un’intera comunità sul capro espiatorio. Gènie è giudicata matta perché si carica dei mali che agli altri non toccheranno. Come gli ebrei, gli indemoniati e le streghe, fa pensare a chi si crede “normale” e virtuoso di vivere in zona salvezza.
Due degli scrittori che Cagnati cita nell’intervista fra quelli che l’hanno influenzata di più, Salinger e Marguerite Duras, danno conto, almeno in parte, di una prosa sorvegliata e concisa che si addolcisce nelle descrizioni della natura. Uno stile “silenzioso”, dice la scrittrice stessa, che vuol essere fedele al silenzio di Gènie e di Marie.

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Francia meridionale, prima metà del Novecento.
Génie è madre di Marie, concepita da uno stupro.
Marie chiama sua madre "Génie la matta" perché la chiamano in paese così.
Che sia davvero matta o meno, Marie non se lo chiede. Marie qui è solo figlia e cerca da sua madre abbracci, carezze, passi allineati ai suoi, invece deve correre per non perderla di vista e deve aspettare la sera per vederla tornare dalle fattorie in cui lavora, china, silenziosa.
Gli abbracci che Marie figlia riceve in questa storia sono pochissimi, forse due, tre. E terminano presto, a sopraggiungere è il sonno della madre, prima delle ninne nanne, delle carezze, per le quali non c’è tempo, né esiste consuetudine.
Ma Génie ama sua figlia, l’amore vogliamo intercettarlo nel suo ritorno la sera – nonostante tutto, lei ritorna -, nel cibo presentato a tavola, seppur povero, nella vacuità del non detto o del detto poco – “Marie studierà” – che sa di riscatto da una esistenza che a lei, a Génie, non ha dato nulla.
I capitoli brevi e la scrittura dalla sintassi al limite dell’elementare veicolano un lirismo sgomento e sono inversamente proporzionali alla portata emotiva della storia. Il contesto agreste, la sinestesia di odori, immagini, tatto sono descritti con tale esuberanza da ricondurre a un panismo NON di dannunziana memoria - che è fusione edonistica tra uomo e natura - , bensì di diversa e doppia funzionalità: la natura attorno a Génie è fatìca, è leopardianamente matrigna.
Génie NON è la terra che lavora, non si identifica con la vita nelle fattorie, tra un bestiario umano e animale: lei in quella vita è stata scaraventata, vi soccombe, vi si annulla e non instaura con essa un rapporto di parità con ringraziamenti finali, come fanno invece i contadini.
E’ invece ebbrezza, vitalità, autenticità di rapporti per Marie, che identifica quella dimensione con il suo mondo, un mondo che le permette di sognare – non amerà i cambiamenti di casa e tragitto, i passaggi in automobile che calpestano sentieri e orme di madre e figlia, che accorciano i tempi di percorrenza e sottraggono vista e odorati.
Una scelta azzardata di cambiamento sarà fatale e darà ragione a certa religione dell’ostrica verghiana che avevamo relegato in una fine Ottocento italiano.
In questo panismo per contrasto – in Génie – e per analogia – in Marie, si snodano le poche, essenziali vicende della trama, più che altro SITUAZIONI dall’esito ineluttabile e che si vorrebbero bloccare nel loro procedere inquietante, orribile a tratti.
A fine lettura di GÉNIE LA MATTA resteranno lo stordimento nella sinestesia di una natura descritta mirabilmente - a volte partecipe delle piccole gioie di Marie, altre volte indifferente ai drammi che serpeggiano capitolo dopo capitolo - e il dolore per non essere stati capaci di cadere nelle pagine, prendere per mano madre e figlia e salvarle.