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Recensioni di libri

Fiammiferi. Storia di una morte iniziata tardi di Roberto Iossa

Scatole Parlanti, 2022 - La trama del romanzo, garbata e sensibile, si erige su un percorso personale del dolore del protagonista, di inquietudine e di profonda malinconia, un mal di vivere che indurrà il lettore a più di un’emozione, a riflessioni sulla morte e sulla vita.

Teresa D'Aniello
Teresa D’Aniello Pubblicato il 30-01-2023
Fiammiferi. Storia di una morte iniziata tardi

Fiammiferi. Storia di una morte iniziata tardi

  • Autore: Roberto Iossa
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Anno di pubblicazione: 2022

Luca racconta la sua storia, quella di un ragazzo che frequenta il liceo scientifico, che ha come amico Carlo il suo compagno di banco, che ascolta la musica di Nevermind dei Nirvana, che scrive un diario conservato gelosamente nel suo zainetto sporco e rattrappito pieno delle sue cose, e che è morto a diciannove anni in un mercoledì uggioso e malinconico, in un incidente stradale nel quartiere, tra vicoli e cortili più antico di Pagani. Ha sempre vissuto lì, in una cittadina tra Salerno e Napoli, che non amava per nulla nonostante dal suo balcone lo salutasse il Vesuvio, con per lo più pizzerie, centri scommesse e nessuna biblioteca.
Si chiederà a scuola studiando Michelangelo che all’età di vent’anni aveva realizzato la Pietà, cosa avrei potuto fare io a vent’anni? Lo spirito di Luca è intrappolato nelle pagine del libro, in un racconto tra il vivere un presente ora che non c’è più, e il passato vissuto.

Fiammiferi. Storia di una morte iniziata tardi è il romanzo d’esordio di Roberto Iossa, nato nel 1994, laureato in Storia e critica dell’Arte presso l’Università degli Sudi di Milano, autore e collaboratore di una testata web di divulgazione culturale.
La trama del romanzo, garbata e sensibile, si erige su un percorso personale del dolore del protagonista, di inquietudine e di profonda malinconia, un mal di vivere che indurrà il lettore a più di una emozione, a riflessioni sulla morte e sulla vita.

Che strana cosa la morte. Ci libera da ogni filtro, regalandoci una libertà di espressione che difficilmente si possiede in vita. È giusto morire a diciannove anni? Certamente no. Un’intera esistenza piena di punti interrogativi, di quesiti irrisolti, senza stimoli, occasioni buttate al vento, treni persi.

Le giornate di Luca, dopo la scuola, venivano vissute con le uscite con Carlo, cresciuti insieme o con l’amica Paola, e le passeggiate a Salerno, piena zeppa di colori, con ovunque i riflessi della luce sul verde del mare, con il vento nelle strette stradine dalle pareti dipinte, in una città a misura d’uomo. Anche le piccole avventure tra le strade di Pagani, alla Stranger Things, bussando al campanello di casa dell’anziano Giuseppe, per tutti un po’ matto, che amava intrattenere con gli indovinelli.

Sai perché mi piacciono così tanto gli indovinelli? Perché ci spingono ad andare oltre. Dietro ciò che vediamo c’è tutto un mondo di significati, sensazioni, stimoli.

Il papà divorava libri a fine giornata dopo il lavoro, seduto nella sua poltrona con gli occhiali poggiati sul naso; la mamma amava cucinare e lo faceva tra una pausa e l’altra del suo lavoro che svolgeva da casa. Lo zio Antonio era la figura parentale alla quale era più legato, un’intesa profonda che non aveva con i suoi genitori. Viveva a Milano, la città della quale Luca se ne era innamorato, e conosceva i suoi problemi, delle sedute dallo psicologo, dell’assenza di passioni e della sua noia di vivere.
Dopo un tentato suicidio, un fulmine a ciel sereno per i genitori, arrivò in casa Richy, un bulldog francese che si aggirava tra le stanze alla continua ricerca di qualcosa da addentare, con la beatitudine di chi non ha nulla da fare, per Luca un cane non da compagnia. Non sapeva cosa non andasse in lui, nulla attirava la sua attenzione.

Ero ormai abituato a leggere tra le righe di ciò che i miei genitori mi comunicavano. Intuivo la loro tensione, la paura di usare parole sbagliate e vanificare tutto. Forse meritavano un figlio diverso.

Iniziò a tenere un diario dove scriveva tutto, così come un gioco contro la noia che sempre più lo imprigionava. Su una pagina bianca uno scarabocchio; in poche settimane i segni divennero disegni, i disegni graffiti e i graffiti parole. Le parole pensieri. Scriveva di getto senza riflettere, dopo un litigio con i genitori o quando i pensieri straripavano senza controllo come i colori nei quadri di Pollock, uno degli artisti preferiti dal padre.

Un angolino del suo cervello, scrive l’autore, era sempre impegnato a elaborare idee: da vivo le scriveva sul suo diario, da morto le riporterà in vita sulle pagine del libro. Una breve vita come la fiammata di un fiammifero. Le persone possono essere come un fiammifero, vivono un’intera vita aspettando un unico, glorioso momento: pochi secondi per prendere fuoco. E fiammifero è anche colui che preferisce sacrificare pezzi di sé piuttosto che continuare a vivere un’esistenza monotona, chiuso dentro una scatolina.

Fiammiferi. Storia di una morte iniziata tardi è un romanzo struggente e mai scontato, una narrazione intensa in un percorso di memoria e di confessione di un malessere invincibile il cui dolore cronico, emotivo, diviene non più sostenibile.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Fiammiferi. Storia di una morte iniziata tardi

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