Fantastico Salgari
- Autore: Fabrizio Foni
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2011
Quanto dobbiamo a Salgari, che con le sue storie d’avventura ha fatto sognare tante generazioni di ragazzi! Non sapevamo quasi nulla del signor Emilio, che scriveva romanzi a puntate su giornali e periodici popolari tra fine 1800 e primi del 1900, ma conoscevamo bene i suoi eroi: la Tigre della Malesia, i corsari delle Antille, gli sfortunati signori di Ventimiglia e poi Marianna, Yolanda, Honorata VanGuld e tutti i naviganti ed esploratori che riempiono gli 80 libri da lui pubblicati, che con i racconti fanno un totale di oltre 200 opere salgariane. Fantastico Salgari. Da Sandokan ‘vampiro’ al ‘Giornale illustrato dei viaggi’ (98 pagine, 15 euro) è il titolo di un volume che le Edizioni Nerosubianco di Cuneo hanno dedicato al prolifico scrittore veronese a fine 2011, per celebrare il centocinquantenario della nascita (1862) e il centenario della morte. Il 25 aprile 1911, si suicidò a Torino, dove viveva, tagliandosi il ventre e la gola con un rasoio.
Nella forma di un albo corto e largo, vi hanno riunito quattro saggi di Fabrizio Foni, studioso dell’immaginario popolare e dottore di ricerca in italianistica, che si sofferma sulla declinazione del fantastico da parte dell’autore, caro ai giovanissimi e ricordato con affetto dagli adulti.
A torto, la sua è stata considerata a lungo una produzione minore. La sintassi semplice, l’accessibilità delle narrazioni piene d’azione a rompicollo, i personaggi piuttosto manichei (i buoni da una parte, i cattivi ben distinti dall’altra e in mezzo i pavidi e gli ignavi), non giocavano a suo vantaggio. A Salgari è stato associato il concetto deteriore di autore di consumo, ma grazie a Foni possiamo precisare che se di consumo si deve parlare è in positivo, perché amato da lettori di ogni età. E di tante latitudini.
Si pensi che uno storico severo e al di sopra di ogni sospetto di piaggeria, Giovanni Spadolini (1925-1994), lo ha elevato tra i classici della letteratura italiana. Il politico, parlamentare e giornalista fiorentino lo collocava infatti tra i padri della Patria, per aver contribuito a unificare linguisticamente l’Italia con la sua narrativa tanto diffusa. Lo stesso Spadolini accettò di firmare la prefazione di un’edizione di pregio de “I misteri della jungla nera”.
La schiera dei salgariani è ampia e si estende ben oltre i confini nazionali. Il filosofo Norberto Bobbio si vantava d’aver letto, anzi divorato, la produzione romanzesca addirittura da adulto. Cesare Pavese confessava d’aver trascorso l’inverno 1928 rileggendo Salgari, che non era affatto indifferente anche a Gabriele D’Annunzio.
Nel Sud America ha spopolato. Hanno ammesso con calore d’essere affetti da “salgarite” grandi delle lettere come Borges, il cileno Sepulveda e l’ibero-messicano Ignazio Taibo. Ernesto Guevara, il rivoluzionario per eccellenza, il Che, possedeva quasi l’intera raccolta di romanzi di Emilio.
I quattro contributi di Foni, con l’aggiunta di riproduzioni di copertine e di illustrazioni d’epoca in bianco e nero, si impegnano ad approfondire il fantastico in Salgari, a partire dalle “stratificazioni dell’immaginario”, dal Vecchio marinaio a Mastro Catrame passando per Gustave Dorè, il grande disegnatore che ha commentato con le caratteristiche incisioni i più importanti classici della letteratura internazionale, avventure salgariane comprese.
Il secondo saggio indaga sui “misteri, magnetismo e fantasmi”. Spazio poi al “fantastico orrorifico nella terza serie de ‘Il Giornale dei viaggi’, non senza un rapido confronto con i pulp americani.
Si guarda, infine, ai “vampiri salgariani”. Sebbene non si sia mai riferito ad un umano come vampiro, lo scrittore ha presentato alle origini Sandokan come:
un uomo che più di una volta era stato visto bere sangue umano e, orribile a dirsi, succiare le cervella dei moribondi.
Questo nella prima versione a puntate (1883-1884) della “Tigre della Malesia”, ridotto ed edulcorato nel meno grandguignolesco “Le tigri di Mompracem” (1900). Una curiosità: chiamava il primo Sandokan con un nome indubbiamente meno efficace: Sandokao.
Restano accenni indiretti e meno cannibalistici ad ossa umane “succiate” fino al midollo e bevute nei crani dei nemici: ricorrono negli incubi dell’eroe anti britannico malese. Se dei veri succhiatori di sangue si ritrovano in Salgari, non sono umani né soprannaturali: si tratta di pipistrelli, che in fondo non seguono altro che la loro natura, dissanguando il malcapitato soldato rinvenuto cadavere in una foresta del Messico, nel pieno de “Il Corsaro Nero” (1898).
Chi a modo suo è “cannibale” è lo stesso Salgari. Secondo Foni, l’autore veronese trapiantato nella Torino sabauda ha “vampirizzato” temi, figure, atmosfere della letteratura nera d’ogni tempo e il fantastico è un consistente sottogenere tra i tanti che si incontrano nella narrativa del nostro: avventura, esplorazioni, viaggi, navigazioni, scoperte, cappa, spada e così via.
Emilio Salgari è stato - e grazie a Dio resta, assicura Fabrizio Foni - un narratore popolare di razza, una penna frenetica, il cui inchiostro ha continuato a spargersi e ammaliare anche dopo che la sua penna si è spezzata. Il riferimento è all’ultimo messaggio lasciato dal cinquantenne suicida (“vi saluto spezzando la penna”), schiantato dal peso contrattuale di dover produrre narrativa senza sosta, come una macchina. Oggi si direbbe: come un computer.
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