Quando cade l’equinozio d’autunno 2023? Per capire di cosa si tratti dobbiamo ricorrere ad alcuni basilari concetti astronomici e richiamare la distinzione tra anno solare e anno civile, indispensabile anche per capire cos’è e quale funzione ha l’anno bisestile.
Se volessimo fornire una prima, approssimativa, risposta alla domanda che cosa sia l’equinozio d’autunno, la scelta più semplice sarebbe quella di dare uno sguardo al calendario della nostra cucina o del nostro ufficio: ci renderemmo facilmente conto che l’equinozio d’autunno segna, appunto, l’ingresso nella stagione autunnale e la fine dell’estate così come l’equinozio di primavera segna l’ingresso nella stagione primaverile e la fine dell’inverno.
Di seguito approfondiamo l’argomento e scopriamo le curiosità sull’equinozio e anche quando cadrà per il 2023.
Quando cade l’equinozio d’autunno quest’anno e perché
Nel 2023 l’equinozio d’autunno cadrà sabato 23 settembre alle ore 8:49, ora italiana, mentre nel 2021, ad esempio, l’equinozio d’autunno era arrivato un giorno prima, il 22 settembre alle ore 09:50. Non si tratta infatti di una data e di un’ora fissi, ma di un momento che varia di anno in anno. L’equinozio non indica propriamente un giorno, ma un istante preciso: questo momento si verifica quando il sole si trova esattamente allo zenit dell’Equatore e il giorno e la notte hanno la stessa durata.
Nel 2016, ad esempio, il momento in cui i raggi del sole erano perpendicolari all’equatore terrestre è stato sempre il 22 settembre alle ore 14:21.
Se considerassimo anche l’equinozio di primavera ci renderemmo facilmente conto della stessa disuguaglianza: questo equinozio, infatti, cade spesso intorno al giorno 20 di marzo. Se volessimo dare uno sguardo al futuro con l’aiuto di qualche esperto astronomo, ci renderemmo facilmente conto che nei prossimi decenni (più esattamente a partire dal 2044), l’equinozio di primavera cadrà, almeno in qualche occasione, il 19 di marzo.
L’equinozio di autunno, che risulta leggermente più tardivo perché cade generalmente tra il 21 e il 23 settembre - per una legge astronomica (la seconda legge di Keplero), in base alla quale il movimento della Terra risulta leggermente più lento in prossimità dell’afelio terrestre, il punto della sua orbita in cui la Terra dista maggiormente dal Sole. Con ogni probabilità l’equinozio d’autunno subirà nei prossimi decenni, similmente all’equinozio di primavera, dei leggeri slittamenti che lo faranno cadere tra il 22 e il 23 settembre.
Tali spostamenti e anticipi sono dovuti all’organizzazione dei giorni bisestili nel calendario gregoriano; questo, infatti, non coincide perfettamente con l’anno solare (o siderale) e ciò, oltre all’anno bisestile, ha reso necessario un progressivo spostamento di un giorno di tutti gli avvenimenti celesti (ivi compresi gli equinozi), finché non sarà messo in atto il prossimo riallineamento, presumibilmente nell’anno 2100.
Che cos’è l’equinozio d’autunno (e di primavera)
Per comprendere appieno il concetto di equinozio partiamo dall’etimologia del termine, di origine latina: Aequinoctium, che è parola composta e deriva, a sua volta, da aequa-nox, indica il momento in cui la notte è uguale (al giorno), ovvero il momento dell’anno in cui la durata del periodo notturno della giornata è pari alla durata del periodo diurno.
Si tratta di due particolari giorni dell’anno (a settembre e a marzo) che segnano rispettivamente l’inizio dell’autunno e quello della primavera, nei quali il sole sorgerà quasi perfettamente a est e tramonterà quasi perfettamente a ovest, momenti in cui in tutti i punti del pianeta vi sono 12 ore di luce e 12 ore di buio. Quanto appena affermato è vero per noi italiani, per gli europei e, più esattamente, per tutti gli abitanti dell’emisfero boreale mentre, nell’emisfero australe le stagioni sono esattamente capovolte: l’equinozio di primavera (marzo) segna la fine dell’estate e l’ingresso dell’autunno mentre l’equinozio d’autunno (settembre) segna la fine dell’inverno e l’inizio della primavera.
I solstizi, invece, segnano l’ingresso dell’estate e dell’inverno, distano, come gli equinozi circa sei mesi tra loro, e cadono nel giorno in cui l’emisfero nord della Terra riceve il massimo (solstizio d’estate) o il minimo (solstizio d’inverno) numero di ore di luce dell’anno. Ovviamente, come nel caso precedente, nell’emisfero australe avremo l’esatto contrario: nel giorno del solstizio d’estate l’emisfero sud riceve il minimo numero di ore di luce solare dell’anno e nel giorno del solstizio d’inverno il massimo numero di ore di luce.
Ci si potrebbe chiedere perché l’equinozio sia un giorno tanto speciale e perché venga segnalato da una data specifica: la ragione è squisitamente astronomica e va individuata nei due movimenti che il pianeta Terra compie.
La rotazione che la Terra compie intorno al proprio asse segna la durata della giornata mentre la rivoluzione che la Terra compie, lungo la propria orbita, intorno al sole, segna la durata di un anno.
L’asse di rotazione terrestre non è perpendicolare al piano disegnato dall’orbita che la Terra segue per muoversi intorno al Sole. Tale inclinazione (di circa 23° e 27’ medi) fa sì che la luce del Sole vari costantemente e che non illumini mai la Terra con la stessa angolazione, in ogni istante.
Gli equinozi, allora, possono essere considerati dei giorni speciali perché sono gli unici due momenti dell’anno in cui l’asse di rotazione terrestre è in posizione perpendicolare alla direzione seguita dai raggi solari: ciò fa sì che in ogni punto del pianeta, in cui il Sole supera l’orizzonte, la durata diurna è uguale a quella notturna.
A ciò occorre aggiungere che gli equinozi segnano anche il momento di passaggio da un periodo di maggiore insolazione durante la giornata a un periodo di minore insolazione e di buio maggiore (solstizio d’autunno) e viceversa (solstizio di primavera). Anche in questo caso si tratta di una caratteristica vera nell’emisfero boreale, nell’emisfero australe, invece, è il contrario.
La datazione dell’equinozio: un po’ di storia
Un’ultima curiosità relativa all’equinozio di primavera ci permette di conoscere meglio la storia dei calendari adottati nel mondo occidentale: nel calendario giuliano, adottato da Giulio Cesare nel 46 a.C., l’equinozio di primavera cadeva il 25 marzo.
Lo spostamento che ha portato l’equinozio di primavera al 21 marzo fu determinato dalla riforma del calendario messa in atto da Gregorio XIII nel 1582. Il pontefice, infatti, aveva l’obiettivo principale di ripristinare l’allineamento fra date del calendario ed eventi astronomici, allineamento che, al tempo del Concilio di Nicea, nel 325 d.C. esisteva e che, nel corso dei secoli era andato perso, per le imprecisioni del calendario giuliano.
La riforma gregoriana del calendario, allora, rimodulò la cadenza dell’anno bisestile, evitando che questo ricorresse negli anni secolari non divisibili per 400 e corresse altri errori determinati dal caos nell’applicazione dello stesso anno bisestile che si era configurata nel periodo intercorso tra la morte di Giulio Cesare (44 a.C.) e il momento in cui Ottaviano Augusto pose mano al calendario giuliano per un primo riordino (8 a.C.): in questi anni, infatti, le indicazioni dell’astronomo egiziano Sosigene erano state fraintese e gli astronomi romani avevano fatto sì che l’anno bisestile occorresse ogni tre anni e non ogni quattro anni, come previsto dallo scienziato alessandrino che, attraverso Cleopatra, aveva consigliato Cesare riguardo alla riforma del calendario.
Tutto ciò fece sì che Gregorio XIII poté di nuovo spostare stabilmente l’equinozio di quattro giorni indietro, riportandolo dunque alla data originaria del 21 marzo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Equinozio d’autunno: quando cade quest’anno e cos’è
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