Cultura karaoke
- Autore: Dubravka Ugrešić
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Nottetempo
- Anno di pubblicazione: 2014
La dilatazione di massa del concetto di accessibilità culturale: ecco la rivoluzione copernicana dei media 2.0. L’uomo qualunque assunto a rango “partecipativo” del sistema cultural-pop, la pantomima della celebrità alla portata di tutti. E’ da tempo scoccata l’ora del surrogato, del dilettante, dell’interposta persona, della sdoganatura del tarocco, del replicabile/falsificabile ad interim. Beato chi se la beve, il fatto è che a turno ce la beviamo tutti via media e social-media.
Decretata la fine degli innocui imbrattacarte, dei pittori e dei poetastri della domenica, alto e basso culturali avviluppati in unicum come l’edera di nillapizziana memoria. E’ il momento del selfie fotografico, dell’auto-pubblicazione, del twitt compulsivo, del coatto col taglio alla moicana perché si usa tra i più beoti dei calciatori (cioè i ¾), dell’idraulico che canta “amo la luna e amo il sole/ sono un pirata ed un signore” e si crede Julio Iglesias, della Jennifer Lopez rionale per vaghissima affinità di lato B che posta su facebook le prove tangibili della sua contiguità col mito.
La sapeva già lunga Andy Warhol quando vagheggiava di una celebrità alla portata di tutti: nell’epoca dei talent e dei network sociali i canonici quindici minuti sono diventati format, coazione a ripetere, stile di vita, modo di pensare, alienazione di massa, “comunismo” (finto) culturale, e il fruttarolo un divo perché è andato a litigare a Forum e c’ha una foto assieme a una tronista di “Uomini e donne”.
Ha ragione da vendere la scrittrice e saggista Dubravka Ugrešić quando scrive di “cultura karaoke” (“Cultura karaoke”, Nottetempo, 2014), cioè di cultura - come nell’innocua (?) esibizione canora giapponese - fondata sul vuoto, sull’imitazione pedissequa, sullo iato che divide l’insignificante dal talento, il kitch dall’autoriale, la copia dall’originale.
“(…) cantando la canzone che qualcun altro ha reso famosa - sottolinea la Ugrešić - il dilettante ovviamente esprime amore per il proprio idolo (…) ma con la sua esibizione spesso goffa e dilettantistica allo stesso tempo lo svaluta” (pag. 14)
Tant’è, ma impazzano ugualmente i remake, i sequel, le rivisitazioni, persino in zona chiare lettere: si parla di fan-fiction (gli adattamenti di romanzi celebri “curati” dai fan) e persino di cell-novels (i romanzi per cellulare), senza contare il radicato fenomeno cosplay (i “sosia” agghindati come gli eroi e le eroine dei fumetti, soprattutto manga) che spopolano in tutto il mondo.
A volerla buttare un po’ sulla psicoanalisi, alla base della stratificata (s)mania di protagonismo la solita angoscia dettata dal dilemma tra essere e non-essere. In altre parole: lascio tracce evidenti (ancorchè inessenziali) di me stesso, per distogliermi dall’idea che un giorno farò più o meno la fine del mio gatto.
Ancora l’autrice di “Cultura karaoke”, a pagina 118:
“In tutte le sue manifestazioni, la cultura karaoke unisce narcisismo, esibizionismo, la necessità nevrotica dell’individuo di lasciare un’impronta sulla superficie indifferente del mondo, sia che il malcapitato usi la corteccia di un albero, sia che usi il proprio corpo, internet, la fotografia, un atto vandalico, l’omicidio o l’arte. Alla radice di questa cultura, però, si trova un motivo serio: la paura della morte. Sulla superficie della cultura karaoke balugina la maschera della morte”.
Il libro ha taglio, passo, forma e contenuto così: leggeri come corse di rondini e densi come pesi sulla coscienza (collettiva). “Cultura karaoke” è un saggio ironico ma inindulgente, ilare (a tratti) ma affilato. Racconta con acume il grado zero della civiltà senza distogliere lo sguardo, descrive il pantano ideologico in cui siamo precipitati in gruppo, poco per volta, ma si astiene da giudizi tranchant, conscio del fatto che spesso il fioretto arriva a bersaglio più che la sciabola. Leggete ancora l’autrice, sul punto di tirare le somme:
“(…) e’ troppo tardi, non si può tornare indietro. Questa è la nostra età gloriosa, l’età del karaoke. Accettiamola, immergiamoci in essa come nelle sabbie mobili. Non c’è bisogno di preoccuparsi, non affonderemo, ma non riemergeremo neanche in superficie. Rimarremo, sopravviveremo. Ad ogni modo, è la sopravvivenza il nostro unico compito in questo mondo. Sure, we will survive”.
Un libro stratificato però godibile & leggibile, dico sul serio, gente: correte ad acquistarlo (mettetelo in valigia se state per partire per le vacanze) e non ve ne pentirete. Dubravka Ugrešić scrive benissimo!
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