Cose che si portano in viaggio
- Autore: Aroa Moreno Durán
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Guanda
- Anno di pubblicazione: 2020
“Solo chi ha solidarietà con i perdenti della storia può scrivere un romanzo meraviglioso come questo” si legge sulla fascetta, firmata da Fernando Aramburu, che campeggia sulla copertina di Cose che si portano in viaggio (Guanda, 2020, traduzione di R. Bovaia), romanzo pieno di dolore in tutte le sue pagine, di cui è autrice la scrittrice spagnola esordiente Aroa Moreno Durán.
È Katia la voce narrante e dolente protagonista di questa storia, una studentessa universitaria di Berlino est nel 1956. Figlia di comunisti spagnoli emigrati durante la guerra di Spagna, è nata a Berlino e vive la realtà dura della DDR nel primo dopoguerra: sua madre Isabel, il padre Manuel e la sorella minore Martina sopravvivono con difficoltà nel clima cupo della Germania dell’Est: razionamento dei cibi, mancanza di libertà, scarsità di oggetti, nessuna occasione di svago. Il padre è un comunista convinto, fedele al partito, ora operaio in fabbrica, dopo la fuga dal piccolo villaggio spagnolo a seguito della vittoria del franchismo.
Katia incontra per caso un ragazzo che viene dall’ovest, che la segue, la corteggia, le propone di passare dall’altro lato del muro, che nel frattempo è stato costruito a separare la città, le famiglie, gli abitanti, i pensieri, gli affetti. Johannes attrae Katia in modo che neppure lei capisce, e la spinge ad accettare un passo drammatico nonché definitivo: lui le procurerà il pericoloso passaggio della frontiera, sapendo che non c’è possibilità di tornare indietro.
Il viaggio della ignara e inconsapevole Katia a bordo di una macchina nera guidata da uno sconosciuto che si presenta come suo marito (i documenti falsi attestano che faranno la luna di miele in Cecoslovacchia) è drammatico e pieno di pathos. Avventurosamente, Katia arriverà nel sud della Germania, dove vive Johannes.
Il loro sarà, però, un matrimonio triste, con suoceri ostili, una vita quotidiana agiata ma priva di calore. Né la prima figlia Theresa, né la seconda, Isabel, riusciranno a sanare la freddezza e l’incomunicabilità tra i due.
Solo molti anni dopo, caduto il muro, Katia tornerà a Berlino alla ricerca della sua famiglia, abbandonata da venti anni, e troverà una verità inattesa e drammatica.
Poco più di venti capitoli, quelli che l’autrice costruisce per raccontare l’est, l’ovest, la terra di nessuno, l’altro lato. Una storia di perdenti non molto raccontata, una ferita forse mai risanata dell’Europa novecentesca, una valigia piena di oggetti, di carte, di cimeli, di testimonianze; l’intera vita di una famiglia sballottata dalla violenza della grande Storia, che emerge alla fine di Cose che si portano in viaggio con una intensità che colpisce al cuore.
Un grande talento, quello della giovane Aroa Moreno Durán, capace di raccontare con una lingua sorvegliata, a tratti poetica.
Cose che si portano in viaggio
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