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Recensioni di libri

Con parole precise. Breviario di scrittura civile di Gianrico Carofiglio

Editori Laterza, 2015 - Un "Breviario di scrittura civile" che si colloca sul solco della grande tradizione della letteratura italiana e tratta di quella lingua che a che fare con il costume degli italiani richiamandosi in questo percorso a grandi scrittori come Italo Calvino.

Gaetano Celauro
Gaetano Celauro Pubblicato il 12-01-2016

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Con parole precise. Breviario di scrittura civile

Con parole precise. Breviario di scrittura civile

  • Autore: Gianrico Carofiglio
  • Categoria: Saggistica
  • Anno di pubblicazione: 2015

L’ultimo libro di Gianrico Carofiglio “Con parole precise. Breviario di scrittura civile” (Editori Laterza, 2015) si colloca sul solco della grande tradizione civile della letteratura italiana e tratta di quella lingua che a che fare con il costume degli italiani richiamandosi in questo percorso a grandi scrittori come Italo Calvino. Si vuole indicare al lettore il corretto modo di comunicare e si intende stimolare ad avere un’idea critica su come sopravvivere in un mondo in cui occorre esprimersi con parole esatte, precise come recita il titolo del libro. Carofiglio fa delle riflessioni sulle varie lingue, sia quella del potere genericamente inteso ma anche quella della Giustizia, del giornalismo, della politica, della religione..etc..ed in questa analisi precisa e dettagliata corredata di una ricca bibliografia che serve all’autore anche per estendere i concetti espressi nel testo, si mettono in evidenza gli intenti manipolatori per esercitare il controllo, il potere. Spesso e sovente le parole mirano ad escludere non ad includere ed il tentativo del libro e quello di dare consapevolezza su questo odioso fenomeno. Il tutto viene fatto da Carofiglio non in maniera seriosa e pedante ma in modo giocoso e divertito, offrendo al lettore utili consigli su come scoprire il trucco occulto specie perché viviamo ancora in un tempo dove gli “azzeccagarbugli” proliferano impunemente. L’autore ci offre uno sguardo laterale della lettura, mostrandoci gli arcani di certo linguaggio giuridico, di tipo curiale come ai tempi della Roma antica dove era assimilato a quello degli aruspici e dei maghi. L’apprendista giurista compiva un vero e proprio tirocinio per cominciare a svolgere la sua professione, esercitandosi a relegare i concetti essenziali in un orizzonte remoto di autoreferenzialità. Ciò per non impegnarsi molto nella precisione che come la brevità e la chiarezza costano fatica ma alla base di tutto questo vi è spesso un non nascosto narcisismo anche se è presente un ottima preparazione e qualità giuridica. La motivazione di questo comportamento è l’acquisizione e la conservazione del Potere, per cui tutto deve essere quanto più incomprensibile. Citando Norberto Bobbio, si usa fare ricorso all’esibizione usando parole di esclusione mentre occorre avere fiducia in un linguaggio condiviso al fine di rendere legittima l’istituzione. Il linguaggio anglosassone di cui resta memorabile l’incipit del Preambolo della Costituzione degli Stati Uniti “We, the people”, è nei suoi slogan certo più coinvolgente. Anche il “Yes, we can” di Obama appartiene a questo modo di esprimersi, Un testo si può definire perfetto non quando non c’è più nulla da aggiungere ma quando non c’è più nulla da togliere. Il discorso di Obama di cui lo slogan conclusivo è “Yes,we can”, occorre leggerlo interamente ed in originale per apprezzarne la forza comunicativa. Vi sono nel testo completo tutta una serie di metafore che fanno riferimento alla “luce che solca le tenebre” ed allude agli schiavi ed all’abolizionismo ed a un mondo che noi tutti insieme possiamo cambiare (Yes,we can). La infelice non letterale versione italiana “Si può fare” risulta ridicola al confronto e richiama la frase buffa del famoso film di Mel Brooks, Frankenstein Junior. Il “Si” iniziale è impersonale, non coinvolge, ma “le parole sono importanti” come dice Moretti in Palumbella rosa e “dare il nome giusto alle cose è un gesto rivoluzionario” (Rosa Luxemburg).(g.c.)

Con parole precise. Breviario di scrittura civile
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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Con parole precise. Breviario di scrittura civile

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Commenti: 1

  • Cristi Marcì
    5 settembre 2022, 16:26

    Un libro che il solo definirlo tale apparirebbe riduttivo, in quanto le parole e i pensieri introdotti e descritti dall’autore, invitano chiunque voglia leggerlo alla riflessione e ancor più, a prendere maggior contatto con il vocabolario quotidiano. Quest’ultimo infatti secondo Carofiglio, potrebbe essere snellito a tal punto da rendere il linguaggio uno strumento conoscitivo e non viceversa manipolativo. In queste pagine nondimeno, l’autore evidenzia quanto i rappresentanti della politica che ci governa, altro non sono che fabbriche di strumenti in grado di limitarci, piuttosto che di crescere. Perché se la parola è un potentissimo mezzo di comunicazione quante risultano quelle realmente essenziali in grado di far fiorire nuovi pensieri, nuove riflessioni e non ultimo di promuovere il reciproco rispetto? Con la scrittura dell’ex magistrato ci eravamo abituati alle aule del tribunale in cui l’avvocato Guerrieri era solito difendere la verità piuttosto che promuovere la menzogna! Tuttavia anche in questo vero e proprio “libretto di istruzioni” il lettore avrà l’opportunità di mettere in dubbio quanto implicitamente è solito esprimere nel suo quotidiano, rispetto al quale si affastella bulimicamente un veicolo semantico cui fa seguito una pletora di grovigli verbali utili a far perdere il filo del discorso”! Il messaggio sembrerebbe essere proprio quello di creare confusione, tuttavia la natura manipolativa della costruzione della semantica vorrebbe semplicemente stimolare la consapevolezza riguardo il cattivo uso della lingua ai giorni nostri. Nello specifico per l’appunto Carofiglio indaga il campo della politica, della legislatura e infine ma non meno importante, quello della comunicazione mediatica. Tre dimensioni rispetto alle quali il groviglio delle parole sembrerebbe sminuire l’intelligenza dei cittadini, ergendo a chissà quale livello una nicchia particolare di persone in grado di capire come confondere il pubblico, veicolando le sue scelte. Quante volte infatti gli atti giudiziari sono scritti in “burocratese” e quante volte il turno della parola nei dibattiti pubblici non viene mai rispettato. Quale è allora o dovrebbe essere un buon uso del linguaggio? Senza mezzi termini la semplicità, in grado di stimolare l’immaginario ma al contempo la condivisione consapevole di quanto si sta esponendo. Promuovendo oltremodo il rispetto di chi si ha davanti e una maggiore fluidità circa la libera espressione delle idee. Facendo in modo che la comprensione sia un diritto e la parola uno strumento sincero e autentico.

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