Cinecittà
- Autore: Lizzie Doron
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Giuntina
- Anno di pubblicazione: 2017
Lizzie Doron, la bravissima scrittrice israeliana autrice di bei romanzi, si cimenta in “Cinecittà”, questo libro edito dalla casa editrice Giuntina di Firenze, in un’operazione coraggiosa e spericolata, molto difficile da riassumere e da raccontare. La scrittrice in prima persona descrive il lungo e tormentoso rapporto che l’ha legata ad un uomo palestinese, Nadim, un personaggio fittizio che riassume in sé tante delle caratteristiche che l’autrice ha incontrato nel suo lungo tentativo di costruire la pace in Medio Oriente, tra due popoli, che ugualmente chiedono di vivere la loro vita senza rischiare ogni giorno di perire per mano del nemico, nelle strade di Gerusalemme.
Lizzie vive a Tel Aviv, è una scrittrice di successo, è sposata felicemente con Dani, viene a Roma per un convegno sulla pace organizzato dall’italiana Maria, nel suo intervento racconta la propria storia e le ragioni dello stato d’Israele, lei figlia di una tedesca scampata miracolosamente alla Shoah.
“Lo stato d’Israele ha accolto tutti gli ebrei che erano stati perseguitati nella Diaspora, nel nostro paese sono arrivati i sopravvissuti della Shoah. Sono arrivati anche quanti fuggivano dalla minaccia dello stalinismo e dai pogrom nei paesi arabi. In sostanza, lo Stato d’Israele è un ospedale psichiatrico per ebrei traumatizzati”.
Nadim e Lizzie siedono allo stesso tavolo, fanno amicizia, conversano, si raccontano storie di famiglia, lui insegna italiano a Roma, traduce, è un arabo colto e raffinato, anche se sua moglie Laila, di Gaza, a Gerusalemme non può lavorare, uscire di casa, vivere una vita normale. Nadim racconta:
“Avevo otto anni quando si sono sentite le sirene e i miei genitori impauriti hanno cercato riparo in cantina, io ancora non capivo di cosa si doveva aver paura. Oggi lo so bene... ma allora, mentre i vostri aerei rombavano nel cielo, sono corso in cortile con la macchina fotografica di mio padre. Volevo fotografare gli aerei e mandare le immagini alla televisione…”
Il rapporto di amicizia intenso e difficilissimo, profondo e ambiguo, intimo e saltuario, con lunghi intervalli di silenzio, pieno della speranza di scrivere un libro a quattro mani o di girare un film come se si fosse a Cinecittà, si infrange continuamente contro la realtà drammatica che divide i due popoli nella stessa città di Gerusalemme, divisa in zone opposte, Est e Ovest, nelle quali si fronteggiano gruppi che non vogliono sentir parlare di deporre le armi, di smettere le persecuzioni, i posti di blocco, gli attentati sul bus, nei caffè.
Dal libro si capiscono le situazioni quotidiane difficilissime nelle quali si trovano a vivere tanto gli israeliani quanto i palestinesi. Nadim, sempre in pericolo, tiene in macchina un libro di David Grossman, gli potrebbe essere utile ad uno dei tanti posti di blocco, di cui ha una mappa dettagliata che regala a Lizzie, per proporsi come uomo di pace e non come potenziale terrorista. Cinecittà è la parola del sogno, quel sogno di pace che appare sempre più evanescente e lontano. Per Lizzie è una sconfitta, proverà almeno con l’aiuto di un avvocato amico a combattere per il diritto di Laila di abitare liberamente a Gerusalemme e a spostarsi secondo le esigenze di famiglia. Ma anche questo obiettivo sarà mancato.
“Questo libro è dedicato alla madre di Nadim e a tutte le madri che sono riuscite a indurre i propri figli a scegliere la pace e non la guerra”
È l’epigrafe di “Cinecittà”, questo libro importante, difficile, triste, nelle cui pagine finali si affaccia un piccolo motivo di speranza, la consapevolezza di Lizzie Doron che in questa ardua battaglia non è del tutto sola.
Cinecittà
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