Nella Giornata mondiale della libertà di stampa non possiamo non celebrare Aldo Manuzio, l’umanista tipografo considerato il pioniere dell’editoria moderna. Se dobbiamo l’invenzione della stampa a caratteri mobili al tedesco Johann Gutenberg, che nel 1455 stampò a Magonza la Bibbia trasformando così il libro sacro nel primo bestseller della storia, non possiamo trascurare l’apporto successivo di Aldo Manuzio che avrebbe sancito la vera rivoluzione libraria.
Gutenberg inventò la tecnica e mise a disposizione una nuova tecnologia creando dal nulla la figura professionale del tipografo, ma fu Manuzio a mettere la stampa al servizio dei libri. A guidare il tipografo filologo nella sua missione fu soltanto una cosa: la passione per la letteratura.
Scopriamo la sua storia.
Aldo Manuzio e la nuova cultura del libro: dal libro in ottavo al corsivo
Che epoca rivoluzionaria, l’invenzione della stampa a caratteri mobili è ancora oggi considerata una pietra miliare nel processo di democratizzazione dell’Occidente. Fu una rivoluzione culturale senza ritorno: Gutenberg, in un’epoca in cui la pratica della stampa veniva usata esclusivamente nel settore tessile, ebbe l’intuizione di stampare dei testi. Tuttavia Johann Gutenberg di formazione era orafo, quindi dobbiamo ricondurre la sua geniale invenzione a una ragione soprattutto commerciale: creò un nuovo giro di affari, nel Cinquecento si diffusero numerose tipografie. I tipografi dell’epoca erano soprattutto artigiani, che confezionavano i libri per il pubblico; Aldo Manuzio, invece, era un uomo di grande cultura, uno studioso di filologia greca e latina, che per primo ebbe l’idea di creare, attraverso la stampa, una nuova cultura del libro. Fu proprio lui a creare il formato in ottavo , una sorta di formato tascabile ante litteram, in un’epoca in cui ancora si usavano i libri di formato medievale, molto grossi e spessi, ricchi di miniature, oggetti prestigiosi e da collezione, da consultare in biblioteca con l’aiuto di un leggio. Invece Manuzio capì che il libro doveva innanzitutto essere un oggetto facile da trasportare e leggibile ovunque, ridusse quindi il formato classico detto in folio piegando in otto il singolo foglio e trasformandolo in un totale di sedici pagine. Chiamò questo formato enchiridion forma, dalla parola greca che significa “che sta in una mano”. Se oggi teniamo i libri in una mano dobbiamo ringraziare Manuzio, che non a caso molto considerano “lo Steve Jobs del Rinascimento”, probabilmente facendogli un torto, perché la cultura umanistica del nostro stampatore era davvero smisurata.
Tra le sue numerose invenzioni si conta anche il carattere corsivo per la stampa, inoltre avrebbe aggiunto ai libri stampati un dettaglio decisivo: la punteggiatura, favorendone così la leggibilità. La stampa a caratteri mobili di Gutenberg nelle mani di Manuzio divenne prodigio.
Aldo Manuzio: la storia del primo stampatore-editore
Manuzio era nato proprio nel 1450, l’anno in cui Gutenberg in Germania (o forse a Strasburgo, come sostengono alcuni) svolgeva i propri primi esperimenti e tentativi con la stampa a caratteri mobili.
Ora lo conosciamo come tipografo veneziano, ma era nato a Bassiano, nel sud del Lazio. Studiò a Roma, dove fu allievo di Gaspare da Verona, prestigioso insegnante di retorica all’Università La Sapienza, per lunghi anni Manuzio fu impegnato negli studi di filologia e coltivò un sapere enciclopedico. Avrebbe studiato anche grammatica latina a Ferrara, dove ebbe per compagno di studi Pico della Mirandola, sotto la guida di Guarino da Verona.
Si trasferì a Venezia all’età di quarant’anni, prima di allora non vi è traccia di nessun suo progetto editoriale. La Venezia del Cinquecento era uno dei maggiori nodi commerciali a livello mondiale, considerata anche la patria delle tipografie (ne contava oltre 417) dove veniva prodotto circa un terzo dei libri in circolazione.
Nella Serenessima Manuzio ebbe la sua intuizione, capì che i libri stampati con i caratteri mobili erano il nuovo strumento di comunicazione e un imprenscindibile mezzo di trasmissione del sapere. All’inizio svolse principalmente l’attività di insegnante e continuò il suo impegno di studioso, ma venne contaminato dall’atmosfera pioneristica del tempo e dalla vivace intemperie libraria veneziana: la principale passione di Manuzio erano i libri, dunque inevitabile che sorgesse in lui il desiderio di migliorarli, di perfezionarli, di renderli più leggibili.
Fondò la sua tipografia attorno al 1494 sotto il motto latino di Festina lente, ovvero “affrettati lentamente” attribuito dallo storico Svetonio all’imperatore Augusto. Presto le cosiddette edizioni aldine divennero un marchio riconosciuto; perché Manuzio non si limitò a stampare libri, ma creò un vero e proprio catalogo editoriale, un fatto senza precedenti, cui non mancava l’attribuzione della dicitura Aldi Manuci Romani che ne certificava l’indubbia paternità.
La prima opera pubblicata, nel 1494, fu una grammatica greca, Erotemata di Costantino Lascaris, seguita dall’imponente opera omnia di Aristotele in cinque libri. La linea editoriale di Manuzio appariva già chiara e programmatica: il suo intento era quello di stampare ogni sorta di “libri greci” anche per ovviare all’urgente problema della dispersione dei testi delle biblioteche, spesso smarriti o andati perduti nel corso di guerre e devastazioni. Il filologo editore con la sua stamperia veneziana si proponeva, anzitutto, la missione di “salvare” una cultura che rischiava di andare dispersa.
Pubblicò testi classici latini e greci, tra cui Aristotele, Virgilio, Ovidio, Tibullo, Giovenale, Cicerone, Catullo, ed ebbe subito altissime tirature grazie all’ampia domanda. Lo stemma della sua tipografia, un’àncora sulla quale si avvitava sinuoso un delfino, divenne garanzia di qualità.
Nel 1501 Manuzio decise di perfezionare il carattere tipografico delle sue edizioni e si affidò alla maestria dell’incisore bolognese Francesco Griffo che creò per lui dei bellissimi caratteri tipografici in piombo, simili alla scrittura elegante e svolazzante in corsivo dei monaci amanuensi.
Le Bucoliche di Virgilio furono il primo libro stampato interamente in carattere corsivo.
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Al Manuzio tipografo ed editore dobbiamo anche riconoscere idee e intuizioni coraggiose: stampò nel 1499 la Hypnerotomachia Poliphili (letteralmente “Combattimento amoroso di Polifilo in sogno”), un romanzo allegorico di autore incerto all’epoca molto discusso perché era incentrato sul sogno erotico del protagonista e sulla sua ostinata ricerca della donna amata. Aldo Manuzio ebbe la geniale trovata di stamparlo corredato da illustrazioni xilografiche, ovvero incisioni su legno. Oggi è considerato il libro più prestigioso del Rinascimento, l’esempio più perfetto delle edizioni aldine ed è oggetto di un vero e proprio culto da parte dei bibliofili.
Non solo classici, il Manuzio pioniere dell’editoria moderna ebbe anche l’intuito di intercettare alcuni dei maggiori autori suoi contemporanei: come Erasmo da Rotterdam, di cui pubblicò gli Adagia, Angelo Poliziano e il grande linguista Pietro Bembo.
Aldo Manuzio e la libertà di stampa: il De Rerum natura
Sempre nell’agevole formato in ottavi, Manuzio pubblicò anche il De rerum natura di Lucrezio, un testo molto criticato e spesso oggetto di censura, che il filologo stampatore ebbe la genialità di abbinare a una prefazione che, in parte, ne confutasse il contenuto giudicandolo lontano dallo “spirito del cristianesimo”. Era il gennaio 1515 e Aldo Manuzio stampava uno dei libri più criticati dalla dottrina cristiana e, di fatto, lo riponeva saldamente nelle mani dei lettori lasciando a loro l’ultima parola, a patto che almeno lo leggessero prima di giudicarlo. Se non è libertà di stampa questa; leghiamo il nome di Manuzio al suo stemma dal motto “Festina lente”, alle invenzioni tipografiche della punteggiatura e del corsivo, ma dovremmo soprattutto ricordarlo per essere stato uno strenuo difensore dei libri e della libertà di pensiero che essi sprigionano.
“Chi legge non sarà mai schiavo”, questo Aldo Manuzio l’aveva capito con grande anticipo sulle nostre battaglie contemporanee per la libertà di stampa e di espressione. Del resto, aveva fatto sua la lezione dei classici greci e latini, intuendo che l’origine della cultura letteraria trovava in quei libri “antenati” le sue solide fondamenta. Morì a Venezia il 6 febbraio 1515, un mese dopo aver dato alle stampe il suo ultimo libro, il controverso De rerum natura, che sfidava apertamente ogni censura.
Aldo Manuzio: due libri da leggere per conoscerlo meglio
Recensione del libro
Lo stampatore di Venezia
di Javier Azpeitia
Recensione del libro
L’alba dei libri. Quando Venezia ha fatto leggere il mondo
di Alessandro Marzo Magno
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Aldo Manuzio, il primo stampatore-editore che tutelò la libertà di stampa
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