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Recensioni di libri

Almanacco navale della Seconda guerra mondiale (1939-1945) di Giuliano Da Frè

Odoya, 2019 – Un libro per gli appassionati di storia e per tutti, considerato lo sviluppo narrativo e divulgativo di un lavoro che verifica lo stato delle flotte allo scoppio della guerra o al momento del coinvolgimento.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 24-04-2020

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Almanacco navale della Seconda guerra mondiale (1939-1945)

Almanacco navale della Seconda guerra mondiale (1939-1945)

  • Autore: Giuliano Da Frè
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Saggistica
  • Anno di pubblicazione: 2019

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È senza precedenti l’ Almanacco navale della Seconda guerra mondiale (1939-1945) di Giuliano Da Frè, pubblicato per la casa editrice umbra Odoya (2019, 743 pagine). Il titolo potrebbe far pensare a un annuario o repertorio tecnico delle flotte, ma niente di tutto questo, o meglio, non solo: si tratta di un saggio decisamente leggibile, di “taglio narrativo ma tecnicamente approfondito”, che analizza con competenza le forze navali in tutti i mari del globo.

Questo libro, spiega l’autore, si limita a ricordare sinteticamente alcuni episodi della guerra navale nei sei anni del secondo conflitto mondiale. Vuol essere una sorta di “almanacco navale storico”, intende fissare lo stato dell’arte delle flotte allo scoppio della guerra, al momento del loro coinvolgimento (nel 1939 quelle inglese, francese e tedesca, nel 1940 quella italiana, nel 1941 sovietica, nipponica e americana) e quindi il loro sviluppo bellico, al netto delle perdite subite.

Giornalista e scrittore, specializzato in storia militare e navale, Da Frè ha realizzato un saggio storico più che completo e dettagliato, di grande divulgazione, che come mai si sofferma sui precedenti, sulla composizione, sulle vicende essenziali e sul ruolo di tutte le Marine da guerra nell’intero conflitto mondiale, dalle principali alle minori, fino a quelle dei Paesi neutrali, che dovettero comunque agire in difesa degli interessi nazionali e “mostrare la bandiera” (to show the flag, come si dice in gergo), non foss’altro a protezione delle acque territoriali.

Ebbero una parte, magari una particina, nel grande tragico “spettacolo” della seconda guerra mondiale anche forze navali che di “forza” non ne avevano molta, come la Marina polacca e quella greca, trascinate nelle ostilità dall’aggressione tedesca del 1 settembre 1939 a Danzica e dall’invasione italiana dell’ottobre 1940 dal confine albanese. Si impegnarono anche le flottiglie tailandese e cinese nell’Oriente infiammato dal Giappone, quella olandese, contro la Kriegsmarine tedesca e quella finlandese, contro i russi.

Interessante il capitolo dedicato alla Cenerentola di Stalin, la Voyenno-Morskoj Flot SSSR, che ad onta dello sviluppo successivo della possente arma navale sovietica nella Guerra Fredda era un parente povero delle ben cinque armate dell’Urss e attuali: la Flotta Nord di base a Murmansk, la Flotta del Pacifico a Vladivostok, la Flotta del Baltico, la Flotta del Mar Nero a Sebastopoli e la Flotta del Caspio.

La causa risiede nell’abituale “effetto altalena” della componente marittima, da Pietro il Grande in poi: creata e resa forte da quello zar, poi negletta da Caterina, ampliata sul finire del 1800 poi distrutta dalla Grande Guerra e ricostituita in modo balbettante da Stalin. Si pensi che nel giugno 1941, quando Hitler avviò l’Operazione Barbarossa aggredendo l’Unione Sovietica dall’Ucraina e dagli Stati baltici, era in lenta attuazione l’ennesimo programma quinquennale di sviluppo. La componente pesante della Marina russa, con teatri operativi lontani e separati in almeno due Oceani e un mare artico, si limitava a 3 corazzate, (una in meno della nostra Regia Marina mediterranea, entrata in guerra in piena fase di ammodernamento), 7 incrociatori (22 quelli italiani, 12 dei quali modernissimi), 54 caccia (57 i nostri, più 59 torpediniere) e se non altro ben 210 sommergibili (117 la flotta sottomarina tricolore), oltre al naviglio minore e ausiliario.

È il caso di ricordare, a proposito di questo confronto, che una delle specialità migliori della nostra flotta nazionale è stata unica: gli straordinari mezzi veloci d’assalto siluranti e gli incursori subacquei della X Mas, che sommarono i successi più importanti a vantaggio dell’Arma navale italiana.

Da Frè fa notare che l’intero secondo conflitto mondiale del Novecento è iniziato in mare, con le cannonate di una vecchia corazzata tedesca e ha avuto fine a bordo di una moderna americana. Il 1 settembre 1939, a sparare i primi colpi della guerra contro le fortificazioni polacche attorno a Danzica era stata la nave da guerra tedesca Schleswig-Holstein, un “ferro vecchio” del primo conflitto. D’altra parte, tutte le Marine schieravano unità superate, per l’effetto combinato dell’usura del 1914-18 e dei trattati internazionali di disarmo navale, firmati tra il 1922 e il 1936.
La conclusione simbolica, a sei anni esatti dalle prime bordate nelle acque polacche, avvenne il 2 settembre 1945, con la firma della resa del Giappone sul ponte della fiammante super corazzata americana Missouri, nella rada di Tokio.

Basato su una miriade di fonti, Almanacco navale della Seconda guerra mondiale (1939-1945) è consigliato agli appassionati di storia, ma si può dire a tutti, considerato lo sviluppo “narrativo” come tiene a sottolineare Da Frè e divulgativo, come ho già indicato sopra.
Viene seguita l’evoluzione tecnologica corazza-cannone; si tiene conto dell’influenza dei trattati di disarmo navale nel ventennio precedente e anche delle Conferenze navali e per il disarmo, nella nuova era; non mancano schede di dati tecnici e statistici: informazioni sulle quali spesso le fonti non concordano, avverte l’autore.
Nell’insieme, il libro rappresenta un vero pezzo da collezione: non dovrebbe mancare nella libreria soprattutto dei più attenti lettori di storia navale.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Almanacco navale della Seconda guerra mondiale (1939-1945)

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