

Nonostante una considerevole distanza temporale ci separi dai fatti, il ricordo del rapimento e dell’assassinio di Aldo Moro continua a suscitare profonda commozione e immutata indignazione negli italiani. A tutt’oggi, quell’evento resta una delle pagine più nere della nostra storia recente.
L’enorme clamore derivato dalla morte di Moro convinse Mario Luzi (1914-2005), poeta, scrittore e intellettuale sempre attento e critico riguardo all’attualità, a realizzare Acciambellato in quella sconcia stiva, un componimento che non si limita a esaltare l’uomo politico, ma esprime anche, sia dal punto di vista personale che corale, il turbamento che la sua uccisione destò nel Paese.
Nel giorno dell’anniversario del ritrovamento del corpo dello statista, leggere e analizzare il testo dell’artista fiorentino ci riporta a uno dei periodi più bui degli ultimi decenni, segnato da contrapposizioni insanabili e inaudite quanto ingiustificabili violenze, ma ci sembra anche il modo migliore per onorare una delle sue vittime più illustri e innocenti.
Il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro: breve ricostruzione dei fatti
Prima di scoprire il significato dei versi di Mario Luzi, ripercorriamo brevemente le tappe salienti dei fatti di cronaca che li ispirarono.
La mattina del 16 Marzo 1978, mentre in Parlamento ci si accingeva a votare la fiducia al governo Andreotti, un episodio gravissimo scombinò i piani gettando nel caos sia il mondo politico che la società civile. A Roma, in Via Fani, un commando di Brigate Rosse rapì Moro e trucidò i membri della scorta che doveva proteggerlo. In tutto cinque ragazzi, giovani coraggiosi uccisi nello svolgimento del proprio lavoro che, poiché non lo si fa mai abbastanza, qui vogliamo menzionare uno per uno con nome e cognome: Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi.
Lo scossone a livello nazionale fu immediato e portò con sé una serie di conseguenze che investirono ogni ambito.
Ebbero così inizio quelli che in seguito qualcuno definì "i 55 giorni che cambiarono l’Italia" e che, purtroppo, si conclusero nella maniera più tragica.
Il 9 Maggio, le Br fecero ritrovare il corpo di Moro all’interno del bagagliaio di una Renault 4 rossa parcheggiata in via Caetani, nella Capitale, a pochi passi da Piazza del Gesù e da Via Botteghe Oscure, dove si trovavano, rispettivamente, le sedi della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista.
I responsabili, tutti esponenti di spicco dell’associazione eversiva di estrema Sinistra, vennero individuati e arrestati, ma nonostante cinque processi, sette commissioni parlamentari e un considerevole numero di inchieste giornalistiche, molti nodi della vicenda restano tutt’ora irrisolti e alcuni punti affatto chiariti.
“Acciambellato in quella sconcia stiva”: testo della poesia
Acciambellato in quella sconcia stiva,
crivellato da quei colpi,
è lui, il capo di cinque governi,
punto fisso o stratega di almeno dieci altri,
la mente fina, il maestro
sottile
di metodica pazienza, esempio
vero di essa
anche spiritualmente: lui –
come negarlo? – quell’abbiosciato
sacco di già oscura carne
fuori da ogni possibile rispondenza
col suo passato
e con i suoi disegni, fuori atrocemente –
o ben dentro l’occhio
di una qualche silenziosa lungimiranza – quale?
non lascia tempo di avvistarla
la superinseguita gibigianna.
“Acciambellato in quella sconcia stiva”: analisi della poesia


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Acciambellato in quella sconcia stiva restituisce fedelmente e in tutta la sua drammaticità la terribile immagine del corpo esanime di Moro abbandonato nella via romana. Tutti la conosciamo per averla vista decine e decine di volte in programmi tv, oltre che ricostruita nei film dedicati alla vicenda: il Presidente della DC giace crivellato di colpi nel bagagliaio di un’auto rossa, una Renault 4 targata Roma N57686, rannicchiato su se stesso e avvolto da una coperta.
Quanto questa scena agghiacciante debba aver colpito Luzi lo capiamo dal titolo che ha scelto per il componimento, dove il termine "acciambellato" dà subito l’idea di qualcosa di fragile, piccolo, indifeso. L’aspetto con cui la vittima si consegna al mondo cozza tristemente con la grandezza della sua statura politica e morale, che l’autore evidenzia in un passaggio dal significato istantaneo:
il capo di cinque governi / punto fisso o stratega di almeno dieci altri / la mente fina, il maestro / sottile / di metodica pazienza, esempio / vero di essa / anche spiritualmente
Adesso quest’uomo importante, un tempo riverito e temuto nonché invidiato, giace inerme "in quella sconcia stiva" restituendo di sé un’immagine "fuori da ogni possibile rispondenza / col suo passato / e con i suoi disegni, fuori atrocemente".
La tristezza e l’incredulità che l’autore prova di fronte alla scena corrispondono a quelli di un intero popolo, che una violenza cieca e insensata ha appena privato di uno dei suoi governanti più validi e degni di ammirazione.
Il giudizio più che lusinghiero che Luzi offre di Moro sembra non essere dettato dallo stato emotivo del momento, ma dovuto a stima sincera nei confronti non soltanto dell’uomo di Stato ma anche di quello privato.
Rispetto alle opere cinematografiche e televisive dedicate al caso susseguitesi in quasi cinque decenni, per non parlare dei fiumi di inchiostro versati nei libri a tema, Acciambellato in quella sconcia stiva ha il pregio di offrire un’istantanea vivida e umanamente partecipe dell’evento, che pur nella sua brevità sa essere esaustiva come niente altro riesce a fare.
Un merito della poesia, attraverso la quale la storia, non deprivandola dei sentimenti, delle passioni e delle emozioni che le appartengono, si racconta meglio.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Acciambellato in quella sconcia stiva”, la poesia di Mario Luzi dedicata ad Aldo Moro
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