Giorgio Caproni amava definirsi un “modesto artigiano” o uno “scrittore di versi”. Non osò mai attribuire a se stesso il titolo di “poeta” poiché era una nomina che gli risultava particolarmente indigesta, in quanto a suo giudizio era impossibile essere eternamente ispirati.
Nato a Livorno il 7 gennaio 1912, Caproni riassumeva la propria biografia con queste parole: “Sono targato Livorno 1912” in uno scritto intitolato Luoghi della mia vita e notizie della mia poesia.
Alla città di Livorno, sua patria d’infanzia, e al mito della madre Annina il poeta dedicò i celebri Versi livornesi contenuti nella raccolta Il seme del piangere (1959), una delle opere poetiche più belle del Novecento.
Alla natale Livorno, Caproni dedicò parole suggestive che ancora oggi sembrano vorticare tra le vie della città narrandone la poesia:
Esisterà sempre, finché esisto io, questa città, malata di spazio nella mia mente, col suo sapore di gelati nell’odor di pesce del Mercato Centrale lungo i Fossi.
Giorgio Caproni: un maestro in ombra
Pier Paolo Pasolini definì Giorgio Caproni un “maestro in ombra”. Un’espressione calzante con la quale Pasolini si riferiva a tutti quei poeti che avevano esordito prima della guerra, in sordina, restando di conseguenza fuori dal modernismo ermetico dominante.
Caproni spesso non è riportato nelle antologie scolastiche, viene studiato - brevemente, tramite vaghi accenni - alle scuole superiori. Tuttavia la sua poetica meriterebbe un approfondimento maggiore perché si compone di un linguaggio trasparente, di “rime chiare” e sotto la superficie di apparente semplicità nasconde una riflessione più profonda sul senso e le difficoltà della vita.
I suoi versi “rime non crepuscolari, ma verdi, elementari” si imprimono a fondo nella mente del lettore, permangono indelebili nella loro musicalità. Giorgio Caproni ha la capacità di attingere la poesia dalla realtà quotidiana, trasformandola in materia allegorica. Tramite l’uso dell’allegoria nei suoi componimenti Caproni sembra rivelare realtà universali di ordine metafisico.
La trasparente chiarezza dei sentimenti della poesia di Caproni si contrappone alla concezione di una realtà sfuggente, impossibile da fissare entro i limiti del linguaggio.
Una delle ultime opere poetiche di Giorgio Caproni Il muro della terra (1975), che ne consacrerà la fama, si focalizza proprio su questa dissociazione netta tra l’espressione linguistica e la realtà effettiva delle cose del mondo.
Come si legge nel finale della celebre poesia Res ammissa:
Nessuno è mai riuscito a dire
cos’è, nella sua essenza, una rosa.
Giorgio Caproni: la vita
Giorgio Caproni nacque a Livorno il 7 gennaio 1912, figlio di Attilio Caproni un ragioniere e musicista dilettante e di Anna Picchi, una sarta e ricamatrice abilissima. La prima infanzia di Caproni è caratterizzata da “anni di lacrime e miseria nera” come lui stesso dichiara nella sua autobiografia.
Nel 1922, a dieci anni, il piccolo Caproni si trasferì con la famiglia a Genova per motivi di lavoro del padre. Tre anni dopo si diplomò all’Istituto musicale Giuseppe Verdi. Presto tuttavia iniziò a interessarsi alla poesia, preferendo la vocazione per la parola poetica a quella musicale per il violino. I suoi maestri furono Ungaretti, Montale, Sbarbaro, che lesse da autodidatta dopo aver compreso che la carriera come violinista non faceva per lui.
Nel 1936 uscì la sua prima raccolta Come un’allegoria pubblicata dall’editore genovese Emiliano degli Orfini. Due anni dopo Caproni decise di trasferirsi a Roma per dedicarsi all’insegnamento. Avrebbe vissuto nella capitale per il resto della vita.
Allo scoppio della guerra nel 1940 fu richiamato alle armi e mandato a combattere al confine con la Francia. La Seconda guerra mondiale fu un’esperienza che Caproni definì un capolavoro di insensatezza nel diario che fu pubblicato nel 1942, con pesanti tagli dovuti alla censura fascista.
Negli anni della Seconda guerra mondiale Caproni continuò a dedicarsi all’attività poetica: nel 1941 pubblicò la raccolta Finzioni, nel 1943 Cronistoria (quest’ultima dedicata al ricordo della fidanzata Olga, morta prematuramente).
Gli anni della maturità poetica
Tornato a Roma dopo la guerra riprese la sua occupazione di insegnante elementare, che proseguì fino all’anno della pensione, il 1973.
Nella capitale conobbe Pasolini e Bertolucci, scrisse diversi racconti ispirati alla Resistenza e tradusse dal francese diversi autori classici come Hugo, Baudelaire, Verlaine. Nel 1952 vinse il premio Viareggio con la nuova raccolta di poesie Stanze della funicolare.
Nel 1959 uscì la raccolta Il seme del piangere, oggi considerata il vertice della produzione letteraria di Caproni, nella quale tornano i temi cari alla sua poesia: la città di Livorno e la madre Annina.
Proprio alla madre fu dedicata questa raccolta di versi autobiografici che troverà la massima espressione nella poesia Per lei:
Il componimento Per lei contiene un ritratto materno commovente, che si pone in antitesi con i componimenti astratti e quasi severi cui ci avevano abituato i poeti ottocenteschi. Caproni dipinge la madre Annina con la tipica trasparenza che contraddistingue la sua poesia, ci offre così in pochi versi l’immagine di una donna solare, sensuale, schietta che, persino dopo la morte, sembra richiamare a sé la vita.
Alla figura di Annina ragazza Giorgio Caproni dedicò l’intera raccolta de Il seme del piangere, come nel tentativo di riportare la madre in vita tramite un poesia intessuta di una nostalgia che non si abbandona mai a se stessa.
Mia mano, fatti piuma:
fatti vela; e leggera
muovendoti sulla tastiera,
sii cauta. E bada, prima
di fermare la rima,
che stai scrivendo d’una
che fu viva e fu vera.
Negli anni successivi seguirono Congedo del viaggiatore cerimonioso prosopopee (1965) sino alla svolta segnata dal Muro della terra (1975), la raccolta che consacrò definitivamente Caproni tra i modelli della poesia novecentesca.
Recensione del libro
Il Terzo libro e altre cose
di Giorgio Caproni
Il congedo letterario di Giorgio Caproni
Nel 1984 il poeta ottenne dall’università di Urbino la laurea in Lettere honoris causa. L’ultima raccolta poetica, Res amissa, uscì postuma nel 1991.
Negli ultimi anni Giorgio Caproni continuò a dedicarsi alla poesia e a opere di critica letteraria scrivendo numerosi articoli per giornali e riviste.
La morte lo colse improvvisamente il 22 gennaio del 1990 nella sua casa romana.
Il suo congedo letterario lo aveva scritto anni prima nei versi memorabili della poesia Biglietto lasciato prima di non andare via, contenuta nella raccolta Il franco cacciatore (1982):
Se non dovessi tornare,
sappiate che non sono mai
partito.
Il mio viaggiare
È stato tutto un restare
qua, dove non fui mai.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Giorgio Caproni: vita, opere e poetica del poeta delle rime chiare
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