La mia vita nel bosco degli spiriti
- Autore: Amos Tutuola
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
Amos Tutuola fu uno scrittore autodidatta, poiché di povera estrazione sociale: poté compiere i suoi studi basici solo grazie al sostegno di una famiglia benestante locale, presso la quale lavorò come domestico dall’età di 12 anni.
Tuttavia le difficoltà finanziare in cui la sua famiglia di origine riversava lo costrinsero a lasciare la scuola dell’obbligo e a cercare lavoro. Dopo alcuni impieghi, trovò posto come fattorino al ministero del lavoro e da allora, durante le pause, iniziò a scrivere il romanzo Il bevitore di vino di palma (Feltrinelli, 1961), seguito da La mia vita nel bosco degli spiriti (Adelphi, 1996), tradotto da Adriana Motti.
La mia vita nel bosco degli spiriti inizia così:
“Avevo sette anni prima di capire il significato di male e di bene.”
La perdita della casa genitoriale, a causa di una guerra, è la causa che fa partire il protagonista per il bosco degli spiriti, dove innumerevoli esperienze, tra il metafisico e il grottesco, seguono lo seguiranno fino a quando ritroverà la strada verso la città natia.
Tutuola scrive in inglese, ma è un inglese volutamente corrotto, quello parlato dagli abitanti indigenti di una nazione ancora sotto l’egemonia del colonizzatore britannico. Per questo motivo, l’uscita del libro attirò polemiche tra i suoi connazionali, che pensavano che li avesse derisi davanti al mondo intero. In realtà è vero il contrario. L’autore riscatta un popolo con le stesse armi date dagli occupanti europei: la scrittura, a cui Tutuola unisce l’umorismo innato della gente locale, ancora capace di sopravvivere agli stenti e ridere della vita.
In entrambi i romanzi, infatti, c’è tutta la cultura folkloristica dell’Africa Occidentale, tramandata oralmente da chi era capace di attirare l’attenzione delle masse con le storie più strambe e inimmaginabili, dove la fantasia senza inibizioni e l’umorismo sono i pilastri di una trama letteraria semplice, veloce e divertente.
Le storie sono avvolte e permeate dalla mentalità tribale, fatta di superstizioni, pratiche magiche, creature orribili, streghe, luoghi demoniaci. Insieme ai protagonisti, veniamo sballottati qua e là, da un posto fantasmagorico all’altro; leggiamo, con occhi stralunati, delle miracolose trasformazioni in animali o in oggetti che i poveri personaggi devono subire come ostacoli da affrontare nel loro cammino, per poi, grazie a coincidenze insolite, riuscire a mettersi in salvo. Ma solo per pochi attimi, prima di ricadere preda del prossimo incantesimo, che li attende dietro l’angolo.
Due storie che sono anche viaggi iniziatici. Nel primo libro è facile scorgere il collegamento con Ulisse che viaggia negli inferi alla ricerca dell’indovino Tiresia. La mia vita nel bosco degli spiriti , con le peripezie del protagonista prima di ritrovare la strada verso casa, è senza dubbio collegato anch’esso con la storia dell’Odissea.
Che dire quindi? I miti si accomunano sotto una stessa bandiera, che è quella dell’umanità. A ogni popolo spetta il compito di crearli secondo la propria coscienza collettiva. Amos Tutuola, con questi due libri, ha delineato così la mitologia cosmica della sua Africa.
La mia vita nel bosco degli spiriti-Il bevitore di vino di palma
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