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Nicola Mariuccini racconta in un’intervista “Nighthawks”

In quest'intervista Nicola Mariuccini ci presenta “Nighthawks” il suo secondo, intenso romanzo, dove una donna fatale sconvolge i destini di una turbolenta comunità di reietti che passa notti insonni a ricordare, in un remoto angolo del Portogallo.

Barbara Bracci, poetessa
Barbara Bracci, poetessa Pubblicato il 19-06-2017

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Nicola Mariuccini racconta in un'intervista “Nighthawks”

Nicola Mariuccini (Umbertide, 1966) presenta in quest’intervista “Nighthawks I falchi della notte” (Castelvecchi, 2017). Attivista politico e promotore culturale, Nicola Mariuccini opera nel settore dei servizi digitali, pur continuando a nutrire la stessa sconfinata passione per la letteratura che lo animava già da bambino.

Alla sua seconda esperienza letteraria, dopo “La prigione di cristallo” (Futura Edizioni, 2015), un romanzo incentrato sulla questione della violenza di genere nell’orizzonte storico della Grecia dei colonnelli, con “Nighthawks I falchi della notte” ci racconta di un locale di Monsaraz, in Portogallo, dal nome ispirato a un quadro di Hopper, dove i clienti ingannano la notte in confessioni distorte dall’alcol e dalla nostalgia di una gioventù passata. Finché una donna fatale, Safira, bella addormentata, si sveglierà di colpo e cambierà il corso delle cose.
Conosciamo meglio il nuovo romanzo di Nicola Mariuccini in quest’intervista.

  • “Nighthawks I falchi della notte”, come il quadro di Hopper. Un libro che parte, almeno nella suggestione del titolo, da uno spunto decisamente visivo, ma che poi si struttura nella forma di un dialogo serrato tra tutti i personaggi, tutt’altro che descrittivo. Raccontaci le ragioni narrative e stilistiche di questa tua scelta espressiva.

Il mio stile è duro, forse spiazzante, scomodo per chi legge.
Non scrivo per comodità del lettore, non mi interessa prenderlo per mano e accompagnarlo in una esperienza narrativa (per usare una formula oggi abusata). Nel senso che il dialogo serrato mi consente di indurre il lettore a fare uno sforzo che non si fa più: riaccedere alle funzioni dell’immaginario del nostro cervello.

  • Un riferimento all’“Homo videns” di Giovanni Sartori?

La vita, le televisioni internet, i social ci bombardano in continuazione di immagini e di frasi prêt-à-porter. Il tutto a una velocità tale da costringere la nostra mente all’inseguimento, ansiogeno e perenne, di un senso che è slacciato dalla nostra esperienza.
Il narratore, inteso come figura, come voce narrante, è oggi il vero mistificatore della coscienza poiché rende piacevole, confortevole e a suo modo quindi spiegabile questa incessante ricerca di significato senza senso.

  • “Una ricerca di significato senza senso”. Si può dire che la tua forma espressiva narrativa, ormai caratterizzante di uno stile (si veda anche il precedente romanzo, “La prigione di cristallo”), si avvicina al linguaggio poetico, in quanto richiede astrazione, immaginazione e, in qualche modo, un completamento da parte del lettore? Dopotutto non sono pochi, nei tuoi romanzi, i riferimenti, più o meno diretti alla poesia…

I miei personaggi parlano tra loro e tu li puoi ascoltare se ti va, se riesci a seguire il flusso dei loro dialoghi. Se la loro conversazione ti interessa forse parlano anche di te, ma forse è questo che non ti interessa più, perché, per ritrovarti nelle parole di chi parla di sé, devi fare lo sforzo di calare le sue parole nella tua esperienza e questo si può fare solo senza aiuto, perché la nostra esperienza, come la nostra coscienza, è un pozzo a una sola piazza, se decidi di tuffartici ci cadi da solo.

  • Per rimanere in tema, “i falchi della notte” fa pensare a un’immagine metaforica. Chi sono i protagonisti di questo romanzo?

I falchi sono personaggi brillanti, affascinanti, narcisi, scostanti nel loro apparire sempre idonei e perfettamente adeguati alla scena, ma in realtà parlano di guasti dell’anima, di doline esistenziali in cui dentro ci puoi cadere anche tu, anche se il falco che parla non ti ritiene all’altezza di entrarci dentro ma al massimo solo di poter guardare. Anzi forse proprio per quello ci puoi cadere, perché il falco della notte ti ritiene inferiore e tu (lettore) non ti senti inferiore a nessuno. Dunque accetti la sfida.

  • Se ne “La prigione di cristallo””, il tuo precedente romanzo, la protagonista e le sue vicende erano strettamente e indissolubilmente intrecciate alle vicende storiche dell’ambientazione (la Grecia dei colonnelli), in questo romanzo sospeso e “senza tempo”, come si colloca la figura di Safira?

Quando irrompe Safira ti scopri solo, imprigionato nella adeguata, borghese comodità di un quadro di Hopper, ma finalmente riesci a vederti, a vedere te stesso, solo, appunto. Credo che le donne si riconoscano in Safira non perché sia una femmina, ma perché è giusta. Safira è la giustizia che può giudicare perché ha sofferto e conosce il dolore, perché mentre gli altri parlano di sofferenza lei soffre davvero, quindi può parlare e lo fa.

  • Una sorta di fata - o spirito - del bene, dentro un corpo di donna?

Forse è una strega ma non usa gli incantesimi per fare male semmai per liberarsi da esso.
Anzi forse, quando appare e ferma tutto, impedisce ai falchi di andare avanti nella farsa di continuare a umiliarsi credendo di menare vanto.

  • Siamo partiti dall’immagine… torniamo all’immagine. La copertina è un’opera d’arte, ce la racconti?

    La copertina è una perla, un regalo che Marianna Santoni mi ha voluto fare perché era rimasta molto colpita dal personaggio di Safira e dai suoi abissi.
    Io le ho solo chiesto di non interpretarla come una femme fatale di Ellroy o una Dame to kill for. Safira la sua bellezza la paga tutta in solido sul banco delle relazioni malate dei falchi.
    Ne è uscita una immagine che giudico molto toccante, una donna colpita, delusa, amareggiata.
    Mi sento di ringraziare Marianna Santoni e la modella perugina Letizia Burnelli per l’interpretazione.

La sinossi di “Nighthawks I falchi della notte”

Monsaraz, Portogallo. Al Nighthawks, un locale dal nome ispirato a un quadro di Hopper, i clienti ingannano la notte in confessioni distorte dall’alcol e dalla nostalgia di una gioventù passata.
Un barista che insegue il suo sogno e cinque “falchi della notte”, rapaci e capaci di braccare le donne, intrecciano storie di prevaricazione, plagio e manipolazione alla storia culturale e politica del Portogallo del dopoguerra, abbracciando gli anni della dittatura di Salazar, i giorni dei garofani e il lento passaggio dei lusitani alla cultura globale. Un assicuratore, un giovane avvocaticchio, un perdigiorno benestante, un professore di Letteratura e un giornalista affermato raccontano al barista-confessore le occasioni perdute, i misfatti quotidiani, i sogni giovanili e il proprio rapporto malato con l’amore, tutti sfociati in un desolato cinismo. Ma una donna fatale, Safira, bella addormentata, si sveglierà di colpo e cambierà il corso delle cose.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Nicola Mariuccini racconta in un’intervista “Nighthawks”

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