Una nave per il Re
- Autore: Massimo Alfano
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2017
Una nave per il Re: il battello è l’Illiria, il sovrano Zog d’Albania, il secolo il Novecento, le acque quelle dell’Adriatico, per buona parte della carriera di navigazione, la casa editrice è la torinese Pathos Edizioni (primavera 2017, 76 pagine), l’autore Massimo Alfano.
Chi è Alfano? Un lupo di mare di nome di fatto e di pennello, che in questo caso non è la bandiera di segnalazione ma lo strumento del pittore piemontese, titolare di una galleria d’arte ed esperto di marineria e storia navale. Sempre per Pathos, ha pubblicato La cannoniera e l’ammiraglio nel 2016 e I due gentiluomini nel 2018, volumi graficamente eleganti, arricchiti dai nitidi disegni dell’autore-illustratore. Stessa livrea grafica per il libro sull’Illiria, con l’aggiunta di dodici immagini d’epoca in un capitolo centrale riservato alla documentazione fotografica, che segue quello in cui vengono approfonditi i dati tecnici del natante protagonista.
Uno e quadruplo il Lamproie-White Diamond-Illirici-Illiria, varato come peschereccio atlantico francese, poi trasformato in panfilo da un nobile belga, in seguito scelto come elegante “barca” di rappresentanza dal sovrano albanese e infine registrato dagli italiani come nave da guerra, una cannoniera della Regia Marina, almeno nominalmente. Origini umili, ma un vento di mare in parte favorevole in parte dispettoso lo ha reso “simbolo” dei momenti di grande vicinanza e successivamente di massimo attrito tra Italia e Albania negli anni Trenta.
La sua storia è unica nella grande storia marinara e si sviluppa per quarant’anni tra vicende sovrapposte e sorprendenti, che agli occhi di Alfano somigliano allo “sviluppo tipico delle favole”. E se a una fiaba dobbiamo avvicinare il percorso del modesto battello che diventa un elegante yacht, non può che essere Cenerentola.
Era una nave umile e poco appariscente, progettata come chalutier, un peschereccio destinato al lavoro pesante in alto mare, nell’Atlantico e nel Mare del Nord. Grande tanfo di carburante, ruggine abbondante, stive puzzolenti di pesce. Ma c’era la guerra e nel 1917 la Francia aveva bisogno di tantissime navi come la Lamproie, appena allestita a Le Havre, semplice e robusta, perfetta per pattugliare le acque alla ricerca dei sommergibili tedeschi.
La fine delle ostilità sembrava vederla avviata al destino ingrato del naviglio ausiliario: piccoli battelli militari di complemento da disarmare e demolire, perché non servivano più. Ma il Lamproie venne messo in vendita a Rochefort nel giugno 1919 e vi rimase sette anni. Nell’ennesima asta pubblica demaniale, trovò finalmente un compratore. La ditta Lascaret & Dupuis di Marsiglia lo acquistò alla fine del 1926, mantenendolo operativo con lo stesso nome per otto anni.
Rimesso in vendita, vene notato dal barone Baeyens, che cercava uno yacht da sfoggiare nel Mediterraneo. L’aristocratico belga intuì che quello scafo poteva meritare una seconda vita. Lo fece riallestire, ai grandi lavori. Sostituirono al carbone la nafta e al vapore la più pratica e pulita propulsione diesel, che richiedeva meno personale. Venne dotato di cabine accoglienti e sobri saloncini. La livrea guadagnò il bianco delle imbarcazioni di lusso, con toni di giallo a distinguere il fumaiolo e gli alberi. Ribattezzato White Diamond e con la bandiera inglese a riva, visse anni di feste eleganti, ospiti di livello, crociere spensierate.
Nel Mare Nostrum, al di qua e al di là dell’Adriatico, un giovane re aspirava a rinnovare un paese arretrato mentre il potente stato dirimpetto aveva messo gli occhi proprio su quel paese e nutriva ambizioni “imperiali”. Il ministro degli esteri italiano Galeazzo Ciano fece dono dello yacht con la sagoma bianca a Re Zog d’Albania, nel 1938, dopo averlo fatto riallestire come un piccolo gioiello, rinominato in albanese Illirici, nel ricordo dei fasti dell’antica Roma che dominava l’area sud balcanica denominata Illyricum.
Dalla fiaba di Cenerentola alla mitologia omerica: la bella nave è diventata il cavallo di Troia per ingraziarsi un re che sarebbe stato spodestato con la forza nel 1939, con l’annessione del Regno delle Aquile all’impero di Vittorio Emanuele III (e Mussolini), sotto la regia dello stesso Ciano.
Cosa fare dell’Illiria, rimasta in porto? Il 1 giugno 1939 venne iscritta nei registri navali della Regia Marina. Si volle classificarla cannoniera, ma non si provvide né riadattarla in cantiere né ad armarla. Un anno dopo, una nuova guerra la vide svolgere incarichi insignificanti in Adriatico, mimetizzata con le losanghe scure e le vernici anonime del camuffamento, che alteravano visivamente il profilo esterno e tradivano la bellezza dei suoi arredi interni.
Sopravvisse anche a quel conflitto, ma si ritrovò irrimediabilmente superata, ormeggiata nel porto militare di Taranto, per servire da salotto negli incontri di rappresentanza.
“Come un’anziana signora in un ospizio guarda i giorni scorrere via e mentre compie minime passeggiate sogna momenti del passato in cui era giovane e bella, così quella piccola nave, dal consueto ormeggio nel Mar Piccolo di Taranto, guardava la storia scorrerle accanto. Usciva ancora, raramente e per minime navigazioni e gli uomini tanto fortunati da essere ammessi a bordo potevano sentire e vivere per un attimo tutto il fascino di quella bellezza passata. Poi, come tante persone che hanno avuto vite ricche di inattese avventure, in silenzio e con dignità, scompare”.
Il motopanfilo non-cannoniera Illiria venne radiato nel 1958 e demolito.
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