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Recensioni di libri

Un panda estinto. Il mestiere dell’inviato speciale di Vittorio Monti

Giraldi Editore, 2021 - Una lettura davvero interessante, che narra gli aspetti meno conosciuti dell’inviato speciale e ricorda il mestiere del giornalismo quando aveva il compito di riferire correttamente, descrivere il contesto, le ragioni, gli antefatti.

Teresa D'Aniello
Teresa D’Aniello Pubblicato il 17-02-2022
Un panda estinto. Il mestiere dell'inviato speciale

Un panda estinto. Il mestiere dell’inviato speciale

  • Autore: Vittorio Monti
  • Genere: Storie vere
  • Categoria: Saggistica
  • Casa editrice: Giraldi Editore
  • Anno di pubblicazione: 2021

Vittorio Monti, giornalista e inviato speciale del “Corriere della Sera”, si racconta e narra del suo mestiere, di una professione che nel tempo è profondamente cambiata, come di “un panda estinto”. Da qui il titolo del suo libro, edito per Giraldi (2021): Un panda estinto. Il mestiere dell’inviato speciale.

La sua vita è trascorsa nello scrivere articoli in giro per le città d’Italia, per il mondo e poche volte nella redazione del giornale, “nelle gloriose stanze al piano nobile” di Via Solferino 28. Un lavoro a distanza antelitteram, con la sua Olivetti 22 e la felicità di aver realizzato il suo sogno giovanile. Oggi qua e poi là, sempre sui tasti della macchina da scrivere, sempre al telefono con la redazione a dettare l’articolo in tempo per essere stampato, a Natale, a Capodanno, le domeniche e durante le ferie, perché innamorato del “Corriere” più di una qualunque donna. E mai con una tessera di partito.

“Per merito o colpa del giornale, ho vissuto poco della mia vita però moltissimo quella degli altri. Sono entrato e uscito da innumerevoli esistenze, non per giudicare ma per raccontare."

È un libro che dedica a chi come lui “ha identificato il giornalismo di scrittura nella vita”. Ricorda l’essere giornalista, quello di una volta senza la tecnologia di oggi, come il mestiere di un artigiano; era fatto di corse al treno, di mangiare dove capitava, di scrivere ovunque anche su di una panchina di notte come un barbone, nelle stazioni seduto a terra per terminare l’articolo proprio come aveva fatto Indro Montanelli. Forse con un po’ di rimpianto è la memoria di una professione che raccontava la cronaca, “testardi esploratori di umanità”, e che rimaneva fedele al patto con chi leggeva.

La storia di Vittorio Monti ebbe inizio negli anni Settanta, negli anni di piombo e del terremoto in Friuli. Memorabile è ancora oggi la cronaca delle imprese del suo Tour de France, pur non essendo sul posto fu talmente bravo che lo seppe raccontare come se fosse stato sulle strade di Francia al seguito della corsa. Essenziale è, scrive il nostro autore, “imparare a esplorare oltre il visibile”. Il giornalista deve inventare? No, deve offrire emozioni. Quando i giornali non accendono la fantasia e non arrivano al cuore, i lettori calano: scegliendo di emozionare si potrebbe ribaltare la situazione di oggi. I maestri del giornalismo sapevano raccontare con le parole dal delitto di cronaca all’impresa sportiva, dalle interviste ai politici al gossip, con la capacità di esplorare l’animo umano, e la giusta interpretazione era una virtù determinante.

“In ogni articolo ti giochi tutto nelle prime cinque righe. Con il capoverso iniziale conquisti o perdi il lettore."

Vittorio Monti ha saputo volare sul Concorde come su di un biposto, si è immerso al largo di Portofino con un piccolo sottomarino come nel silenzio di un convento di clausura nell’isoletta di San Giulio. È stato al seguito di Sandro Pertini, il presidente di tutti gli italiani, “un grande seppure con delle piccole vanità”, e di Giovanni Spadolini, “il Direttore”, persino da capo del governo. Nel suo lungo girovagare con l’inseparabile taccuino e penna ha potuto intervistare, quando l’intervista era strumento di documentazione, Maria Josè, nella sua villa a Ginevra ricordando che “non fu facile essere ammesso al nobile colloquio”. E poi tra i tanti Patti Smith, Lola Falana, la bellissima soubrette del sabato sera quando la tv era in bianco e nero, l’indimenticabile Elvira Sellerio, da me tanto amata, una donna speciale che nella Palermo degli anni novanta aveva saputo portare avanti la sua idea di editoria. E Gianfranco Funari che lo volle con se nelle sue trasmissioni dove era imperante la lettura del “Corriere”. Funari fu conquistato da Monti perché sapeva intervenire nel momento giusto.

“Il mio lavoro è stato molte cose assieme, proprio come la vita”: è una delle belle frasi con le quali si congeda da noi lettori. Una lettura davvero interessante è Un panda estinto, che narra gli aspetti meno conosciuti dell’inviato speciale e ricorda il mestiere del giornalismo quando aveva il compito di riferire correttamente, descrivere il contesto, le ragioni, gli antefatti. E racconta i ricordi, le emozioni, gli aneddoti di Vittorio Monti, che ha sempre avuto come riferimento il suo primo direttore, Piero Ottone, e la sua lungimirante lezione, “ciò che non ti ricordi non sarebbe interessante per i lettori”.

Un panda estinto. Il mestiere dell'inviato speciale

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Un panda estinto. Il mestiere dell’inviato speciale

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