Un cuore pensante
- Autore: Susanna Tamaro
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2015
Susanna Tamaro bambina infelice, tante domande nessuna risposta.
Più calcio e calci che bambole e gonnelline, da bambina. Susanna Tamaro torna alla sua infanzia e si mostra allo specchio, senza civetterie come sempre, nel nuovo titolo, “Un cuore pensante”, edito da Bompiani, nella collana Narratori italiani, 212 pagine 14 euro.
Una delle più grandi gioie nei primi anni della sua vita è stato ricevere dalla nonna un vestito da cowboy, con tanto di stella di latta, cinturone e pistola. C’era inciso “Susanna”. E che felicità quando le ha regalato uno da Carabiniere! Quel Carnevale era durato tutto l’anno, appena possibile infilava la divisa, abbandonata solo una volta che il panno sulle ginocchia si era consumato quasi completamente. Chi l’avrebbe detto? Non è che avesse però una vocazione particolare all’autorità o una propensione agli atteggiamenti marziali, ma aveva capito fin dall’inizio che la sua vita sarebbe stata votata al combattimento. Sentiva di dover indossare da lì avanti una “mimetica”, sebbene in realtà, come confessa, la sua indole fosse più portata al ragionamento, alla riflessione individuale, all’isolamento. Si interrogava sulla materia, dice e su quello che la materia fosse o non fosse – come i filosofi greci, duemilacinquecento anni fa o come Amleto, se si vuole – ma quando aveva provato a rivolgere quelle domande agli adulti, aveva ottenuto in risposta un secco: cosa vai a pensare, occupati delle cose della tua età!
La prima collezione, sempre da bambina, furono i sassolini. Ciottoli della spiaggia e pietroline del Carso.
Le lacrime sono state compagne della sua infanzia. Non per qualche capriccio, del tutto bandito nella sua famiglia e nemmeno dopo una caduta o sbucciatura, che anche in quel caso il pianto era severamente vietato. Susanna soffriva per cose che lasciavano assolutamente indifferenti gli altri bambini e i grandi. Il circo la turbava. Il destino della terra le provocava sgomento.
Non era una “femminuccia”, è più che chiaro, pagina dopo pagina. Suo malgrado – questo è altrettanto evidente – aveva dovuto rinnegare per necessità la natura femminile. Giocava alla guerra e al pallone perchè tra casa e palazzo era circondata da maschi, ma la violenza delle pedate e pistolettate le faceva orrore quanto i pizzi, i vezzi e le bamboline.
Tra i sentimenti, il prediletto era la gentilezza, nonostante la ritrosia istintiva. Tra le condizioni, la penombra, il silenzio. Si metteva in diparte a guardare. Le piaceva passare inosservata.
Era infelice? Sì, straordinariamente infelice. Con gli altri bambini, nei giochi per strada, si poteva essere lupi o agnelli: lei, sempre agnello. Era presto per parlare di bulli, c’erano, ma a quei tempi, i piccoli di metà anni Sessanta se la sbrigavano da soli, penavano, subivano, soccombevano. Si riprendevano, crescevano. Certo, per lei è stata dura, più difficile al quadrato, con quella sensibilità spiccata. Ricorda che se avesse potuto esprimere un desiderio incontrando una fata, avrebbe chiesto di diventare invisibile.
La diversità di Susanna Tamaro bambina, il suo ostentato isolamento, sono un tratto insistente di questo confessionale emotivo narrativo. Un periodo che indica come uno dei più solitari, sono gli anni dell’asilo. E i momenti più lieti per tutti i bambini, per lei diventavano orrendi. Costumini da cowboy e Carabiniere a parte, il Carnevale non le è mai piaciuto. Ricorda quello in cui fu costretta a indossare i panni di Cappuccetto Rosso come un annus horribilis.
Un’altra fase nera nella vita di Susanna è legata all’adolescenza, l’età dei teenager, espressione estranea però a una ragazza della generazione dei “capelloni” che assicura di aver smesso un solo giorno, solo uno, gli amati jeans e maglietta, indossando a lezione una gonna – non si capisce se molto mini – per fare confusamente colpo su un ragazzo che le piaceva. Era rimasta a disagio tutto il tempo: una sensazione umiliante.
Continua per tutto il libro a raccontarsi, in maniera piana, consapevole di sé, pacificata, anche se passava il suo tempo di quindicenne a domandarsi di Dio, del perchè delle cose, delle ragioni per cui un oggetto è chiamato com’è chiamato. Sono argomenti ai quali coetanei e coetanee, prima e dopo di lei, hanno dedicato poco o niente della loro attenzione. Non saranno diventati scrittori, restando magari delle persone ovvie, scontate, ma nessuno certamente si sarà accorto, come la piccola Susanna, di essere felice le rare volte in cui riusciva a far credere alle persone di essere normale.
Un cuore pensante
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