Lo scrittore Alcide Pierantozzi, finita l’adolescenza e dopo anni che scrive, si concede un viaggio per smaltire libri e atteggiamenti di Milano, città che gira intorno ad aperitivi, gente famosa, amicizie indivisibili. Quarantacinque giorni di cammino per arrivare da Milano a Bari, attraverso la via Francigena.
Il gruppo di amici che parte è più che normale e chi scrive, che disconosce le amicizie decennali, si innamora di Romina, tamarra simpatica, una che forse ha un cuore di troppo o nessuno, chissà.
Il viaggio inizia, ma se ne parla poco: Pierantozzi sa benissimo che potrebbe diventare un reality scritto e si rifugia nei ricordi del nonno e della nonna, i genitori, dove già dimostra spirito, ironia e tenerezza.
Un andare e venire, un po’ di ricordi e l’ennesima sigaretta con Romina (degli altri non ricordo i nomi, lo scrittore, forse, li voleva decisamente in penombra). Ne succedono di ogni nel viaggio: litigi, agnizioni, di tutto un po’, compresi gli spassosi aneddoti sulle mutande stazzonate, la crema “intima” per problemi di prurito, la necessità di mangiare con i pochi soldi a disposizione.
La tappa romana del viaggio è a Castel Gandolfo, dove ci sono Brando De Sica, la ragazza e nuove persone.
Dalle pagine trapela la puzza di sudore, di umidità, di panni sporchi di questi ragazzi che hanno quaranta giorni di viaggio alle spalle e Bari non è lontana.
La linea d’ombra forse non c’è più, anche se l’autore chiama proprio due famosi, Nina Zilli e Brando, alla prima presentazione del libro a Milano.
Mi sembra che si voglia trovare per forza un pretesto per questo viaggio (misticismo, lavacro, nuove generazioni che crescono), ma forse non c’è, c’è solo il viaggio e potrei sbagliare anche io dicendo che Alcide Pierantozzi da oggi non sarà più adolescente.
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