Tentativi di botanica degli affetti
- Autore: Beatrice Masini
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2013
“Ciascuno è artefice del proprio destino. Però io sono diversa, no?”
C’era una volta un piccolo mondo antico che ruotava attorno a una nobile tenuta a Brusuglio nel cuore del Lombardo – Veneto. In quei primi inquieti anni dell’Ottocento una diciottenne determinata con il talento per la pittura sentiva dentro di sé che la sua via era decisa.
“Un potente magnete attirava la carrozza verso la meta. Che lo si chiami destino o dovere”.
Bianca Pietra, munita della scatola di mogano che usava per tenerci le sanguigne da una parte e i carboncini dall’altra, era attesa nella villa di Brusuglio del poeta Don Titta “altissimo e magro”. L’originale figura di letterato aveva incaricato Bianca di dipingere e catalogare il grande patrimonio botanico del poeta, racchiuso nel suo splendido parco.
“Vorrei consegnare alla fatua immortalità della carta non solo componimenti in versi e prosa, com’è mio mestiere, ma anche i miei fiori e le mie piante, che per me non contano di meno”.
Don Titta aveva intuito la maestria della giovane già abile acquarellista di paesaggi e soprattutto di botanica. Così Bianca in un giorno di primavera aveva lasciato la casa natia sul lago di Garda per giungere alla corte campagnola di un “contadino dilettante” che aveva il desiderio di cogliere l’attimo della compiuta perfezione di piante e fiori per averli sempre con sé. “Un uomo di idee liberali e vedute moderne, un uomo di mondo” noto per aver scelto un’esistenza sobria e ritirata, la cui innocua follia era di far ritrarre i propri fiori e le proprie piante come se fossero umani. La famiglia di questo poeta amato e vezzeggiato da tutti per quello che appariva, cioè un elegante e amabile cercatore di parole, era composta dalla madre Donna Clara (“un grosso insetto corazzato di seta lucida”) e dalla moglie Donna Julie (“il sorriso esile, gentile ma un po’ vago”). Vi era inoltre uno stuolo di figli: tre bambine vestite di bianco “corolle rovesciate” e due bambini maschi indistinguibili che non stavano fermi un momento. Non mancava un manny, l’istitutore inglese, “un poeta residente” Tommaso Reda che Titta aveva accolto in casa come un gatto randagio solo perché gli faceva pena e svariati domestici tra i quali la giovane cameriera Pia protetta da Donna Clara.
L’attenzione di Bianca si era rivolta verso Pia, figlia di nessuno “lasciata al torno” degli orfanelli, allevata dalla sorella del parroco e accolta nella villa di Don Titta. C’era forse un mistero intorno a Pia che possedeva tratti aristocratici ma la curiosità e il senso di giustizia di Bianca rischiava di scoperchiare una pentola di fango.
Beatrice Masini, autrice di storie e romanzi per bambini e ragazzi e traduttrice italiana per Salani della saga di Harry Potter. In "Tentativi di botanica degli affetti" (Bompiani, 2013), la scrittrice rievoca l’universo manzoniano descrivendo un’atmosfera che ha il sapore del tempo perduto, crepuscolare. La giovinezza di Donna Clara ricorda la scapigliata e spregiudicata Giulia Beccaria, mamma del padre dei Promessi Sposi. Del resto fu proprio nella villa di Brusuglio di Carlo Imbonati, diventata alla sua morte proprietà della compagna Giulia Beccaria, che il grande scrittore nel 1821 iniziò la sua opera più famosa e principiò i suoi studi di botanica proprio come il rivoluzionario Titta il cui motto era “meglio andare digiuni che mangiare dalle mani dello straniero”. Nel giardino – parco di Brusuglio dove i fiori parlavano ma avevano certe vocine piccole e i rumori del mondo le soffocavano, una giovane donna aveva imparato che l’arte era lo sforzo di imitare l’inimitabile.
“Tu ti chiami Bianca perché ti volevamo semplice, essenziale, pura. Perché volevamo che i tuoi colori li scegliessi tu”.
Tentativi di botanica degli affetti
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