Sulla fotografia. Realtà e immagine nella nostra società di Susan Sontag

Alcune affermazioni di Susan Sontag, negli anni ’70, potevano essere considerate iperboliche, fantascientifiche, quasi tendenti ad un malinconico fatalismo nei confronti della società contemporanea, descritta come irrimediabilmente dipendente dalla rappresentazione di sé stessa tramite immagini. Lette oggi, nel 2023, le parole contenute nella raccolta di saggi Sulla fotografia (Einaudi 2004, trad. Ettore Capriolo, prima pubblicazione sulla rivista “The New York Review of Books” a partire dal 1973) suonano quasi profetiche, data la perfetta sovrapponibilità della nostra società con il quadro delineato da Sontag.

L’autrice, infatti, non si limita a riflettere sulla fotografia in senso stretto, sebbene molte siano le pagine incentrate sulla storia e sull’evoluzione di questo strumento di comunicazione e rappresentazione della realtà. Ciò che emerge dal volume, nel complesso, è la volontà più ampia di esplorare il rapporto tra chi fotografa, chi è fotografato e la fotografia stessa, in quanto oggetto concretamente collocato nello spazio e nel tempo:

Il bisogno di veder confermata la realtà e intensificata l’esperienza mediante le fotografie è una forma di consumismo estetico al quale tutti ora sono dediti. Le società industriali trasformano i loro cittadini in drogati di immagini: è la forma più irresistibile di contaminazione mentale. […] In definitiva, avere un’esperienza si identifica col farne una fotografia e partecipare ad un pubblico evento equivale sempre più a guardarlo in forma fotografata.

Tuttavia, sostiene Sontag, il mondo rappresentato in fotografia è inevitabilmente epurato dai turbolenti moti delle passioni, intese letteralmente come sconvolgimenti dell’animo, siano essi piacevoli o dolorosi. La tendenza estetizzante della fotografia, insita nella sua natura stessa di medium, è tale da miniaturizzare l’esperienza, trasformando la storia in spettacolo e noi in spettatori o, meglio, in “clienti o turisti della realtà”.

Questa lettura offre uno sguardo illuminante sulle implicazioni teoriche e pratiche racchiuse nell’apparentemente insignificante click delle macchine fotografiche, oggi quasi totalmente sostituito dal sordo suono del pollice che sfiora lo schermo del telefono per scattare una fotografia.
Un libro capace di suscitare l’interesse non solo degli appassionati, ma anche dei curiosi che desiderino scoprire come Susan Sontag fosse turbata dalla deriva foto-centrica della società addirittura decenni prima dell’avvento dei social-network di cui, probabilmente, aveva intuito la successiva portata rivoluzionaria.