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Soldati d’Italia di Lucio Fabi

In quattro capitoli monografici (esperienze, storie, memorie, visioni) la Grande Guerra dei nostri soldati e il suo significato per i milioni di italiani che vi presero parte.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 29-01-2015

7

Soldati d'Italia

Soldati d’Italia

  • Autore: Lucio Fabi
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Mursia
  • Anno di pubblicazione: 2014

Tacere bisognava andare avanti un esercito di contadini alla mercè della falce della storia

La prima guerra mondiale? Davvero una Grande Guerra, come fu presto chiamata.

Uno straordinario moltiplicatore di sofferenze ma anche di ricchezze, il primo conflitto totale di proporzioni inaudite.

Non si può non condividere questa lucida sintesi di Lucio Fabi, storico specializzato nella stagione 1914-18. Non arriva peraltro nelle conclusioni, ma sorprendentemente già dal prologo del saggio “Soldati d’Italia”, editore Mursia (prima edizione 2014, 338 pagine, 17 euro).
Tra le sofferenze, le perdite umane innanzitutto, i non meno di 9 milioni di combattenti uccisi, degli oltre 70 milioni di militari mobilitati al fronte, mentre su quello interno venne impiegato un numero ingentissimo di lavoratori, donne comprese. Né si possono dimenticare i quasi 18 milioni di civili periti, sopratutto per le privazioni e le epidemie scoppiate durante e dopo il periodo bellico. Senza calcolare l’enorme numero di invalidi e di segnati nel corpo e nella psiche.
Quanto alle ricchezze, alla fine del devastante quadriennio in armi, la tecnologia mondiale aveva fatto un salto avanti paragonabile all’incremento scientifico di almeno uno intero dei secoli precedenti.
Il lavoro di Fabi, inedito, è diviso in quattro parti monografiche:

  1. esperienze,
  2. storie,
  3. memorie,
  4. visioni dei nostri soldati nel conflitto.

L’esercito italiano, spiega, affrontò la durissima prova complessivamente bene, alla stregua degli altri. La tragedia di Caporetto fu collasso strategico dei Comandi più che cedimento morale della truppa, il contrario di quanto sostenne il generale Cadorna. Il meglio i nostri l’hanno offerto sopportando le durissime condizioni di vita sulle spietate pietraie del Carso: giornate di assalti frontali senza risultato e mesi di permanenza in quella infame casa di guerra che era la trincea, circondati da ferraglie, rottami, rifiuti, cadaveri e – quel che i memorialisti si limitano ad accennare, per pudore – tantissimi escrementi, dentro e fuori le tane nel terreno dove a migliaia erano costretti a convivere.

Nel complesso, la trincea era soprattutto paura e orrore. Paura di morire, di subire una mutilazione, di andare all’attacco. Orrore per lo scempio dei corpi, per la violenza intorno, per le condizioni igieniche disastrose. Quello che aiutò a superare la prova fu l’affratellamento, il cameratismo, lo spirito di gruppo. La stessa aggressività del nemico, la sua tenacia nel causare morte e ferite, dettero agli uomini in linea la saldezza necessaria.
Era una sfida ancestrale, primitiva. E che dire dell’assurdo ribaltamento? I vivi sepolti sottoterra per non venire colpiti, i morti insepolti, perchè non potevano essere rimossi.

Di questo colossale e solo a momenti caotico crogiolo, Fabi cerca di rendere in particolare la prospettiva individuale. Quella del combattente - in particolare di terra, per varie ragioni – colto o incolto testimone di fatti straordinari.

La fanteria risultò la risorsa più spendibile, formata dalle classi rurali, soldati in massima parte poco specializzati e quindi sostituibili, vera carne da cannone, che infatti dovette sopportare le perdite più pesanti. Addirittura l’85% dei caduti furono poveri fanti, penalizzati dall’essere contadini analfabeti. E la fanteria arranca sulle quote pelate, scrive Curzio Malaparte. Avanti contro le mitragliatici e i reticolati, perchè bisogna obbedire, andare all’assalto, non c’è altro modo. Il Regno d’Italia, del resto, era ancora un paese in gran parte rurale. Non sorprende che da parte dei militari contadini ricorrano immagini come la morte falciava uomini, le pallottole mietevano vite.

Si stava come d’autunno sugli alberi le foglie, per citare Ungaretti, volontario nel 19° Fanteria. Milioni di uomini ridotti a spighe, esposti a una falce sempre più tecnologicamente perfezionata, per mieterli ancora più facilmente.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Soldati d’Italia

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