Sarajevo novantadue. Un racconto dalla città assediata
- Autore: Massimo Vaggi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2022
Quattro anni di assedio, dal 5 aprile 1992 al 29 febbraio 1996: l’assedio più lungo della storia ultima del Novecento. L’accerchiamento di Sarajevo aveva di sfondo tensioni fratricide fra governo bosniaco (indipendente dalla Jugoslavia), Armata Popolare Jugoslava e forze serbo-bosniache che miravano alla costituzione di una neo Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina. Lo sbando sistemico come primo effetto collaterale al collasso dell’Unione Sovietica e dei paesi comunisti dell’orbita.
Il computo totale delle vittime è consequenziale alla durata della morsa: 12.000 morti e oltre 50.000 feriti, l’85% dei quali civili.
Aldilà del retoricismo rassicurante, non è vero - quasi mai - che “la storia siamo noi” (De Gregori). Succede più spesso che la Storia travolga uomini e donne, indirizzandone le vite verso derive funzionali soltanto agli interessi di chi i conflitti li determina.
L’inizio in sordina dell’assedio - frotte di carri armati ammassati sulle colline della città mentre la vita di tutti i giorni prosegue secondo canoni solo apparentemente normali -, e i due mesi seguenti, sono lo sfondo del romanzo di Massimo Vaggi Sarajevo novantadue. Un racconto dalla città assediata (Paginauno, 2022), romanzo che fissa l’anamnesi disumana della guerra attraverso l’intreccio di quattro storie comuni e per questo esemplari.
Quella di Milo che a sedici anni studia, gioca benissimo a pallone (fa il portiere), e spesso sogna di baciare Lana. Quella di Ibrahim, detto lo “zio”, che di mestiere fa l’allenatore e immagina per Milo un futuro in una grande squadra europea. Quella del professore di storia Simo Zivanovic che insegna, e scrive al contempo il romanzo di Jovan (contadino rapito nel 1531 dalle milizie di Alibeg per lavorare alla costruzione della moschea del Bey). Infine la storia di Hasan, padre di Milo e giornalista impegnato, che l’assedio sospinge verso la resistenza armata e la messa in discussione di valori familiari e di pace sui quali prima avrebbe scommesso. Per ciascuno di questi protagonisti, e per l’intera città, niente continuerà a essere come prima: Sarajevo è affacciata sull’abisso dove persino le comuni regole di convivenza si frantumano in parallelo all’inasprirsi del conflitto: quella di Sarajevo è ora una quotidianità soppiantata dal crepitio delle armi da fuoco e dal fragore delle esplosioni.
Il paesaggio scheletrificato in paesaggio di guerra: case-rifugio dentro cui nascondersi, strade di lamiere tese alla meglio tra i lampioni per proteggersi negli spostamenti, sottrarsi alla vista lunga degli sniper appostati, strafatti di anfetamine e indifferenza.
Ha ricevuto l’ordine di sparare con regolarità a partire dalle quattro del pomeriggio e lui non contesta mai gli ordini, né a dire il vero gli interessa capirne il significato. Se ghloi dicono di sparare, spara e basta, anche se non ha bersagli vivi a cui mirare. Oggi i conigli non si fanno vedere, sono prudenti. Li chiama così, i conigli, non perché li disprezzi ma perché ai conigli assomigliano: corrono da un riparo all’altro, ma non sono mai troppo veloci (…) Sono solo conigli. Lenti, goffi, inutili, segnati.
A circa due terzi del romanzo, una parvenza di luce: Milo – complici l’allenatore e un sergente francese del contingente Onu - potrebbe farla franca e fuggire in Europa.…
In ultima analisi, Sarajevo novantadue. Un racconto della città assediata è un libro teso e rappreso insieme, in quanto procede di pari passo alla paura e alla staticità temporale di un assedio infinito.
Un assedio in primo luogo sovvertitore di coordinate relazionali-esistenziali; una città coagulo di culture e religioni diverse, costretta a misurarsi con l’aberrante schizofrenia della guerra.
Emblematizzato dalla bella copertina di Valentina Villa, un romanzo asciutto e densissimo di significati.
Sarajevo novantadue. Un racconto dalla città assediata
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