Aleksandr Puškin in Russia non è considerato un poeta, ma una sorta di divinità, un’entità da venerare (è chiamato, non a caso, il “poeta onnipresente” o addirittura “Il sublime”), un padre della patria e, soprattutto, della lingua. Le imponenti statue di Puškin troneggiano nelle città di Mosca e San Pietroburgo e anche in altre località russe; se ne trova una anche a Roma nel parco di Villa Borghese, fu realizzata da uno scultore russo nel 1999.
Si attribuisce all’autore l’invenzione della letteratura russa contemporanea; tuttora è studiato nelle scuole e considerato alla stregua dei nostri Dante, Manzoni e infine Leopardi di cui fu praticamente coetaneo.
Vi proponiamo in lettura una delle poesie più celebri di Puškin, Ricordo il magico istante, dedicata dal poeta alla donna amata.
La classifichiamo come una poesia d’amore ma, in fondo, è più una poesia melanconica sul trascorrere del tempo e i sogni della giovinezza che cedono il passo alla vecchiaia. Questi versi ci permettono di assaporare il lirismo puskiniano, molto caro ai russi, che lo considerano la sostanza stessa di cui è impregnata l’aria e la terra della loro grande patria.
Ma chi era la donna amata da Puškin? In realtà ve ne furono diverse, il suo nome non è legato a un’unica musa come fu per Dante e Beatrice, eppure il destino di Puškin è inscindibile da quello di una donna, la moglie Natal’ja Gončarova, che in qualche modo decretò la precoce morte del poeta.
Vediamo più nel dettaglio testo, analisi e commento della poesia e una possibile spiegazione riguardo la sua dedicataria.
“Ricordo il magico istante” di Aleksandr Puškin: testo
Ricordo il magico istante:
davanti m’eri apparsa tu,
come fuggevole visione,
genio di limpida beltà.
Nei disperati miei tormenti,
nel chiasso della vanità,
tenera udivo la tua voce,
sognavo i cari lineamenti.Anni trascorsero, bufere
gli antichi sogni poi travolsero.
Scordai la tenera voce,
i tuoi sublimi lineamenti.
E in silenzio passavo i giorni
Recluso nel vuoto grigiore.Nella mia remota e oscura reclusione
trascorrevano quietamente i miei giorni
senza deità, senza ispirazione,
senza lacrime, senza vita, senza amore.Ma venne dell’animo il risveglio:
ed ecco di nuovo sei apparsa tu,
come una visione fugace,
come il genio della pura bellezza.E il cuore batte nell’inebriamento,
e sono per esso risuscitati di nuovo
e la divinità e l’ispirazione,
e la vita, e le lacrime e l’amore.
“Ricordo il magico istante” di Aleksandr Puškin: analisi e commento
Link affiliato
Come nelle nostre poesie del Dolce Stil Novo l’amore si lega strettamente al concetto di visione, è inseparabile dal cosiddetto ’l gentil sguardo.
Scriveva lo stesso Dante: “Ne li occhi porta la mia donna amore”, cui faceva eco il compare e amico Guido Cavalcanti con “Voi che per li occhi mi passate il core”.
Anche in Puškin, poeta che fu attraversato dalla tempesta del Romanticismo, la fuggevole “apparizione” della donna amata accende il sentimento amoroso; ma non è questo il tema esclusivo della poesia che non si riduce all’elogio dell’amata, diventa invece esplorazione sofferta dell’interiorità e analisi del costante fluire del tempo.
Il magico istante dell’apparizione della donna che sembra richiamare il tema dantesco dell’apparizione di Beatrice: Tanto gentile e tanto onesta pare, non è costruito sulla lauda e la dimensione contemplativa, qui si declina nella prospettiva individuale. Il ricordo della donna diventa per il poeta un pretesto per riflettere su sé stesso, sui cambiamenti che lo attraversano e sui propri mutati sentimenti. Il mondo esteriore sembra essere sottomesso alla forza irradiata dalla donna: il paesaggio stesso scompare, non ci sono coordinate spazio-temporali, esiste solo il “tempo dell’amore” e “il tempo del non amore” a scandire la vita del poeta.
Sarà sempre la visione della donna a riaccendere l’emozione vitale, riportando in vita una sorta di trascorsa giovinezza. La donna amata è descritta attraverso termini astratti come “visione fugace” e “genio di pura bellezza”: sembra essere una divinità eterea fatta di solo spirito.
Non conta la sua presenza in sé né la sua bellezza, ma l’emozione che suscita nell’animo del poeta: è come se lei stessa non esistesse di per sé, ma solo in funzione del sentimento che provoca nell’uomo. Ed è proprio nel finale che la donna si trasfigura in Musa diventando parte di quell’essenza astratta - la divinità, l’ispirazione, le lacrime e l’amore - che compone la poesia.
In questa lirica Puškin non sta ritraendo davvero una donna né il sentimento dell’amore, ma la maniera in cui la sua esistenza, sottoposta a numerose “bufere”, è stata attraversata dall’ispirazione poetica spesso associata a fugaci, ineffabili sogni amorosi. Infine tutto è “sogno e favola”, soprattutto “fugace visione”, e ci restituisce la dimensione del poeta come “fingitore”.
Eppure, nonostante tutto lasci pensare a una metafora o una similitudine ardita, in realtà dietro l’ispirazione per la più celebre poesia di Puškin si nasconde una donna in carne e ossa. sapete a quale donna era dedicata? Non alla moglie, come molti credono, ve lo sveliamo in questa analisi.
Chi era la musa di Aleksandr Puškin?
Aleksandr Puškin fu sempre affascinato dal mistero dell’amore e la sua intera vita è indissociabile da questo sentimento. Iniziò a scrivere elegie amorose sin da giovanissimo; ma, è opportuno osservare, che erano tutte dedicate a donne diverse. Non ci fu un amore costante nella vita del poeta russo, tranne forse l’ultimo, quello per la bella Natal’ja Gončarova, che lo condusse alla morte. Puškin morì per uno slancio di passione, nel tentativo di vendicare l’onore della donna amata e lo stesso accade in una delle sue opere più famose, La figlia del capitano, in cui è proprio l’amore per Maša a trasformare Pëtr da ragazzino indolente a uomo pronto a tutto pur di proteggere la donna che ama.
Tra gli amori accertati di Puškin troviamo quello per Elisaveta Vorontsov, la moglie di un generale conosciuta a Odessa, con il quale il poeta intrattenne una relazione clandestina e dalla quale ebbe probabilmente anche una figlia illegittima. Non è tuttavia lei, Elisaveta, cui pure il poeta dichiarò amore eterno, la dedicataria della poesia e non lo è nemmeno la bella Natal’ja che con il sortilegio esercitato dal suo fascino condusse il grande autore alla morte; era un’altra donna.
A cui fu dedicata “Ricordo il magico istante” di Puškin?
Secondo i biografi, la donna cui fu dedicata la poesia Ricordo il magico istante si chiamava Anna Kern. In seguito a questo fatto oggi Anna Petrovna Kern è considerata l’unica vera musa di Puškin.
I due si conobbero a San Pietroburgo durante i raduni della bella società russa: lei era la moglie di un generale, cui fu data in sposa giovanissima. Quell’occasione tuttavia non fu galeotta per il loro amore. Anni dopo il poeta la incontrò di nuovo durante gli anni dell’esilio, mentre si trovava nella regione di Pskov nella tenuta di famiglia di Mikhailovskoe che era appartenuta al suo trisavolo, il militare Abram Petrovič Gannibal.
Fu in quel momento, quando Aleksandr Puškin si sentiva oppresso dalla pena dell’esilio e da una sorta di prigionia indesiderata in una terra lontana dall’amata San Pietroburgo, che l’apparizione di Anna Kern divenne “magico istante”, rivelazione, un refolo d’aria fresca e gioia in un momento cupo.
La relazione tra i due fu passionale - niente a che vedere con l’amore astratto e spirituale dello Stil Novo - e molto chiacchierata, perché purtroppo Anna non aveva una bella fama e veniva spesso definita in società come “la prostituta di Babilonia” per la sua attitudine civettuola. Diciamo che fu una musa molto carnale e molto poco astratta; ma non si trattò di un amore effimero. La verità è che Anna Kern era intrappolata in un matrimonio senza amore, dal quale si liberò non appena le fu possibile sposando poi un giovane cadetto appena diciottenne. La relazione con Puškin durò il tempo di un’estate, da luglio a settembre, ma fu eternata dalle poesie e dalle lettere. Molti anni dopo, ridotta in condizioni di estrema povertà, Anna Kern fu costretta a vendere le lettere di Puškin per sbarcare il lunario e così la loro passione “clandestina” - ma comunque già nota nell’ambiente - fu rivelata alla luce del sole.
Il poeta intanto aveva conosciuto un’altra donna, Natal’ja Gončarova, con la quale si sarebbe sposato; la bella Natal’ja che oggi tutti ricordano come l’artefice della rovina di Puškin ma anche del suo mito romantico.
A Mikhailovskoe oggi c’è il Viale Anna Kern, in russo Alleja Kern, piace pensare che fosse questo il luogo delle passeggiate di Puškin con la sua amata e che ancora il sentiero conservi un’eco dei loro passi. Chissà se fu proprio quella la strada in cui Anna era apparsa come una “fuggevole visione di limpida beltà” a Puškin. Nel dubbio ci piace immaginarli a braccetto, in un momento transitorio di eternità; lui ancora lontano dalla morte in duello, lei salva dallo spettro famelico della povertà.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Ricordo il magico istante”: la poesia d’amore di Aleksandr Puškin
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia Storia della letteratura Aleksandr Sergeevič Puškin
Lascia il tuo commento